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Un segreto da custodire

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VENTICINQUE ANNIDI QUALITÀ DELLA VITA

Un segreto da custodire

(Olycom)
(Olycom)

È nato tutto un po’ per scherzo, il tentativo felice di dare un’anima ai numeri e di “misurare” la qualità della vita dei nostri territori con gli occhi dell’economia. Nessuno pensava di ripetere l’esperimento, si provava per la prima volta a raccontare l’umore degli italiani con la lente di una scienza esatta che parla attraverso il reddito pro capite, il tasso di disoccupazione, i depositi bancari, la quota di export delle imprese e così via. Si cercava di calcolare il benessere, la gioia e il piacere della vita, e si sono incrociati l’orgoglio, la chiacchiera, la rabbia e i sentimenti che animano le tante “capitali” del Paese della bellezza vera e dimenticata.

Si è scatenata una tale reazione fatta di riflessioni, interesse, polemiche e sana competizione, che quella inchiesta una tantum è diventata una classifica attesa, rispettata e temuta da tutti. Si è ripetuta ininterrottamente per un quarto di secolo, un lunedì di dicembre come questo per venticinque anni, ha allargato la sua area di indagine dalla sfera economica a quella sociale, dalla ricchezza di cittadini e imprese al funzionamento della macchina amministrativa e giudiziaria, dall’efficienza dei servizi al peso della criminalità, il valore della cultura, i luoghi del tempo libero e la sportività. Si è partiti rilevando la percentuale di telefoni fissi nelle abitazioni e si è arrivati alla misurazione della diffusione della banda larga di oggi, fotografando, di anno in anno, questa Italia profondamente diseguale che ha finalmente i treni veloci ma fatica a innovare le sue reti mobili, a volte stanca mai domata, piccola e distante al suo interno.

Un Paese che ha smesso di crescere ma non ha perso il gusto della vita, conta ogni giorno l’uscita di giovani di valore e un talento imprenditoriale diffuso che non lascia la sua terra e trova nel mondo la linfa per sopravvivere e guardare avanti in casa.
Il ritardo del Mezzogiorno non è stato colmato, anzi si è allargato pericolosamente, e, cosa ancora più grave, molti dei vizi e delle distorsioni gravi, a partire dalla criminalità organizzata, che appartenevano esclusivamente a parti circoscritte delle regioni meridionali, hanno risalito la penisola e contagiato altri territori del Nord operoso. Di certo non aiutano a migliorare la qualità della vita.
Tutto quello che avete letto in questi anni, dal primato di Belluno del 1990 a quello di Ravenna di oggi, e ciò che continuerete a leggere negli anni a venire, è frutto esclusivo delle rilevazioni e del lavoro di una redazione che è riuscita dove primarie istituzioni economiche hanno fallito: assicurare al Paese, con rigore e serietà, una classifica del benessere interno lordo, qualcosa di scientificamente esatto che scava in profondità e restituisce una carta d’identità che va oltre il Pil e affianca, ad esempio, il capitale della bellezza e della sicurezza a quello della produzione e del reddito.

Da quella prima classifica ne sono discese tante altre, misurano la qualità delle università italiane e danno la pagella ai nostri sindaci, mettono a confronto i territori su temi chiave come quelli dell’ambiente e della sicurezza. Si sforzano tutte di garantire un racconto veritiero di questo Paese. Molti di quegli accademici che avevano inizialmente storto il naso si sono ritrovati a discutere tesi di laurea e ricerche accreditate che partono e si sviluppano proprio sulla base dei risultati dell’indagine del Sole 24 Ore sulla qualità della vita e di quelli delle numerose consorelle venute alla luce nel corso degli anni.
C’è qualcosa di cromosomico che appartiene al corpo vivo di un giornale: i numeri del Sole hanno un cuore e un’anima perché sono un ponte tra l’economia (non è una scienza triste), la politica, la società e le passioni di ogni donna e ogni uomo. In quella intuizione felice, nata quasi per scherzo, c’è il segno più profondo della storia moderna di un giornale antico che sa parlare alla testa e alla pancia del Paese. Un segreto da custodire.

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