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Col premier il partito dei lavoratori

di Roberto D'Alimonte

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3 maggio 2009


L'ultima volta che un partito italiano ha superato la soglia del 40% dei voti a livello nazionale è stata con la Dc nel 1958. Ottenne allora alla Camera il 42,4%. Sulla base dei risultati del sondaggio Sole 24 Ore/Ipsos il Pdl potrebbe ripetere questo risultato alle prossime elezioni europee. Ma a differenza della Dc, che non è mai stata il partito della maggioranza degli operai, il Popolo della libertà, nato dalla fusione tra Forza Italia e Alleanza nazionale, ha strappato questo primato al maggior partito di sinistra. Oltre il 43% dei lavoratori di basso profilo (gli operai-esecutivi) dichiara di voler votare Pdl e quasi il 15% Lega. Solo il 22% preferisce il Pd.
Oggi il Pd è al suo minimo storico. Con Veltroni era riuscito alle ultime politiche a cogliere un risultato simile a quello del Labour di Blair o della Spd di Schröder. Questo sondaggio dice che ora assomiglia più al partito socialista francese. Il suo elettorato di riferimento sono soprattutto impiegati pubblici, insegnanti, studenti e pensionati. Operai, professionisti, lavoratori autonomi e disoccupati votano prevalentemente a destra, Pdl e Lega. Questi due partiti insieme raccolgono il 60% delle intenzioni di voto dei professionisti e il 70% di quelle dei lavoratori autonomi. Quello che colpisce è l'ulteriore incremento del divario in questi settori dell'elettorato: tra i lavoratori autonomi il distacco tra Pdl e Pd ha superato i 42 punti percentuali. Il Pd mantiene un lieve vantaggio sul Pdl tra i laureati ma rispetto al 2008 la differenza, che era di 18 punti, si è ridotta a uno. È l'effetto-Di Pietro. Il 15% dei laureati dice di voler votare oggi per l'Idv.
Sono alcuni dei dati che emergono dal sondaggio (effettuato un mese prima del voto e quindi da non intendere come previsivo) e che consentono di far luce su due questioni importanti in vista delle prossime elezioni europee: i cambiamenti nella distribuzione relativa dei voti tra i partiti dal 2008 a oggi e i mutamenti nella composizione dei loro elettorati.
Nelle tabelle in pagina i dati sono confrontati con quelli di un sondaggio analogo fatto dalla Ipsos
poco prima delle politiche dello scorso anno e con il risultato effettivo di quelle elezioni.

L'avanzata del Pdl

Il popolo della libertà passa dal 37,4% al 40 per cento. Se il voto del 7 giugno confermerà questo dato sarebbe un risultato notevole. Non è il 51% che sogna il Cavaliere ma si tratterebbe comunque di una percentuale da grande partito della destra europea. Anzi di questi tempi si può tranquillamente dire che sono ben pochi i partiti europei in grado di arrivare a queste cifre. L'unico "neo" per il Cavaliere è rappresentato dal probabile successo della Lega al Nord che limita l'espansione del suo partito in questa zona. Per trovare la Lega sopra il 10% bisogna tornare indietro al 1996 quando il partito di Bossi si presentò da solo contro Berlusconi e arrivò al 10,1% alla Camera. Adesso viene dato addirittura al 10,3 per cento. Sarebbe in termini percentuali il suo massimo storico: un risultato di due punti superiore a quello del 2008 ma soprattutto la conferma che la sua presa sull'elettorato del Nord si sta consolidando dopo un periodo di forti oscillazioni. Il suo successo e quello del Pdl renderebbero possibile in teoria una maggioranza senza premio e senza Udc.

Pd ai minimi
Per il Pd invece il dato di sondaggio rappresenta il suo minimo storico. Prima di fondersi nella nuova formazione Ds e Margherita si sono presentati insieme a livello nazionale due volte. La prima proprio in occasione delle precedenti elezioni europee del 2004: la lista si chiamava "Uniti nell'Ulivo" e ottenne il 31,1 per cento. La seconda volta fu nelle elezioni politiche del 2006 alla Camera e ottenne il 31,3 per cento. Poi nacque il Pd e alla sua prima prova nelle elezioni politiche del 2008 arrivò al 33,2 per cento. Questo trend positivo si è bruscamente interrotto a partire dalla primavera del 2008. L'inversione di tendenza è stata netta, anzi si può dire brutale. Una perdita di ben 7 punti percentuali nel giro di dodici mesi non è solo il frutto dell'abilità di Berlusconi ma dimostra inequivocabilmente che sono stati fatti molti errori nella gestione della fase post-elettorale. Insieme alla Destra di Storace il Pd è l'unico partito che perde voti rispetto al 2008.

Voti dal Pd a Di Pietro e Udc

I voti in uscita dal Pd vanno presumibilmente in varie direzioni: alla sua sinistra, verso Di Pietro e verso l'Udc. Rispetto al 2008 pare che le due maggiori formazioni della sinistra italiana – quella di Ferrero e quella di Vendola – siano complessivamente in recupero. Nel loro insieme i vari partiti di sinistra avevano ottenuto nel 2008 il 4,2 % dei voti, adesso vengono dati intorno al 6 per cento. Ma sono divisi e per ora non superano la fatidica soglia del 4% per cui rischiano di restare fuori anche dal Parlamento europeo. Questa volta è più difficile per il Pd far valere l'argomento del voto utile visto che non c'è in ballo il governo del Paese. In ogni caso un ritorno a casa di elettori delusi della sinistra radicale è da considerarsi fisiologico. Non è così invece per la fuoriuscita di voti dal Pd verso il partito di Di Pietro che, se i dati del sondaggio fossero confermati, potrebbe addirittura raddoppiare la sua percentuale rispetto al 2008 diventando il quarto maggiore partito italiano. Quanto alle perdite verso l'Udc occorrerà aspettare l'analisi dei flussi, ma già nel 2008 il Pd aveva ceduto elettori al partito di Casini che a sua volta ne aveva ceduti al Pdl.

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3 maggio 2009
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