Un ponte tra Gli States e l'Italia. L'Nba sbarca nel nostro Paese e apre un suo ufficio di rappresentanza ufficiale a Milano. L'occasione buona per fare il punto con Sophie Goldschmidt, responsabile di Nba Europa, Africa e Medio Oriente sul mondo dei canestri tra Stati Uniti e Europa, e su come l'America dello sport&leisure business sta reagendo alla crisi economica globale.
Qual è il significato dell'arrivo dell'Nba in Italia e quanto è importante il mercato italiano per le strategie di sviluppo della Lega a livello internazionale?
«È un momento fondamentale per la Lega: finalmente abbiamo ufficialmente aperto la nostra sede italiana a Milano, che sarà diretta da Katia Bassi. Questo già dimostra quanto importante è l'Italia per noi e quanto ci siano margini di crescita nel rapporto tra la Lega e il vostro Paese. Dal nostro punto di vista, far crescere il nostro business sul piano internazionale e diffondere il basket in tutto il mondo è il nostro principale obiettivo in questo momento. E ora c'è una grande opportunità di raggiungere questo risultato, coinvolgendo i tifosi che abbiamo in tutto il mondo, grazie alla diffusione dei nostri contenuti, alle partnership con i nostri sponsor e con i media globali che ci supportano. È in questa strategia globale che va visto il nostro sbarco in Italia.
Sotto il profilo finanziario, qual è l'impatto, il peso specifico di Nba Europe sull'intero business internazionale della Lega?
«Il business internazionale è quello in cui attualmente vediamo i maggiori margini di crescita. Negli Stati Uniti continuiamo a crescere, a far bene: quella attuale è la nostra miglior stagione di sempre per quanto riguarda la crescita degli spettatori, la copertura mediatica. Ma sul lungo termine sappiamo che il nostro vero sviluppo sarà a livello internazionale. Abbiamo 16 uffici sparsi per il mondo. In Cina abbiamo una presenza molto qualificata: Yao Ming è stato un grande ambasciatore per noi! E gli stessi trend di crescita li abbiamo avuti per molti anni in Europa, anche portando molti nostri eventi in Italia. Ma ora è il momento di fare un ulteriore passo in avanti. Per questo i giocatori stranieri che sono nella Lega sono importantissimi: attualmente ne abbiamo 77, provenienti da 31 Paesi, come i vostri Bargnani, Gallinari e Belinelli. Questi campioni diventano modelli da seguire per i bambini di ogni Paese, diffondono il gioco a livello globale. Il risultato? Più spettacolo ed equilibrio: basti vedere quanto è stato combattuto il torneo olimpico, dove 24 dei 36 medagliati giocano o avevano giocato nella Nba. Tutto questo delinea una tendenza di crescita per il basket e per la nostra Lega».
Crede che allora i tempi siano maturi per la nascita di una franchigia europea che giochi nell'Nba? E quale potrebbe essere la sede: Parigi, Londra, Berlino, o magari Roma?
«Per ora, siamo molto concentrati sui nostri progetti di crescita per quest'anno. Il nostro è un progetto a lungo termine, per il quale è importante costruire basi solide. Il commissioner David Stern è tornato più volte su questo argomento. Valuteremo possibilità e opportunità, e un giorno in futuro potrebbe esserci una franchigia europea. Non abbiamo schemi di sviluppo rigidi, ma è chiaro che la crescita globale del nostro business ci incoraggia in questo senso: vogliamo continuare a svilupparci a livello globale, anche se al momento non c'è un piano definito per far nascere un'eventuale team europeo. Sicuramente continueremo a portare in Europa le nostre squadre per dei match pre-stagionali, ma per il momento preferiamo concentrarci sui progetti già in campo».
Siete preoccupati dalla crisi economica globale? State studiando misure di contrasto? È ipotizzabile un salary cap più basso, in futuro, per i team, e ingaggi più contenuti per i giocatori?
«Siamo consapevoli di quanto sia forte la crisi e del fatto che l'Nba non è immune da essa, anche se stiamo vivendo una stagione molto positiva. Ma non sottovalutiamo nessun campanello d'allarme e stiamo razionalizzando i costi per prevenire eventuali contraccolpi negativi. Per ora siamo in una buona posizione, ma siamo consapevoli della responsabilità che ci lega ai nostri team e a i nostri giocatori. Per quanto riguarda il salary cap, l'accordo collettivo tra Lega e giocatori resterà in vigore per altri due anni, e credo che a quel tempo ci sarà spazio per un'equa contrattazione tra il sindacato giocatore e la Lega. Per ora siamo fiduciosi di poter avere una reazione efficace alla crisi, anche se è chiaro che dobbiamo essere realisti e pronti a ogni evenienza».
Malgrado la crisi, come abbiamo detto, gli spettatori dell'Nba negli States stanno aumentando. Quali sono le ragioni?
«Innanzitutto c'è da dire che lo scorso anno abbiamo avuto una grande finale, Boston-Los Angeles, la più amata dal pubblico e quella che ha più impatto sui media di tutto ilo mondo. Eppoi sta crescendo una nuova generazione di campioni carismatici nella Lega: LeBron James, Kobe Bryant, Chris Paul, Dwight Howard. E sta tornando Shaquille O'Neal! Sono stata a Phoenix per l'All Star Game e c'era un entusiasmo incredibile. Gli ascolti tv continuano ad andare bene, ed è chiaro che il cuore del nostro business è la qualità del gioco in campo. E le molte partnership che abbiamo con media partner e sponsor nazionali e globali ci aiutano a diffondere il nostro marchio e l'amore per il basket».
CONTINUA ...»
