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Questo articolo è stato pubblicato il 19 luglio 2014 alle ore 08:14.
L'ultima modifica è del 05 agosto 2014 alle ore 23:34.

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Rosetta è il satellite europeo destinato entro l'anno a depositare il suo lander Philae sul nucleo della cometa 67PCG (il nome completo è 67P/Churyumov-Gerasimenko). Si tratta della missione più innovativa e "singolare" della Agenzia spaziale europea (Esa).
Le comete, ci dice Berndt Feuerbacher, presidente della Federazione astronautica internazionale, sono relitti dell'origine del nostro sistema solare, tenuti in una sorta di congelatore cosmico ben al di là dei pianeti esterni e rimasti invariati per oltre 4,5 miliardi di anni. Quando un simile reperto viene deviato in prossimità del Sole, ci è possibile raggiungerlo. Si tratta di un'opportunità unica per imparare cose nuove del nostro Sole, della Terra, dei pianeti e persino dell'inizio della vita.
A guidare operativamente la missione, dal centro di Darmstadt, due italiani: Paolo Ferri, direttore di tutte le missioni Esa, e Andrea Accomazzo di Domodossola, capo di un team di 15 persone ad altissimo livello per le operations di Rosetta. Entrambi coinvolti nella missione Rosetta fin dai primi anni: Ferri nel '96 e Accomazzo nel '99. «Una missione che sta durando una vita - dice Ferri - ma che è passata in un baleno per le tante emozioni, che ha fornito».
Lanciata il 2 marzo 2004 da un Ariane 5, Rosetta ha viaggiato su una rotta molto precisa che l'ha portata una volta a ruotare attorno a Marte e tre volte attorno alla Terra per usare la loro gravità come fionde ed essere lanciata verso Giove all'incontro con la cometa che stava arrivando verso il Sole. Attraversando la fascia degli asteroidi, Ferri e Accomazzo hanno dovuto eseguire un passaggio molto delicato: quello di ibernare tutti gli apparati di Rosetta tranne un computer e un orologio, perché ormai il Sole era troppo lontano. Per capire il rischio e la complessità di una simile procedura, bisogna ricordare che, a quelle distanze, un comando da terra impiega circa 20 minuti.
L'orologio avrebbe dato la sveglia a Rosetta 31 mesi dopo, quando si sarebbe riavvicinata al Sole.
C'era aria di attesa il 20 gennaio di quest'anno, giorno previsto per il risveglio a Darmstadt, nella sala Controllo di Esoc (European space operations control).
Rosetta doveva essere pronta a mettersi nella scia della cometa che sarebbe passata da quelle parti, avvicinarsi, girarle attorno e trovare l'assetto giusto perché Philae, il lander a tre zampe, potesse andare a depositarsi sulla sua superficie.
Mentre il segno del risveglio tardava a comparire dopo il momento atteso, il nervosismo cresceva. Berndt Feuerbach racconta che c'era silenzio in sala e che, dopo 20 minuti dal momento previsto per il risveglio di Rosetta, gli era arrivato un sms di Thomas Reiter, il più famoso astronauta europeo, che con un'aria apparentemente distaccata gli chiedeva: «Siamo un po' in ritardo Berndt?». «Aspettiamo, Thomas, aspettiamo. È così lontana e ha tante cose da fare prima di dirci che è sveglia. Aprire i pannelli, scaldarsi un po', puntare verso la Terra la sua antenna, provare a trasmettere, e magari non ci riesce al primo tentativo...».

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