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Scudo fiscale 2009: notizie e aggiornamenti

 
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Scudo fiscale, da San Marino
a Lugano tra paure e snobismo

di Giuseppe Chiellino

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17 settembre 2009

Cresce ogni giorno di più a San Marino la preoccupazione per gli effetti che lo scudo fiscale 2009-2010 rischia di avere sull'economia della repubblica. "I più ottimisti stimano che il rimpatrio dei capitali ridurrà almeno del 15% i depositi nelle casse delle banche e delle fiduciarie sammarinesi – racconta un intermediario finanziario italiano che opera sia a San Marino che nel Canton Ticino – ma c'è anche chi teme un calo molto più consistente, fino al 40% del totale". Una previsione che crea non poche preoccupazioni per l'intera economia del paese dove negli ultimi anni erano spuntate almeno settanta fiduciarie, bancarie o indipendenti. "Molte delle quali pur di stare a galla hanno raccolto liquidità di provenienza non sempre trasparente" sottolinea l'intermediario che vuole restare anonimo. "C'è già chi ipotizza un'ondata di concentrazioni – aggiunge - e si vocifera sotto la rocca che una nota banca riminese stia pensando di dismettere le due controllate di San Marino".
Gli svizzeri snobbano lo scudo
Diversa è l'aria che si respira nel Canton Ticino, in Svizzera, l'altro ‘paradiso' preferito dagli italiani per mettere al riparo le proprie ricchezze dagli occhi indiscreti del fisco di casa. "Sia le istituzioni che i media locali stanno snobbando lo scudo – racconta il professionista – puntando su argomenti come la presunta inaffidabilità delle istituzioni italiane". Il riferimento è soprattutto all'esperienza precedente di rimpatrio dei capitali, quando, cambiato il governo, il nuovo ministro dell'Economia, Vincenzo Visco, decise di rendere pubblici gli elenchi di coloro che ne avevano beneficiato, al contrario di quanto prometteva lo scudo. In ogni caso non si teme una fuga di massa dei capitali verso l'Italia, anche perché, al contrario di San Marino, la percentuale di depositi italiani è comunque contenuta rispetto al totale. Altra differenza è che gli istituti svizzeri in molti casi hanno filiali anche in Italia e dunque possono tentare di mettere ‘on shore' i capitali tenendo "in casa" il cliente . "Non è detto però – osserva l'intermediario – che non intervenga un elemento ‘punitivo' da parte dei clienti italiani nei confronti delle fiduciarie che negli anni d'oro hanno chiesto commissioni particolarmente esose". I clienti potrebbero essere inclini a dire "Ora che ho l'occasione mi metto in regola e non devo più regalare cifre esagerate alla banca". "La mia impressione – afferma – è se a San Marino sono forse fin troppo preoccupati, mentre in Svizzera stiano sottovalutando la situazione".
I più avveduti mettono in evidenza i punti critici della nuova edizione dello scudo fiscale che potrebbero frenare i rimpatri, primo fra tutti l'obbligo dei professionisti di comunicare i movimenti in base alle norme contro il riciclaggio di denaro, disciplina che non esisteva per le passate edizioni dello scudo. Un altro argomento utilizzato dai professionisti come deterrente al rimpatrio riguarda gli imprenditori che vorrebbero regolarizzare capitali detenuti illegalmente all'estero: il rischio, è l'avviso, è di mettere in regola se stessi ma di esporrele proprie aziende ai controlli dell'amministrazione.
San Marino si adegua e tenta di cambiare rotta
La situazione, vista ancora da San Marino, si è ulteriormente aggravata dopo i chiarimenti dell'Agenzia delle Entrate italiana che ha escluso la possibilità di regolarizzare – senza rimpatrio - i capitali detenuti illegalmente nei paesi con i quali non c'è uno scambio effettivo di informazioni tra le amministrazioni fiscali. Tra questi – al momento - c'è la repubblica del Titano, insieme a Svizzera, Montecarlo e Liechtenstein. Un motivo in più perché gli italiani decidano di aderire allo scudo chiudendo i conti in questi paesi.
Tra scudo fiscale e nuovi accordi di cooperazione finanziaria con l'Italia, San Marino sente mancare l'ossigeno. Tanto che il segretario di stato alle Finanze, Gabriele Gatti, nella relazione sui nuovi accordi di cooperazione finanziaria con l'Italia, afferma senza mezzi termini che "il segreto bancario è finito" e per il futuro bisogna "sviluppare condizioni che consentano alla clientela di acquistare prodotti e servizi finanziari sammarinesi nei propri paesi di provenienza". La ricetta? Bassa fiscalità interna e regole che incentivino le imprese finanziarie a localizzarsi effettivamente nella repubblica. "In quest'ottica – afferma il ministro - fattori come il segreto bancario, il trasferimento di contanti a San Marino e l'impermeabilità allo scambio di informazioni sui clienti diverrebbero molto meno rilevanti". In pratica un'ammissione sulla vera localizzazione delle imprese finanziarie che operano in repubblica.
La dissuasione e il trasferimento di quote
Intanto chi può sta cercando di salvare il salvabile suggerendo ai clienti italiani qualche mossa nel tentativo di restare invisibili al fisco. Per esempio con la dissuasione attuata attraverso il formulario sottoposto ai clienti in cui è messo in bella evidenza il rischio di finire nelle maglie dell'antiriciclaggio. Oppure, come racconta l'intermediario interpellato dal Sole 24 Ore, le banche che controllano quote di società non sammarinesi attraverso finanziarie o fiduciarie propongono il trasferimento di queste quote in altri Paesi, tra cui la Svizzera, per mettersi al riparo dagli effetti dell'accordo con l'Italia firmato nelle scorse settimane e del quale gli ultimi scampoli di indeterminatezza sono destinati a scomparire nelle prossime ore.
  CONTINUA ...»

17 settembre 2009
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