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Il primo discorso del 44° presidente

traduzione di Fabio Galimberti

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20 gennaio 2009

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Al mondo islamico dico che noi cerchiamo una strada nuova per progredire insieme, nel reciproco interesse e nel reciproco rispetto. A quei leader di tutto il mondo che cercano di seminare conflitti o di dare la colpa dei mali della loro società all'Occidente, diciamo: sappiate che la vostra gente vi giudicherà da quello che costruite, non da quello che distruggete. A coloro che rimangono aggrappati al potere sfruttando la corruzione e l'inganno e mettendo a tacere il dissenso, diciamo: sappiate che siete dalla parte sbagliata della storia, ma che noi vi tenderemo la mano se sarete disposti ad allentare il pugno.
Ai popoli delle nazioni povere, diciamo: noi ci impegniamo a lavorare al vostro fianco perché i vostri campi fioriscano, perché possa scorrere acqua pulita, per sfamare corpi sfiniti e nutrire menti affamate. E a quelle nazioni come la nostra che godono di una relativa abbondanza, diciamo che non possiamo più permetterci di essere indifferenti verso le sofferenze al di fuori dei nostri confini. Che non possiamo consumare le risorse del mondo senza pensare agli effetti. Perché il mondo è cambiato e noi siamo cambiati con esso.
Mentre valutiamo la strada che abbiamo di fronte a noi, ricordiamo con umiltà e gratitudine quei valorosi americani che in questo stesso momento pattugliano deserti lontani e montagne remote. Hanno qualcosa da dirci oggi, proprio come gli eroi caduti che riposano ad Arlington ci sussurrano attraverso i secoli. Noi li onoriamo non soltanto perché sono i guardiani della nostra libertà, ma perché incarnano lo spirito del servizio: una disponibilità a trovare un senso in qualcosa di più grande di loro. Eppure in questo momento – un momento che darà il senso a una generazione – è proprio questo spirito che deve animarci.
Perché per quanto il governo possa e debba fare, alla fine è la fede e la determinazione del popolo americano quello su cui la nazione fa affidamento. È la gentilezza di accogliere un estraneo quando le dighe crollano, l'altruismo di operai che preferiscono ridurre il loro orario di lavoro piuttosto di vedere un amico perdere il posto, che ci vengono in soccorso nelle ore più difficili. È il coraggio di un pompiere quando risale di corsa una rampa di scale invasa dal fumo, ma anche la volontà del genitore di dare da mangiare al figlio, che alla fine decidono del nostro destino.
Le sfide che dobbiamo affrontare forse sono sfide nuove. Gli strumenti con cui le affrontiamo forse sono nuovi. Ma quei valori da cui dipende il nostro successo, il duro lavoro e l'onestà, il coraggio e la gentilezza, la tolleranza e la curiosità, la lealtà e il patriottismo, queste cose sono antiche. Queste cose sono vere. Sono state la forze tranquilla del progresso per tutta la nostra storia. Quello che serve dunque è tornare a queste verità. Quello che ora ci viene chiesto è una nuova era di responsabilità, un riconoscimento, da parte di ogni americano, che noi abbiamo dei doveri nei confronti di noi stessi, della nostra nazione e del mondo, dei doveri che non accettiamo controvoglia, ma che accogliamo con felicità. Saldi nella consapevolezza che non esiste niente di altrettanto soddisfacente per lo spirito, niente di altrettanto temprante per il carattere, del dedicarsi con tutta l'anima a un compito difficile.
Questo è il prezzo e la promessa dell'essere cittadini.
Questa è la ragione della nostra sicurezza: la consapevolezza che Dio ci invita a forgiare un destino incerto.
In questo sta il significato della nostra libertà e della nostra fede perché uomini, donne e bambini di ogni razza e religione possono celebrare insieme in questo magnifico viale e perché un uomo il cui padre meno di sessanta anni fa non avrebbe potuto essere servito in un ristorante di questa città ora può stare qui di fronte a voi per pronunciare il più solenne dei giuramenti.
Quindi lasciate che questo giorno sia improntato sul ricordo di chi siamo e di quanta strada abbiamo fatto. Nell'anno di nascita degli Stati Uniti, nel più freddo dei mesi, un piccolo manipolo di patrioti si stringeva insieme attorno a fuochi morenti dei bivacchi sulle rive di un fiume gelato. La capitale era stata abbandonata. Il nemico stava avanzando. La neve era macchiata di sangue. Ad un certo punto, quando l'esito della nostra rivoluzione era estremamente incerto, il padre della nostra nazione ordinò di leggere alla gente queste parole:
«Fate in modo che i posteri sappiano […] che nel cuore dell'inverno, quando nulla al di fuori della speranza e della virtù poteva sopravvivere […] che la città e il paese, di fronte all'allarme di un nemico comune, si fecero avanti per fronteggiarlo».
America. Di fronte ai nostri comuni nemici, in questo inverno di stenti, ricordiamo queste parole senza tempo. Con speranza e virtù, sfidiamo ancora una volta le correnti gelide e sopportiamo qualunque tempesta possa abbattersi su di noi. Che i figli dei nostri figli dicano che quando fummo messi alla prova rifiutammo di lasciare che questo viaggio si interrompesse, che non tornammo sui nostri né vacillammo, ma con gli occhi rivolti verso la meta e con il favore di Dio portammo avanti quel grande dono che è la libertà per consegnarlo intatto alle generazioni future.

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