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La politica nel pallone: calcio e potere a Euro 2008

dall'inviato Massimo Donaddio

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VIENNA - Calcio e politica, un rapporto intenso tra queste due espressioni del vivere umano. Lo sport come momento di aggregazione popolare e di rilancio dei valori nazionali ha sempre attratto moltissimo l'attenzione dei politici di professione, attenti a comprendere l'umore dei cittadini, a cavalcarlo qualche volta, a farsene conquistare altre volte. Non è il caso di scomodare gli antichi greci, per i quali l'educazione politica era strettamente intrecciata con lo sport e i campioni delle Olimpiadi erano onorati come i massimi rappresentanti dell'orgoglio della polis. A Giochi imminenti, sappiamo anche quanto gli stessi dirigenti cinesi stiano puntando su Pechino 2008 per uscire - in verità a fatica - da una sorta di pregiudizio negativo che circonda il Paese del Dragone, colosso economico dal volto spesso poco umano. Anche il calcio, però, e qui torniamo nella nostra Europa, è da sempre veicolo di emozioni e passioni che spesso trascendono il fattore puramente sportivo per trasformarsi in una celebrazione dello spirito nazionale e per mostrare agli occhi del mondo l'orgoglio e l'influenza di un Paese, la forza vitale di un popolo. Anche qui la storia ci è maestra, guardando alla complessa macchina sportiva messa in opera dall'Unione Sovietica o, in tutt'altro modo, ricordando i successi della mitica nazionale italiana guidata da Vittorio Pozzo, vincitrice di due campionati del mondo, che giocava con la maglia nera e faceva il saluto romano prima di ogni gara. Intendiamoci, una nazionale di fenomeni, quella, i quali erano in gran parte solo degli sportivi, distanti dalla politica. Solo, il regime fascista li utilizzava come eroi popolari e come mezzo per riaccendere negli italiani lo spirito nazionale (leggi nazionalistico).

Sul palcoscenico di Euro 2008, ovviamente, si è respirata un'aria completamente diversa, una bella ventata di fratellanza tra tifosi venuti da tutta Europa per sostenere le rispettive nazionali. Non solo, in alcune zone degli stadi di Svizzera e Austria, i sostenitori delle nazionali in gara si sono mescolati assieme sugli spalti; prima e soprattutto dopo le partite tra i supporter ha regnato un atteggiamento civile e sportivo. Insieme sui mezzi pubblici senza dare problemi, i vincitori a gioire del successo, i perdenti un po' amareggiati e dimessi a raggiungere mestamente i rispettivi alberghi o le stazioni dei treni. Qualche tifoso russo in tram, dopo la sconfitta con la Spagna, ha anche simpaticamente applaudito ed esultato per la nazionale iberica e per il suo bel calcio.
Volendo giocare un po' con la politica, e affidarle un ruolo che probabilmente non ha, sembrerebbe che ad Euro 2008 il sostegno dei massimi rapresentanti nazionali sia stato decisivo in diversi casi. Si può prendere d'esempio Italia e Francia, da una parte, Germania e Spagna dall'altra. Ora, è vero che la Francia è un Paese con un fortissimo orgoglio nazionale, eppure abbiamo visto, da parte della coppia presidenziale Sarkozy – Carla Bruni solo una fugace comparsata nello sperduto ritiro dei Bleus di Domenech: qualcosa come un saluto e via. Forse il bizzarro allenatore dei francesi non voleva tra i piedi, oltre ai turisti, nemmeno il presidente. Sappiamo come è finita. E l'Italia? Qui l'amore di patria è nettamente inferiore rispetto ai cugini. Ci ha pensato, però, a sollecitarlo il ministro della Difesa Ignazio La Russa, unico esponente istituzionale presente la sera della disfatta con la Spagna. Che tutti già subodorassero qualcosa? Comunque buona l'idea di mandare in avanscoperta il ministro dela Difesa. La retroguardia azzurra ha tenuto botta per 120 minuti, prima dell'addio crudele ai rigori. Forse era il caso di portare almeno un altro ministro di riserva.
Tutt'altro l'atteggiamento di tedeschi e spagnoli. La cancelliera teutonica Angela Merkel è ospite fissa in tribuna vip accanto a Michel Platini e al mesto presidente austriaco Heinz Fischer, esulta ad ogni gol, si alza in piedi, fa il tifo senza pudori e senza remore, chiama a sé in tribuna il ct Loew e il ragazzo ribelle Bastian Schweinsteiger. Insomma è competente e appassionata.
In Spagna, addirittura, attaccano da due lati. In patria e in ogni occasione ufficiale il premier Josè Luis Zapatero dispensa sicurezza sulla forza della nazionale iberica e azzecca pronostici a ripetizione (Ma dov'è Silvio Berlusconi, il presidente-allenatore?). Non paghi dell'ottimismo di Zapatero gli spagnoli hanno anche i reali a sostenerli. Re Juan Carlos e la regina Sofia in tribuna per la partita contro l'Italia; il principe Felipe e la principessa Letizia nella semifinale contro la Russia. Beati loro.

Più seri i risvolti politici di altre interessanti partite dell'Europeo, che hanno coinvolto soprattutto le squadre dell'Est. In Russia c'è stata un'esaltazione collettiva per la nazionale di calcio. Era dai tempi dell'Unione Sovietica che il football russo non si esprimeva a questi livelli e il raggiungimeno di una semifinale europea ha mandato il delirio i tifosi, che infatti a migliaia hanno preso d'assalto Vienna per la partita con la Spagna. Il parterre ministeriale che ha sostenuto la nazionale è stato nutrito, anche se i big, il presidente Mdvedev e il premier Vladimir Putin, sono rimasti in Russia. Però, come da migliore tradizione, lo staff del presidente russo ha fatto sapere che, seppur in Siberia per impegni, Medvedev avrebbe fatto notte fonda per vedere le gesta dei valorosi ragazzi di Guus Hiddink. Forse non è valsa la pena, ma almeno la notizia ha trasmesso la partecipazione del presidente.
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