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Filippo Penati, ricandidato alla Provincia di Milano dopo cinque anni di governo, è un politico di lungo corso, in grado di unire i colloqui con Massimo D'Alema e la consulenza dell'esperto di immagine Marco Marturano, un rapporto caloroso con la base operaista della Sesto San Giovanni di cui è stato sindaco e la frequentazione degli advisor finanziari: «Nei miei cinque anni, il patrimonio netto della Provincia è raddoppiato di valore. Se vinco, porto la Serravalle con le sue autostrade in Borsa conservando il 33% del capitale».
Il declino di Milano, però, non ha soltanto responsabili a sinistra. «Anche il centro-destra - dice - in 12 anni di mandati a Palazzo Marino con Gabriele Albertini e Letizia Moratti avrebbe potuto costruire qualcosa di diverso. Non ce l'ha fatta. E il berlusconismo, sull'asse Arcore-Roma, ormai non ha più alcuna spinta modernizzatrice, ma protegge gli interessi particolari. Con un governo che non sa più capire il Nord, dato che paga dazi politici risolvendo i problemi finanziari di Catania e dando per scontato che qui il consenso, intanto, si conserva sempre e comunque». Nel caos di queste settimane, una buona notizia c'è: «I patrioti della Cai lasciando Malpensa hanno fatto chiarezza. L'importante è la liberalizzazione dei diritti di volo».
La Milano sbiadita è anche fatta di litigi e ritardi sull'Expo. «Tuttavia - nota Penati - vorrei ricordare come, dei 14 miliardi previsti per le opere dirette e connesse, oltre due terzi riguardino infrastrutture che hanno una vita propria rispetto all'Expo: la Brebemi, la Pedemontana, la Tangenziale esterna milanese. Lavori finanziati con soldi pubblici e con project financing. Se a causa del terremoto si dovesse ritardare qualcosa, nessuno si tirerebbe indietro. Serve un tagliando all'Expo: organizziamo un tavolo con il governo».
Di certo, nella perdita di centralità di Milano, ha un peso rilevante una governance farraginosa e scoordinata fra i diversi piani amministrativi e politici: «Sono d'accordo con l'assessore comunale Carlo Masseroli sull'esigenza per Milano di superare quota 2 milioni di abitanti, 700mila in più di oggi - spiega - . Se, però, non elaboriamo insieme una politica per le case popolari, a guadagnarci saranno soltanto gli immobiliaristi, che vedranno salire le quotazioni delle case. A Milano non serve un'altra bolla».