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Raffaella Masciadri: «Una grande annata, ma ora voglio il titolo Wnba»

di Dario Ricci

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Raffaella Masciadri in azione nel match Los Angeles Sparks/New York Liberty del luglio 2005 (Ap/Lapresse)

Da qualche settimana ha ripreso a sgomitare sotto il canestro della sua Famila Schio. Ma quella appena passata, per Raffaella Masciadri, non è stata certo un'estate come tutte le altre. La 28enne giocatrice azzurra è stata infatti l'unica italiana a calcare i parquet della Wnba (la lega professionistica di basket femminile Usa), con la maglia delle Los Angeles Sparks, la versione "in rosa" dei Lakers di Kobe Bryant. Un ritorno in grande stile per Raffaella, che già aveva giocato a L.A. nel 2004 e nel 2005. Stavolta però, oltre l'esperienza di vita sono arrivati anche i risultati, con la finale della Western Conference persa per un soffio contro le Silver Stars di San Antonio, poi battute nella corsa al titolo dalle Detroit Shock.
«È stata una grande annata», racconta la Masciadri, ala di 183 centimetri. «Sono partita diverse volte in quintetto-base e mi sono sentita molto coinvolta nel progetto della squadra. Le cifre che ho messo insieme a fine anno (poco più di 4 punti e 1 rimbalzo, in 14 minuti di gioco per gara) non dicono tutto. Peccato per la finale di Conference sfumata di un soffio!».

Mancavi dalla Wnba da due stagioni: che basket hai ritrovato Oltreoceano?
«Molto più fisico, con grandi atlete: mi è toccato fare un bel po' di pesi per tenere il passo!»

Nelle Sparks hai avuto come coach il grande Michael Cooper, mito dei Lakers anni Ottanta ed ex del Messaggero Roma. Che rapporto hai avuto con "Coop"?
«È veramente un tipo simpatico, aperto e disponibile. Purtroppo però, secondo me, ha risentito della grande attesa e pressione che c'era attorno alla squadra, che in molti indicavano come la favorita numero uno per il titolo. Lui ha puntato tutto sulle tre star – Parker, Milton e Leslie – mentre noi altre ci siamo divise i minuti che restavano: una volta giocavi 5 minuti, la volta dopo magari 30, senza motivo. Questo ha tolto sicurezze a qualcuna nel momento chiave della stagione».

E Los Angeles? Come l'hai trovata in questo periodo pre-elettorale? La California è con Obama o McCain?
«Con Obama! E anche tutte le Sparks! Pensa che Lisa Leslie andava in giro con una spilla-distintivo col faccione di Obama attaccata alla borsa! Una volta, alla fine di una riunione tecnica, si è iniziato a parlare di politica e una nostra vice-allenatrice ha invitato tutte le giocatrici - anche quelle che stavano per tornare in Europa - a iscriversi alle liste elettorali per poter votare! Il bello è che in America si parla liberamente del voto, e ognuno esprime la propria idea, rispettando quella degli altri».

Cosa ti ha sorpreso di L.A.?
«Quest'anno con me non c'era "Chicca" Macchi (l'altra azzurra che in passato ha giocato nella Wnba, nd.r.), e le ragazze della squadra erano molto socievoli. Quindi ho vissuto la città più da "americana". Siamo spesso uscite insieme, a fare shopping a Santa Monica, o al cinema, o a cena. Ho visto Hollywood e Beverly Hills, ma anche un parco naturale, il Sequoia National Park, dove ci sono le sequoie più alte e grandi del mondo: fantastico! Ora il sogno è visitare Las Vegas, prima o poi!».

Hai lasciato gli States a inizio ottobre, quando la grande crisi economica stava per esplodere: che atmosfera si viveva in città?
«Non ho visto troppa preoccupazione, ma certo, eravamo proprio all'inizio di questa situazione difficile. So che i biglietti per le nostre gare dei playoff sono stati venduti a prezzi scontati e in generale ho visto molti palazzetti pieni, ma anche qualche vuoto di troppo. Più che la crisi, conta come va la squadra. E poi noi avevamo quel fenomeno di Candace Parker: la gente veniva al palazzo dello sport tutte le sere, per vederla schiacciare!».

E della guerra in Iraq se ne parla ancora? Che ne pensa la gente comune?
«Il patriottismo è sempre un sentimento forte in america. Un giorno eravamo in aeroporto, sono passati dei militari e una mia compagna ha iniziato ad applaudirli; e subito tutte le altre hanno fatto lo stesso. Te la immagini la stessa scena da noi? Qui il rispetto diventa ammirazione, amore profondo. In molti criticano la presidenza Bush e nessuno vuole più la guerra, ma i militari e la Patria non si toccano! "Right or wrong it's my country", come recita il motto, e quando vedi diecimila persone che si alzano in piedi prima della partita per cantare l'inno nazionale, ti viene la pelle d'oca..».

Torniamo in campo: l'Nba degli uomini sta per scattare. Qual è il rapporto fra la Lega delle donne e quella maschile?
  CONTINUA ...»

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