Un gruppo di soggetti diversi - aziende, enti pubblici e privati o anche singoli cittadini - decidono di produrre energia da fonte rinnovabile e di utilizzarla per soddisfare in autonomia tutte le proprie necessità, anziché semplicemente reimmettere il surplus nella rete nazionale. Si formano così le comunità energetiche e all’estero - nel Nord Europa - sono una realtà concreta.
In Italia, il meccanismo dell'autoscambio è stato abolito dagli anni Sessanta, cioè dal periodo in cui l’energia elettrica è stata nazionalizzata. I tempi però stanno mutando, al traino dello sviluppo di tecnologie che rendono più semplice per i singoli utenti sia produrre che stoccare l’energia per usarla al bisogno. Di pari passo, nascono le sperimentazioni: come sta accadendo in Piemonte. Dove l’Acea (azienda multiutility locale), attraverso il ruolo di aggregatore del Consorzio Cpe che mette insieme diversi comuni del territorio, ha lanciato il progetto di una comunità energetica. L’energia autoprodotta da fonti rinnovabili da parte di aziende, Comuni del territorio e privati cittadini potrà essere scambiata e consumata in via diretta.
Una sperimentazione che potrebbe fare scuola ed espandersi in diversi contesti. Ad esempio, un condominio (riunendo le singole proprietà in un unico soggetto giuridico) potrà installare un impianto fotovoltaico e utilizzare in autoconsumo diretto l’energia elettrica prodotta non solo per coprire le esigenze comuni, ma anche soddisfare il fabbisogno dei singoli appartamenti.
La sperimentazione (nonostante i limiti di legge a livello statale) si inserisce in uno spiraglio normativo che da una parte sfrutta proprio un articolo della legge nazionale (art. 71 della 221/2015 , in vigore dal 2/2/2016 ) che istituisce le oil free zones ovvero aree, in prospettiva, indipendenti totalmente per il proprio fabbisogno energetico dalle fonti fossili (cioè provenienti dal petrolio e dai suoi derivati); dall’altra segue l’iniziativa della Regione Piemonte, che in estate è stata capofila in Italia nel mettere in pratica in via diretta quanto previsto da una normativa di Bruxelles e nell'approvare una legge (n.12 del 2018) che introduce l'autoscambio di energia.
Anche per il nostro Paese, in realtà, non è proprio un debutto da zero. «L’iniziativa di Acea - racconta Francesco Carcioffo, ad della società - è l’evoluzione su larga scala di quanto già avveniva a inizio Novecento con i primi esempi di comunità energetica che sono ad oggi sopravvissuti, pur in presenza della nazionalizzazione dell’energia, su piccole dimensioni». Parliamo dei casi di Prato allo Stelvio, di E-Werk (Bolzano), dei Comuni della Carnia, Secab (Udine), Comuni del Primero e Vanoi (Trento), della società municipalizzata Acsm, Gignod in Val d’Aosta. All’estero esistono esempi più strutturati di comunità energetiche in Danimarca e Germania: casi che dimostrano il concreto vantaggio economico, ma soprattutto ambientale.
Dal dire al fare, la strada è tuttavia ancora in salita. Nelle prossime settimane occorrerà infatti creare un soggetto giuridico per raggruppare i soggetti della comunità (uno degli
scogli, non è tanto mettere in rete le utenze private, quanto più quelle comunali, per i limiti imposti dalla legge Madia
alla creazione di società partecipate).
«Ma contiamo – rassicura Carcioffo – di essere operativi entro il 2019». Sotto l'aspetto tecnico, è in corso uno studio condotto
dal Politecnico di Torino, socio del Consorzio Cpe, che coinvolge una decina di studenti di diversi corsi di laurea che stanno
completando la mappatura energetica del territorio al fine di predisporsi a concretizzare l’attivazione della comunità.
Uno studio pilota compiuto mediante una tesi di laurea che ha analizzato la situazione di cinque comuni contigui (Cantalupa, Cumiana, Frossasco, Piscina e Roletto), con circa 19mila abitanti ha mostrato la convenienza di dar vita ad una comunità energetica e ha rilevato che pur senza avere ancora intrapreso alcuna iniziativa coordinata, la capacità di autoproduzione di energia, soprattutto fotovoltaica, corrisponde già a circa il 42% dei fabbisogni ad uso domestico di tutta l'area.
«L’iniziativa – conclude Angelo Tartaglia, docente del Politecnico di Torino - è in linea con la nuova direttiva europea sulle rinnovabili, che entrerà in vigore l’anno venturo e prevede esplicitamente la figura del “Prosumer” (produttore/consumatore), invitando gli stati membri ad agevolarne le associazioni al fine di consentire lo scambio tra i soci finalizzato a ridurre la dipendenza da fonti esterne e non rinnovabili».
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