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La bellezza e l'amarezza inconsolabile dell'acqua dell'Asinara

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La bellezza e l'amarezza inconsolabile dell'acqua dell'Asinara

Tiziana e Andrea si guardano e, quasi all'unisono, esclamano: «Non c'è dubbio che il mare dell'Asinara è più bello di quello della Polinesia». Sono i nostri compagni di viaggio e fanno cambiare faccia a Pierpaolo, specialissima guida nei segreti dell'isola dei supercarceri di sicurezza, che butta lì sornione: «Anche voi? Devo proprio andare in Polinesia per rendermi conto di persona se davvero il nostro mare è più intenso di quello dei colori polinesiani». Pierpaolo Congiatu è il direttore del Parco Nazionale dell'Asinara, conosce piante, animali, borghi e insenature come nessun altro e ti trasferisce, con naturalezza, l'incanto della terra e dell'acqua, gli odori e le luci di un qualcosa di molto particolare dove convivono 250 asini grigi selvatici e 150 bianchi, cavalli, cinghiali e la centaurea horrida, meglio conosciuta come il "cuscino della suocera" per i suoi aghi acuminati, il verde, il giallo e il rosso di una velenosa Euforbia e ginepri secolari, Cala Reale e scorci che sembrano usciti da una cartolina. In mezzo a due mari, quello di fuori delle Baleari e quello di dentro del golfo dell'Asinara, in un arcobaleno di colori che passano dal bianco al verde turchese fino al blu cobalto con tante sfumature e intensità al loro interno.

Pierpaolo è un fiume in piena: «Qui vivevano pastori e pescatori abbandonati da tutti, ma una bella sera furono deportati a Stintino per fare posto al lazzaretto e al carcere. Questa è Cala d'Oliva, fu scoperta dai pescatori di Camogli prima della deportazione e divenne il loro porto, esposto solo al vento di levante, guarda le casette liguri rosse e bianche, il bosco di pioppeti. Questa è la foresteria dove Giovanni Falcone e Paolo Borsellino furono catapultati dalla sera alla mattina per ragioni di sicurezza mentre scrivevano l'ordinanza-sentenza del Maxiprocesso.
Questa è Cala Trunca, muro lungo e punta degli inglesi, qui si avvistavano i sottomarini, ecco le vecchie latrine degli ospedali, la nuova falegnameria, piccoli e grandi penitenziari che hanno ospitato boss del calibro di Riina e Cutolo».
Facciamo altri quattro passi e Pierpaolo indica l'ex casa del direttore del supercarcere che è diventata la foresteria dei ricercatori di Hannover: «Dormono lì, sono dell'università di Hildesheim, e sono quattro, hanno scelto l'Asinara tra tutti i luoghi di terra e di mare del Mediterraneo per fare le loro ricerche sulla biodiversità. Noi abbiamo dato un laboratorio e quattro biciclette, tutto qui, non li senti e non si lamentano anche se restano una sera al buio, la ricerca è finanziata interamente da una nobildonna tedesca, in primavera siamo riusciti a farla venire qualche giorno, non se ne voleva andare più». Un centro per il recupero delle tartarughe marine, una sala operatoria per i casi più gravi, microscopi, conchiglie, spugne e sale attrezzate per un programma di educazione ambientale sono lì a fianco di una spigola che tira fuori la coda in una vecchia peschiera, pannelli solari fotovoltaici e una passerella in legno «per fare vedere il mare di fuori a chi non può muoversi tra scogli e pietre».

Lascio l'Asinara incredulo, ma appagato, un'altra prova della bellezza italiana, un unicum assoluto. Alle mie spalle, sento una voce forte che scandisce: «Qui sull'isola o arriva l'acqua nelle case o si muore, i soldi in bilancio ci sono, spendeteli». È un focoso Pasqualino Federici, famoso avvocato penalista di Sassari e presidente del Parco Nazionale dell'Asinara, che strapazza un consigliere regionale. Un brivido mi corre lungo la schiena. Nel dopoguerra la rinascita del Sud partì con la Cassa di Gabriele Pescatore che portò l'acqua nelle case dei sardi e l'immagine più nitida che quest'uomo straordinario conserva di quegli anni è quella della maestra Margherita Sanna di Ottana che faceva tre-quattro chilometri a piedi ogni giorno, senza mai un moto di sofferenza, per andare a raccogliere l'acqua sui greti dei fiumi. Constatare che oltre mezzo secolo dopo non si riescono a spendere i soldi, che pure ci sono, per portare l'acqua in un'isola che è un paradiso naturale circondato da due mari, puliti e bellissimi, inquieta e spaventa. Spezza l'incanto di una giornata splendida e lascia dentro un'amarezza inconsolabile.

roberto.napoletano@ilsole24ore.com

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