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19 marzo 2014

Impresa & Territori IndustriaLe Marche puntano alla risalita

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Le Marche puntano alla risalita

Il 2013 ha picchiato fortissimo sulla "Terra di mezzo". Lo scorso anno la Berloni è passata di mano, Indesit ha combattuto con i sindacati attorno a un piano di ristrutturazione, aziende come Roland o Haemonetics hanno alzato bandiera bianca e anche nel calzaturiero – che la crisi l'ha vissuta prima – gira qualche scoria, come dimostra il concordato chiesto da Paciotti. Per non farsi mancare nulla ci si è messo anche il commissariamento di Banca Marche.

Insomma, da qualsiasi parte li si prenda, nomi e numeri descrivono per le Marche l'anno più horribilis di questa seconda tornata di crisi, dopo quella del 2008 che ha prodotto il crack dell'Antonio Merloni. Nomi e numeri che indicano un disimpegno che stride se si pensa che nella vicina Emilia-Romagna Philip Morris ha deciso di investire 500 milioni, nel Bolognese.

Ma tant'è. Nelle Marche il colpo si è sentito. Gli occupati (dato Istat) sono scesi da 652mila del terzo trimestre 2012 a 632mila. La bellezza di 20mila in meno. E come riporta il report della sede regionale di Bankitalia nei primi sei mesi del 2013 «le persone in cerca di occupazione sono aumentate del 30,7 per cento». A perdere dipendenti, spiega Giovanni Dini, direttore del centro studi Sistema della Cna Marche, sono stati nel tempo «proprio i settori chiave dell'economia regionale. Il ridimensionamento è da porsi in relazione non solo agli organici, ma anche alla diminuzione del numero delle imprese, in particolare delle micro imprese». Infatti (dato Movimprese) c'erano 156.372 società attive al terzo trimestre 2013 contro 158.300 di un anno prima (-1,2%).

Per completare il quadro, si può citare l'indagine di Confindustria Marche che ha fotografato un terzo trimestre 2013 chiuso con un -0,6% della produzione industriale che prosegue un calo che va avanti da tempo. Tessile-abbigliamento, calzature e gomma plastica sono la metà piena del bicchiere; al contrario i minerali non metalliferi (laterizi sostanzialmente) sono il settore più in difficoltà. In generale però, si legge nell'indagine degli Industriali «restano comunque favorevoli, e in ulteriore miglioramento, le aspettative riguardo alla domanda estera».

Ecco il caposaldo attorno al quale le Marche si giocano futuro e ripresa. Anche perché nei primi nove mesi è stato messo a segno un +12,7 per cento. Il risultato della Pfizer da sempre sposta il dato, ma il +3,4% al netto del comparto chimico-farmaceutico è tutt'altra cosa rispetto al -0,3% dell'export nazionale. «Le esportazioni – spiega il presidente di Confindustria Marche Nando Ottavi – continuano a dimostrare la vitalità del tessuto produttivo marchigiano. Che certo sta vivendo un momento di difficoltà acuito dal momento di debolezza della domanda interna e dalle difficoltà su liquidità e credito». Ottavi non si spinge a pensare al 2014 come all'anno della ripresa, ma si dice convinto che «non potrà bissare un anno negativo come il 2013». Stessa considerazione anche per il segretario della Cgil Roberto Ghiselli. «Certo – aggiunge – siamo arrivati forse in fondo alla selezione». E comunque per Ghiselli la crisi «ha richiamato a quegli sforzi di investimento necessari per innovare».

Su quest'ultimo aspetto i numeri, citati da un'indagine svolta da Fondazione Merloni, Censis e Università Politecnica delle Marche scolpiscono il ritardo: la spesa media per innovazione delle imprese ammonta a 208mila euro, a fronte di una media nazionale di 381mila euro. «Oggi bisognerebbe iniziare a ragionare sul fatto che le Marche soffrono una specializzazione non intelligente. Cioè: si producono beni di qualità, tessile o scarpe, ma non tecnologia e servizi innovativi per produrli. Al di là di questo, è più che mai necessario sostenere il percorso innovativo delle imprese», afferma Marco Marcatili, analista Nomisma.

Del resto, il tempo perso è stato fatale a molte aziende e anche a territori, come quello pesarese, che proprio non pensavano di poter arrivare a trovarsi in difficoltà. «In tutti gli imprenditori – commenta il neopresidente di Confindustria Pesaro Urbino Gianfranco Tonti – c'è la consapevolezza che occorre puntare su qualità, valore aggiunto e sull'estero». Intanto il settore dei mobilieri pesaresi di un tempo è una lontana eco. «Credo che per la Regione sia arrivata l'ora – dice Tonti – di pensare a interventi ad hoc per il Pesarese, come avvenuto con il Piceno».

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