«Nessuna guerra, si andrà verso una pacificazione». Dicevano così in Translantico i fedelissimi dei due candidati-leader Bersani e Franceschini scuotendo la testa a chi gli riproponeva la più classica delle domande: si va verso la scissione? Sia gli ex Popolari che gli uomini di Bersani la escludono seguendo un ragionamento: se i due si sono messi d'accordo sul lodo Scalfari (facendo arrabbiare Massimo D'Alema) è perché non pensano affatto a uno spoil system e vogliono mettere fuori gioco chiunque pensi a nuove guerriglie in casa.
Questo per due ragioni: perché nessuno dei due è certo che avrà una schiacciante maggioranza sull'altro e perché a primavera c'è già il banco di prova delle regionali. Ergo, farsi la guerra non conviene. Segno di questa "pax" sarà uno scambio di ruoli all'indomani delle primarie: chi vincerà farà il segretario del Pd mentre il secondo ricoprirà un ruolo di garanzia, la presidenza del Pd. Insomma, se Bersani farà il segretario Franceschini farà il presidente del partito e viceversa. Nel nuovo "organigramma" ci sarà anche il nodo dei capigruppo. Sembra, per esempio, che Bersani insista molto per affidare quel ruolo a Enrico Letta.
Intanto Maurizio Migliavacca, organizzatore di questa partita per le primarie, fa girare gli ultimi numeri sulla partecipazione di domenica: sarebbero più di 2 milioni. «Due milioni e 300mila», dice sicuro Andrea Orlando, della mozione Bersani. Inattendibili però sono i sondaggi che girano su chi sarà il vincitore. Come ha già spiegato Nando Pagnoncelli dell'Ipsos «il campione è troppo ristretto e poco significativo per fare delle previsioni credibili».
L'aria di pax si respirava anche dalle dichiarazioni che ieri si sono scambiati i due candidati. «Se vincerà Bersani non ci sarà alcuna scissione ed io lavorerò per impedirla. Anzi, io ritengo che il Pd debba essere allargato e penso ai socialisti e a Sinistra e Libertà», diceva Franceschini che spargeva miele sulla corsa per le primarie confermando che con «Pierluigi ho un ottimo rapporto» mentre D'Alema «tende a esercitare il suo ruolo: non è timido». E le stesse parole si potevano sentire da Pierluigi Bersani: «I rischi di scissione nel Pd? Solo schermaglie negative, non accadrà nulla del genere a meno che qualcuno non abbia già fatto le sue riflessioni». Quel «qualcuno» era forse Francesco Rutelli che tra tutti i big del Pd è quello che si è più esposto in una prospettiva fuori dal partito.
E sempre di scissione, ieri, D'Alema scherzava in Translantico con Beppe Fioroni: «I giornalisti mi dicono che vai via dal partito!». E Fioroni: «Se tu e Bersani restate e restano pure gli iscritti, rimango anch'io». Un gancio per dare all'ex premier la battuta ai cronisti: «Avete scritto un'altra bufala, alla vostra età dovreste smettere». Ignazio Marino, invece, gioca fino in fondo il ruolo del rinnovatore e ieri puntava il dito contro la candidatura, in Piemonte, di Giusy La Ganga con Bersani: «L'ex esponente socialista è piuttosto il ritorno degli anni '80». A ridosso del voto di domenica prossima, arrivano i primi endorsement: per Franceschini si schierano i genitori di Ilaria Alpi, Daria Bonfietti, Carlo Petrini di Slow food, Ettore Scola, Vincenzo Cerami. Per Bersani è invece Luciana Littizzetto.
