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Basta giochi

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il paese non può aspettare

Basta giochi

Quasi un giovane su due è senza lavoro, ogni giorno chiudono decine di aziende manifatturiere, l'insieme di prelievi fiscali e contributivi che grava sulle imprese (total tax rate) è arrivato alla cifra-record del 68,3%, il costo delle inefficienze della macchina burocratica su imprese e famiglie è stimata in 73 miliardi l'anno. L'irresponsabilità della classe politica europea combinata con la "farina avariata" cipriota mette a dura prova qualità e freschezza del pane europeo che è il suo risparmio.

Il "vuoto politico" italiano non aiuta se è vero, come è vero, che siamo noi i primi in Europa a pagarne il conto annullando in un mese un guadagno molto importante faticosamente conquistato sul mercato dei tassi dei nostri titoli di Stato. Il rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo italiano viaggia verso il 130%. Una massiccia ondata di incagli rischia di trasformarsi in una nuova ondata di sofferenze sotto i colpi del pesante deterioramento della domanda interna e di un eccesso di rigidità imposto alle banche sane negli accantonamenti. Usciamo da anni di arretramento ma continuiamo a peggiorare in termini di produttività e le previsioni per il 2013 del prodotto interno lordo (pil) sono ancora significativamente negative rispetto a un 2012 addirittura terribile. Si attende lo sblocco dei debiti della Pubblica Amministrazione nei confronti delle imprese dopo che una stupefacente incapacità governativa di ascoltare ha trascinato fino ad oggi una questione che andava risolta almeno sei mesi fa. Sono in gioco decine di miliardi di lavori eseguiti e mai pagati dallo Stato (non incentivi) che potevano immettere nel sistema quel minimo di liquidità necessario per ricostituire almeno un po' di fiducia. La stessa, identica, incapacità di ascoltare ha generato il "mostro" della nuova tassa sui rifiuti, Tares, lasciata marcire in un limbo di irresponsabilità che non promette nulla di buono né per i Comuni, né per i contribuenti, né per il servizio di raccolta nei territori.

Basta giochi, per piacere. Questa Italia esige rispetto, attenzione e, soprattutto, merita di essere governata. Lo chiedono i suoi giovani, il mondo della produzione tutto (piccoli, medi e grandi), le famiglie, i tanti, troppi quarantenni/cinquantenni che si ritrovano dalla sera alla mattina senza un lavoro. Serve un governo che attui la discontinuità necessaria rispetto a una linea di politica economica che va da Tremonti a Monti e si è sempre ben guardata dall'intervenire nel corpo vivo della inefficiente macchina pubblica per liberare correttamente le risorse necessarie ad avviare una riduzione dei prelievi fiscali e contributivi e, allo stesso tempo, alimentare un flusso costante di investimenti in conto/capitale, a partire dalla spesa per le infrastrutture. Non c'è più tempo da perdere, la saggezza, l'equilibrio e l'esperienza di Napolitano impongano a tutte le forze politiche (dico tutte) di cedere qualcosa per dare insieme molto al loro Paese e impedire a sciacalli, vecchi e nuovi, di lucrare sulle nostre presunte fragilità. All'Italia serve un governo che faccia qualcosa sul piano dell'economia nazionale, lo faccia subito e bene, mettendo a fuoco non interessi di parte ma l'interesse generale che coincide con l'avvio a soluzione della doppia emergenza del lavoro giovanile e della questione industriale italiana. Un segnale forte che spezzi (davvero) la spirale perversa delle paure contagiose in Italia e sappia farsi valere sul piano politico in Europa.

Perché qui (non altrove) si gioca la partita della ripresa e sempre qui si possono vincere le debolezze e le distorsioni di un disegno europeo pericolosamente incompiuto utilizzando, con intelligenza, le armi della politica. Non sono più tollerabili passi falsi come quelli ciprioti. L'Europa a senso unico (austerità, austerità, austerità) fa il male di tutti e va combattuta uscendo dal piccolo cabotaggio delle politiche nazionali e dei loro interessi (più o meno forti) a partire da quello tedesco.

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