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L'energia pulita è più sicura

di James Woolsey

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7 dicembre 2009

Gli odierni immani problemi energetici che investono l'intero pianeta riflettono non poco i piani di sviluppo aziendale del XIX secolo che tre dei più grossi settori industriali al mondo stanno ancora portando avanti.
Le aziende elettriche di servizio ancora oggi bruciano in buona parte combustibili fossili per rivendere l'energia prodotta a residenze private e aziende. Le società petrolifere ancora oggi estraggono e raffinano il petrolio, ed essenzialmente vendono benzina e carburante diesel. Le case automobilistiche tuttora lavorano l'acciaio trasformandolo in veicoli che in genere devono essere alimentati con combustibili derivati dal petrolio.
Fino a tempi alquanto recenti, ciascuno di questi giganteschi settori industriali era comodamente intento a seguire questa strada scorrevole e familiare che dal XIX secolo porta al XXI secolo. Ciascuno di essi, oltretutto, era riuscito con successo a ottenere che il governo lo mettesse al riparo da qualsiasi obbligo a effettuare drastici cambiamenti.

I recenti sviluppi, però, stanno iniziando a creare una situazione sempre più difficile e insostenibile attorno a queste industrie. In realtà molti osservatori presagiscono l'avvicinarsi di tempeste di epiche dimensioni. Che cosa è accaduto?

Prima di tutto le prove attestanti il cambiamento del clima hanno iniziato a convincere quasi tutti i climatologi e molti altri osservatori ben informati che l'approccio da noi seguito ancor oggi per la produzione e l'uso dell'energia è molto dannoso per la biosfera. Poiché le variazioni nelle emissioni di diossido di carbonio - diversamente da altri inquinanti quali il diossido di zolfo e il diossido di azoto - non possono essere rilevate con facilità, e tenuto conto della durata plurisecolare del CO2 nell'atmosfera, il problema di ridurne la concentrazione nell'atmosfera è molto più arduo da risolvere rispetto ad altri problemi ambientali.

Del resto, non siamo nemmeno abituati a occuparci di un cambiamento climatico potenzialmente esponenziale, poiché fenomeni quali il riscaldamento portano per esempio a un rilascio di anidride carbonica dalla tundra, e accelerano di conseguenza il riscaldamento in una sorta di circolo vizioso.
Il dibattito pubblico oltretutto è quanto mai confuso dal predominio di una mentalità per la quale prevale il "tutto o niente", e dal fatto che gli scettici sostengono che se una percentuale qualsiasi del cambiamento del clima è provocata da fenomeni naturali (per esempio il variare dall'inclinazione dell'asse terrestre nell'arco di svariati millenni), allora nessuna percentuale di esso è antropogenica, ovvero imputabile alle attività umane.

Nondimeno, vi sono ottime ragioni per indurci a cercare di mitigare per quanto possibile almeno la percentuale antropogenica di cambiamento del clima imputabile alle emissioni di CO2 e ad altre pratiche estremamente nocive quali la deforestazione.
Inoltre, aumenta la preoccupazione per due tipi di problemi di sicurezza legati all'energia: il rischio in forte aumento di episodi di violenza provocati dall'uso che facciamo dell'energia, e i costi elevati di tale energia.

Il rischio principale di episodi di violenza provocati dalla natura del sistema elettrico stesso è il pericolo di gravi blackout dovuti ad attentati veri e propri o cyber-attacchi contro una rete di trasmissione e distribuzione dell'energia sempre più fragile.
Per quanto riguarda il petrolio, predominante nel settore dei trasporti, l'alta concentrazione di giacimenti e depositi in Medio Oriente, specialmente quelli che possono essere sfruttati a prezzi più stracciati, rende i paesi importatori di petrolio molto vulnerabili sia ad attentati terroristici contro le infrastrutture petrolifere, sia ostaggi di prezzi da monopolio. Ogni qualvolta è possibile, l'Opec ricorre a tagli della produzione per mantenere i prezzi a livelli che siano quanto meno di un certo ordine di grandezza superiori al costo di produzione più un ragionevole guadagno. Come ha sottolineato Paul Collier, dell'Università di Oxford, la preponderanza di dittatori e di monarchie autocratiche tra le fila dei più importanti

con il contributo di Shell esportatori di petrolio indica che dove esistono queste ingenti rendite economiche, si creano enormi pressioni contro i processi di diversificazione economica e di democratizzazione. Buona parte del terrorismo, in definitiva, è finanziata dal petrolio.
Quello che Collier chiama il "Miliardo Inferiore", il sesto più indigente della popolazione mondiale, soffre immensamente per le conseguenze degli alti prezzi del petrolio. Un grosso indebitamento nazionale, un'energia dispendiosa rappresentano gravi problemi per i paesi relativamente ricchi, ma sono vere e proprie disgrazie per l'Africa sub-sahariana e il resto dei poveri della Terra.

Quali potrebbero essere, dunque, le possibili soluzioni? Innanzitutto, come ha spiegato Anne Korin, che si occupa di campagne energetiche, dobbiamo fare del petrolio quello che è stato fatto del sale oltre un secolo fa: il sale da millenni era una merce strategica per le miniere di sale si sono combattute delle guerre - perché era l'unico prodotto in grado di conservare i generi alimentari deperibili.
  CONTINUA ...»

7 dicembre 2009
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