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DUELLI-3 / Occupazione ai minimi europei

di Mariano Maugeri

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23 Marzo 2010
DUELLI-3 / Occupazione ai minimi europei

La Napoli del nostro scontento spalanca senza vergogna le sue porte ai viaggiatori dell'alta velocità ferroviaria. Piazza Garibaldi è la versione mediterranea di Blade runner: cantieri della metropolitana che affiorano dalla città sotterranea, auto nervosamente in coda, pensionati e vu cumprà con la testa sprofondata nei cassonetti dei rifiuti alla ricerca di qualche misero trofeo. L'oro di Napoli è sempre la munnezza. La metafora dello scarto e dei percorsi underground rappresenta una città e una regione in cui quasi nulla assomiglia a quello che appare.

La politica napoletana è stata risucchiata da traiettorie molto simili a quelle dell'economia sommersa. Qui non siamo nella Marche della Terza Italia dove il Pd sperimenta alla luce del sole alleanze centriste per conquistare il consenso dei ceti produttivi terrorizzati dalla crisi. In Campania il Pd è uno, nessuno e centomila. Il leader della coalizione di centro-sinistra, il sindaco di Salerno Vincenzo De Luca, tanto per rendere le cose più semplici, da mesi e mesi non smette di definirsi come uno di destra e un po' leghista. Il suo storico antagonista e lìder maximo, Antonio Bassolino, governatore per due mandati di fila della regione Campania, recita invece il ruolo collaudatissimo del Berlusconi partenopeo.

Gli ingredienti sono quelli dosati al milligrammo del politologo Mauro Calise, dal lontano 1993 consigliere fidatissimo prima del sindaco, poi dal governatore: personalizzazione esasperata e una macchina elettorale oliata dai miliardi di euro. Una prova generale per le elezioni comunali del prossimo anno, che potrebbero vedere il ritorno di Totonno tra i candidati a primo cittadino. Se le ambivalenze e le alleanze ad assetto variabile sono le caratteristiche dei laboratori politici, allora la Campania è il laboratori dei laboratori. Il patto tra gentiluomini che i due capipolo della sinistra non stati capaci di siglare, sembra stranamente ispirare il comportamento di Stefano Caldoro, il candidato governatore del Popolo della libertà e un tempo vicino a Bettino Craxi. Craxi e Caldoro sono stati inseparabili: ai tempi della prima Prima Repubblica l'ex ministro per l'Attuazione del programma del terzo governo Berlusconi, soggiornava all'hotel Raphael di Roma, solo un piano più in basso di quello occupato in pianta stabile da Bettino.

Lunedì 15 marzo, davanti alla foltissima platea di armatori campani, alla stazione marittima di Napoli, Caldoro ha evitato di sovrapporre i disastri regionali alla gestione personalistica di Bassolino: «La responsabilità è di un intero ceto politico, non del governatore», ha precisato tra lo sguardo interrogativo dei presenti. Una delicatezza che probabilmente deriva dai legami di stima e amicizia tra Berlusconi a Bassolino, B&B, come sono stati ribattezzati. «La lealtà istituzionale con il governo Berlusconi», così la infiorava il governatore uscente negli anni terribili di Monnezzopoli, non è mai venuta meno. Che questa lealtà possa togliere qualche voto a De Luca e portare una dote di consensi bassoliniani in più a Caldoro non è affatto da escludere. La doppia preferenza potrebbe spingere molti elettori a votare un candidato al consiglio regionale di sinistra e un governatore di destra. O viceversa.

Maldicenze? Lo capiremo a urne capovolte. In Campania, per parafrasare Ennio Flaiano, la situazione è grave e terribilmente seria allo stesso tempo. L'ultima analisi della Banca d'Italia è impietosa. Un paio di dati: il Pil regionale, tra il 2003 e il 2009, ha mostrato la più bassa crescita tra le regioni italiane; la dinamica dell'occupazione, se possibile, ha registrato un andamento peggiore di quella del prodotto: secondo le stime di Eurostat, la Campania è all'ultimo posto in Europa nella graduatoria dei tassi di occupazione della popolazione in età di lavoro.

E si potrebbe continuare con i valori negativi del lavoro femminile, il buco record della sanità che assorbe i due terzi del bilancio regionale, la crescita esponenziale di diplomati e laureati costretti a emigrare; oltre 60 comuni della provincia di Napoli sciolti per infiltrazione camorristica negli ultimi quindici anni. Una situazione che ha spinto il presidente degli industriali campani, Giorgio Fiore, a prendere carta e penna e scrivere una lettera aperta al governatore prossimo venturo (oltre Caldoro e De Luca, Paolo Ferrero per la sinistra radicale e Roberto Fico per il movimento di Beppe Grillo): «Nella nostra regione il livello di illegalità collegata a fenomeni di criminalità organizzata ha raggiunto livelli inammissibili per una società moderna». Sono temi pesanti, come pesante è la situazione di Pomigliano d'Arco, la fabbrica della Fiat con 5.200 dipendenti che lavorano tre giorni al mese. I due candidati che si disputano la poltrona di governatore l'hanno scansata come la peste. Dice Gigino Terracciano, segretario regionale della Fim Cisl: «Viviamo in eterno stand by: noi continuiamo a sperare che la Fiat ci assegni la produzione della Panda. Ma se la regione non si sveglia, rischiamo di perdere anche questa partita». Fiat significa automotive: la Campania è uno dei distretti leader in Italia. Paolo Scudieri confeziona interni di automobili per clienti come Aston Martin, Bentley, Bmw e Fiat con 50 aziende sparse per il mondo, Campania compresa. Lui taglia corto: «Bassolino non ha capito che i tempi stavano cambiando: le strade di Napoli sono peggio di quelle di Kabul. Possiamo farcela, malgrado tutto, ma serve uno sforzo eccezionale».

  CONTINUA ...»

23 Marzo 2010
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