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Così la piscina ha cambiato l'Italia

di Alberto Orioli

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19 luglio 2009

In piena apoteosi dei mondiali romani di nuoto – con Francesca Pellegrini, Alessia Filippi e Tania Cagnotto dee acquatiche della grinta, della tecno-ansia che diventa energia vincente – queste righe sono dedicate ai 3,5 milioni di praticanti di piscine (stima Coni) che, bracciata dopo bracciata, segnano il progresso di un paese anche se non lo sanno. A quei ragazzini e ragazzine che cominciano i corsi per battere la scoliosi da mala-postura davanti al Pc, perché i genitori "vai che ti apre i polmoni, ti allarga le spalle", perché il pediatria "vai che è lo sport più completo".
Si inizia così, con la discesa dalla scaletta a bordo vasca nell'abisso angoscioso e spezza-respiro dell'acqua nemica e si finisce a pinneggiare uomini o donne-pesce, un metro sotto, sperando che un giorno non serva più nemmeno respirare per godersi fino in fondo l'assenza di peso, lo stato di grazia, il ritorno all'origine di tutto pur in quell'amniotico presente.

C'è il riscatto di un popolo in queste vasche. Un modello più o meno consapevole di sviluppo e di benessere. E vorrà pur dire qualcosa se in 30 anni gli annegamenti in Italia sono calati del 75%. All'inizio fu Novella Calligaris, scricciolo acquatico di Monaco '72, eccezione che confermava la regola di un'Italia senza impianti che aveva altro da pensare: a rimettere in sesto l'economia, a governare un paese percorso da convulsioni di piombo. Dopo, Roberta Felotti, prima a Seul nell'88: un altro scricciolo, tutto grinta e tecnica. Al massimo c'erano le palette di plastica da mettere alle mani per aumentare l'attrito con l'acqua e gli elastici di gomma per bloccare le gambe. Oggi si pensa ai costumi a scaglie che da soli ti fanno aumentare la velocità e ai simulatori hi-tech per correggere i movimenti a secco. Si scopriva il matriarcato dell'acqua e si cominciavano a costruire vasche e centri sportivi. Ancora pochi, ma sempre di più. E qualcuno pensava anche alle piscine private, piccole e semi-furtive, ancora abuso edilizio, o grandi, sfarzose e sfacciate. O a conchiglia come quella ormai celebre di Clemente Mastella.
Poi è stata la volta dei trionfi maschili. Domenico Fioravanti da Trecate, strabiliante oro nei 100 rana a Sidney, un cuore generoso fino a quel tempo limite, invalicabile, della scelta tra vita e morte che lo ha portato al ritiro. Massimiliano Rosolino, australo-napoletano oriundo anche nel glamour oltre che nello stile di allenamento e di pr. L'Italia nel frattempo diventa un paese che sa selezionare un vivaio di tutto rispetto. Ti iscrivi a nuoto perché è lo sport più completo; ma ti iscrivi perché, chissà, magari diventi un campione o una campionessa. Perchè non è più cosa da americani o astraliani. Ormai è come il calcio o l'atletica leggera. Niente complessi solo volontà e allenamento.

Aumentano le strutture pubbliche, o semi pubbliche, nel '97 si facevano 4mila impianti l'anno, ora siamo a 21mila, ma c'è ancora spazio: le città si dotano qua e là di vasche da 25 metri, poche ancora quelle da 50, olimpioniche (per fare un esempio a Roma ce n'erano 8 tutte nella zona Nord). Ma è un inizio per l'antica patria delle terme, dove erano più le vasche sulfuree giallognole che quelle azzurre di acqua clorata.
Oggi il nuoto è anche la grazia del nuoto sincronizzato, l'hydrobyke, l'acquagym per tutte le età, ginnastica pre e post parto. La piscina è status symbol e chi costruisce le vasche guarda al paese delle 800mila ville con più di 400 metri quadrati di parco. Ce n'è per tutti i gusti, la più economica costa 3-4mila euro. L'ideale, per il settore, sarebbe che diventassimo come la Francia dove c'è n'è una ogni 105 abitanti; da noi una ogni 850.
Il primo nuoto, casuale e pionieristico, era quello di Carlo Pedersoli, non ancora Bud Spencer, ma già fenomeno che scende sotto il minuto per primo nei 100 stile libero a Helsinki. Era il '52. Giulio Andreotti, sottosegretario allo spettacolo del governo De Gasperi cominciò a interessarsene. Oggi, 57 anni dopo, questi mondiali di Roma, con qualche record saldamente tricolore, sono la parabola di un intero paese con ormai 37mila atleti tesserati Fin. L'Italia natatoria orgogliosa si permette di sfottere a distanza i mostri americani alla Michael Phelps che non partecipa, come dice Filippo Magnini, ex campione del mondo, «perché ha capito che oggi i 100 stile non sono una gara alla sua portata».

Da sport per pochi a sport di massa, con i doverosi miti. Non tutto il popolo degli "sbracciatori" riuscirà a emularli, come è ovvio, anche se i motivi di fascino di uno sport solitario e poco generoso sono aumentati. E ci sono anche sponsorizzazioni da capogiro (record per Phelps, molto oltre oltre i 10 milioni di dollari). È arrivata anche la moda. Rosolino calca passerelle e corsie con la stessa disinvoltura. Giorgio Armani ha trovato nella Pellegrini la modella ideale, gentile e determinata, michelangiolesca e impulsiva. Oggi Vanity Fair l'ha addirittura verniciata d'oro.

  CONTINUA ...»

19 luglio 2009
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