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I voti tra destra e sinistra
Nelle politiche del 2008 tutti i partiti di sinistra hanno preso il 42,8% e tutti i partiti di destra il 54,8%. Adesso i dati sarebbero rispettivamente 41,2% e 57,4%. Certamente uno spostamento ma non drammatico. Gli spostamenti veri sono dentro gli schieramenti e non tra gli schieramenti. Una costante della politica italiana nell'era bipolare. L'altra costante è che la sinistra italiana continua a essere una minoranza nel Paese. Solo nelle regioni della ex-zona rossa (Emilia e Romagna, Toscana, Marche e Umbria) mantiene una base elettorale e sociale da partito a vocazione maggioritaria. Ma anche qui ci sono segni di erosione.
Come cambia l'elettorato
Fin qui il cambiamento nei rapporti di forza tra i partiti. L'altra questione su cui fa luce il sondaggio è quella dei mutamenti nella composizione del loro elettorato. E anche su questa dimensione di analisi sono da segnalare conferme importanti e qualche novità.
La metamorfosi degli operai
Il dato più interessante riguarda i lavoratori di basso profilo, cioè in sostanza gli operai. Quasi il 60% dichiara di voler votare per Pdl e Lega. La percentuale delle intenzioni di voto a favore del Pdl è praticamente il doppio rispetto a quella del Pd (43% contro 22%). Sono addirittura di più gli operai orientati a votare Idv di quelli intenzionati a votare per uno dei partiti della sinistra radicale.
La struttura industriale del Paese è cambiata. Gli operai della grande industria sono sempre meno e crescono invece quelli nelle piccole e medie imprese. I primi votavano a sinistra, i secondi invece votano come i loro datori di lavoro, e cioè a destra. È del tutto evidente che la sinistra non ha più la rappresentanza di questa fascia di lavoratori. Se a questo si aggiunge il dato sui disoccupati (39,8% per il Pdl, 14,8% per la Lega e solo il 19,3% per il Pd) si coglie ancor meglio il distacco tra la sinistra e i settori più deboli della popolazione italiana.
Pdl interclassista
Nell'Italia bipolare il profilo dei due maggiori partiti del sistema si va definendo in maniera sempre più netta. Da una parte c'è il Pdl che è diventato un partito sempre più interclassista, capace di raccogliere i voti dei lavoratori autonomi (il 57,2%) e dei professionisti (il 42,9%) ma anche quelli degli operai, dei disoccupati e delle casalinghe. Ricchi e poveri, laureati e non, lavoratori protetti e lavoratori precari. Un vero partito "prenditutto". Dall'altra parte c'è il Pd nel cui blocco elettorale prevalgono impiegati, insegnanti, studenti e pensionati.
Ma a ben vedere anche tra questi elettori si nota un arretramento, in certi casi a favore del Pdl e della Lega, in altri a favore dell'Idv di Di Pietro. Nel 2008 nelle intenzioni di voto dei professionisti Pdl e Pd erano quasi alla pari, oggi il Pdl sopravanza il suo avversario di 25 punti percentuali. La presenza del Pd in questa fascia di elettori si è dimezzata. Solo tra i laureati, impiegati e studenti il Pd conserva un vantaggio rispetto al Pdl, ma un vantaggio sempre più esiguo.
