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Meno emissioni: una via c'è

di Michael Spence (Nobel per l'economia)

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24 novembre 2009

I combustibili fossili presentano molti aspetti problematici: sono molto cari; sono fonte d'instabilità politica e di difficoltà di approvvigionamento e a mano a mano che a livello globale il loro consumo aumenta, i costi e le spese associate al loro utilizzo probabilmente s'impenneranno ancora molto. Cosa ancora peggiore, implicano immensi e insostenibili costi in termini di emissioni di anidride carbonica.

L'uso dei combustibili fossili - ai quali è riconducibile l'aumento delle emissioni di CO2 - pare andare di pari passo con la crescita e lo sviluppo. Rispetto ai paesi avanzati, il mondo in via di sviluppo ha sia bassi redditi procapite sia bassi livelli procapite di emissioni di anidride carbonica. Imporre rigide limitazioni all'aumento delle loro emissioni potrebbe ostacolare pesantemente la crescita del loro Pil e pregiudicare gravemente la loro capacità di tirarsi fuori dalla povertà.

Il mondo in via di sviluppo ha anche serie e giuste obiezioni per ciò che concerne pagare di tasca propria un intervento di miglioramento del cambiamento del clima. I paesi sviluppati sono collettivamente responsabili di gran parte dell'attuale accumulo di CO2 nell'atmosfera, come pure di una significativa quota (per quanto in lieve calo) delle emissioni annuali mondiali. Di conseguenza - così sostengono i rappresentanti del mondo in via di sviluppo - i paesi avanzati dovrebbero accollarsi in pieno la responsabilità di risolvere il problema.

Limitarsi a un semplice scaricabarile delle responsabilità nei confronti dei paesi avanzati, esentando i paesi in via di sviluppo dal dovere di limitare le emissioni a loro volta, non porterà ai risultati voluti. Per avere successo, una strategia finalizzata a combattere il cambiamento del clima deve essere non soltanto giusta, ma anche efficace. Se si consente ai paesi in via di sviluppo di crescere, e al contempo non sarà imposta alcuna riduzione alle loro emissioni di anidride carbonica, nei prossimi 50 anni la media delle emissioni procapite di CO2 in tutto il mondo raddoppierà, fino a quadruplicare quasi i livelli ritenuti sicuri, a prescindere da quello che faranno in merito i paesi avanzati.

Questi ultimi, da soli, non possono garantire il raggiungimento in ambito globale di sicuri livelli di CO2. Limitarsi ad attendere che i paesi in via di sviluppo in forte crescita recuperino il distacco con i paesi avanzati è ancor meno una soluzione proficua. Di conseguenza, la sfida più grande e importante per il pianeta è individuare una strategia che incoraggi la crescita nel mondo in via di sviluppo, ma seguendo una strada che si prefigga di raggiungere livelli sicuri di emissioni globali di anidride carbonica entro la metà del secolo.

Comprendere in che modo perseguire questo obiettivo significa dissociare la questione di chi debba pagare per gli sforzi più consistenti necessari a frenare il cambiamento climatico dalla questione di dove debbano aver luogo questi cambiamenti a livello geografico. In altre parole, insomma, se i paesi avanzati assorbono le spese necessarie a ridurre le emissioni sul breve periodo, mentre gli sforzi per ridurre le emissioni diminuiscono la crescita delle emissioni nei paesi in via di sviluppo, il conflitto tra la crescita dei paesi in via di sviluppo e il successo nella limitazione delle emissioni globali può essere riconciliato, o quanto meno sostanzialmente ridotto.

Queste considerazioni indicano che nessun obiettivo di riduzione delle emissioni dovrebbe essere imposto ai paesi in via di sviluppo, almeno fintantoché non si avvicinano a livelli di Pil procapite paragonabili con quelli dei paesi avanzati. Un corollario di importanza fondamentale per questa strategia è il trasferimento della tecnologia su ampia scala ai paesi in via di sviluppo, il che consentirebbe loro sia di crescere sia di ridurre le proprie emissioni.

La comunità internazionale ha già accettato il principio di base in virtù del quale i ricchi dovrebbero accollarsi la maggior parte delle spese connesse a migliorare il cambiamento climatico. Il Protocollo di Kyoto ha fissato una serie di "responsabilità comuni ma differenziate", che comportano ruoli asimmetrici per i paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo, e con obblighi per i paesi in via di sviluppo che si evolvono a mano a mano che essi progrediscono.

Il modo migliore per attivare questa strategia consiste nel ricorrere a un sistema di scambi commerciali per l'acquisto di quote di anidride carbonica (carbon credit trading system) nei paesi sviluppati, in modo tale che ciascun paese avanzato si veda assegnare una determinata quantità di permessi in base ai quali definire i propri livelli ammissibili di emissioni. Se un paese supererà tale livello, dovrà acquistare ulteriori permessi da altri paesi che riescono a raggiungere l'obiettivo di contenere le proprie emissioni al di sotto dei livelli autorizzati. Ma un paese avanzato potrà anche impegnarsi a ridurre sostanzialmente i livelli di emissione nel mondo in via di sviluppo e così guadagnare ulteriori permessi pari al valore complessivo dei risultati raggiunti nella riduzione delle emissioni (consentendo così di rilasciare maggiori emissioni in casa propria).

  CONTINUA ...»

24 novembre 2009
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