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Festival Cinema Venezia 2009: recensioni film, interviste

 
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Consensi per Tornatore
Diverte l'horror di Rec 2

di Boris Sollazzo

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2 settembre 2009

Venezia ha ingranato la prima. Con Rec 2 solletica le fantasie degli appassionati del cinema di genere, con Giuseppe Tornatore, invece, vede uno dei pochi kolossal italiani degli ultimi lustri. Divertente e pieno di ritmo il primo, meno entusiasmante il secondo, sempre al limite dello stereotipo e della cartolina. Applausi timidi alla proiezione stampa, comunque, e ben più convinti all'incontro pubblico con i giornalisti, il primo film italiano in concorso raccoglie consensi.

Baarìa - Concorso
Il film di una vita, nel vero senso della parola. Peppuccio Tornatore l'ha pensato, sognato, girato mille volte nella sua testa questo kolossal da 25 milioni di euro di budget e circa 500 copie (dal 25 settembre in sala). E dopo una carriera di soddisfazioni e film di grande respiro, dopo un Oscar e lo status di grande maestro raggiunto in quasi 25 anni di carriera, ci è riuscito. Ci ha messo tre anni, ha ricostruito una città intera a Tunisi (la sua Bagheria, appunto), ha usato migliaia di comparse e scritturato un cast straordinario (Monica Bellucci e Laura Chiatti come spesso come capita, anche se solo per pochi secondi). E forse il film soffre della sindrome di generosità confessata dal protagonista, Francesco Scianna, al figlio che, chissà, forse emigra, forse parte militare: "Noi vorremmo abbracciare il mondo, ma abbiamo le braccia troppo piccole". Inevitabile che il ritorno al passato di Tornatore, in un bagno autobiografico in cui la sua vita e il suo cinema sono citati pesantemente, sia pieno di retorica che, sia pur dolce e ingenua, appesantisce un film che ricorda senza mai emozionare. C'è la bravura alla macchina da presa del regista ma anche la sua tendenza all'eccesso - le corse, il ralenti -, ci sono le belle scene di massa ma anche un didascalismo eccessivo. Il secolo scorso rivissuto a Bagheria, in quella Sicilia che tra mafia, emigrazione e politica è cresciuta con difficoltà, in un posto da fiaba massacrato, spesso, dalla povertà, come quella coppia che unisce la bellezza abbagliante di Margareth Madè alla genuinità naif di Scianna, con la formazione comunista di questo pastore che ha imparato a leggere come leit motiv di una vita e una famiglia intera. Metafora dell'Italia tutta. Tornatore, che fu consigliere comunista nel 1979, mette qui anche le sue riflessioni "riformiste", sembra pacificato con se stesso e il mondo che voleva cambiare. Il suo cinema rimane lo stesso, anche se qui sembra accontentarsi di far risorgere la sua memoria. Film medio e a volte mediocre, non decolla mai, rimane una cartolina del passato, poco problematica e abbastanza superficiale. Il sospetto è che il film piacerà al pubblico - le epopee familiari e melodrammatiche hanno sempre gioco facile - e soprattutto all'estero.


Rec 2 (Fuori concorso - Proiezione di mezzanotte)
Jaume Balaguerò e Paco Plaza avevano sbancato già col primo capitolo il Lido: la proiezione di mezzanotte di Rec suscitò entusiasmo pari alla paura provata dagli spettatori, proprio dal festival di Venezia partì una cavalcata che ha avuto anche l'onore di un remake americano sostanzialmente identico, Quarantine. Difficile ripetere il proprio successo nei sequel, ancora più difficile fare meglio, solo i grandi maestri (da Coppola a Spielberg) ci riescono. Questa strana coppia di "spostati", registi pieni di vita e vitalità creativa, forse ancora non lo sono ma sono già eccellenti profeti di un horror moderno e cattivo. Si parte dalla fine del primo capitolo, da Manuela Velasco risucchiata indietro dalle immagini in notturna di una telecamera, da un gruppo speciale di polizia che deve bonificare il condominio maledetto, insieme a un prete (Jonathan Mellor, da applausi). Già, avevamo detto ieri che al panorama horror che si staglia in Laguna quest'anno, mancava un'esorcista: ci sbagliavamo, c'è ed è grande protagonista, e come nella migliore tradizione di Friedkin, cerca una bambina. Ma non per salvarla, piuttosto per farne una cavia per l'antidoto al virus rabbico che ha devastato il palazzo spagnolo più terrorizzante degli ultimi anni. Le videocamere che fanno da occhio per lo spettatore, da soggettiva permanente (anche se la tecnologia concede split screen e operatori decentrati) e asfissiante, sono addirittura tre: quella del gruppo d'assalto, una di giovani monelli che cercano emozioni forti, quella ereditata dal primo capitolo. E la tensione, nonostante l'effetto sorpresa sia inevitabilmente compromesso dal film precedente, è sempre alta, la metafora che attacca istituzioni e, soprattutto, Chiesa, sempre più coraggiosa ed estrema e nonostante un finale forse sbagliato (ma non troppo) regala grandi emozioni. E promette un terzo capitolo. Che aspettiamo con paurosa ansia.

2 settembre 2009
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