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Gli sforzi da compiere per riconciliare mercato e religione

Sostenere- come fa Salvatore Carrubba sul Sole 24 Ore del 27 dicembre 2014 - che l’eguaglianza è un bene metapolitico, che evoca una dimensione così soggettiva come

la santità lascia ancora pericolosamente aperta la strada all’utopia religiosa, di cui Ernst Bloch ha tracciato la genealogia storica. Non si farebbe prima a sostenere che

l’eguaglianza è in sé un obiettivo perverso che allontana dalla santità stessa? Una religione finalmente riconciliata col mercato troverebbe anch’essa un miglior mercato.

I mercanti vanno ammessi al tempio con tutti i riguardi.

Dario Rei

Torino

Sull’eguaglianza, e sulle aberrazioni provocate dall’assumerla come programma di convivenza collettiva mi sono già espresso. Quanto ai rapporti tra religione e mercato, segnalo l’interessante dibattito che nei giorni scorsi si è sviluppato sul blog di Sandro Magister “Settimo cielo” (s.magister@espressoedit.it) sotto il titolo eloquente “Buono, sufficiente, bocciato. Le pagelle in economia dei tre ultimi papi”. Ne emerge una varietà di posizioni, anche in ambito cattolico, tra quanti, per esempio, rivendicano l’originalità del pensiero in materia dei due penultimi pontefici oltre che la felice commistione con elementi provenienti dalla migliore tradizione liberale, e chi viceversa sottolinea la sostanziale inconsistenza della cosiddetta dottrina sociale della Chiesa.

Probabilmente, l’ambiguità deriva da una diffidenza di fondo nei confronti della ricchezza e della proprietà privata che molti cattolici, del resto, non nascondono (anche dal pulpito). Eppure, il problema dovrebbe essere risolto da secoli: un chiaro articolo dello storico e filosofo Alessandro Ghisalberti (”Il necessario e il superfluo”, in Notiziario della Banca Popolare di Sondrio, dicembre 2014) ricorda il contributo determinante assicurato prima dai cistercensi, poi da San Tommaso nell’affermare la liceità della proprietà privata; secondo l’Aquinate, anzi, “la proprietà privata viene accolta e considerata una derivazione del diritto naturale” (come sarà poi con Locke, aggiungo io).

Per il cristiano, allora, il problema è non farsi soggiogare dalla cupidità e individuare le forme per sovvenire ai poveri; per questo, azzardo, Cristo scacciava i mercanti dal Tempio: non per la professione che esercitavano, ma per l’avidità con cui la deturpavano. Ma non voglio avventurarmi in campi che non sono miei: mi limito a ricordare che, forse, in Italia (e, appena fuori, in Vaticano) si potrebbe prestare maggiore attenzione agli sforzi intellettuali che, soprattutto negli Stati Uniti, si stanno compiendo, appunto, per riconciliare definitivamente mercato e religione, Chiesa ed economia.

Licenziabilità nel pubblico

Quando si legge che, a Capodanno, una vasta percentuale dei vigili urbani di Roma si sono assentati e che percentuali simili si sono raggiunte a Milano e in altre città, viene da pensare che la licenziabilità per i pubblici dipendenti vada introdotta come, con il Jobs Act, per i dipendenti privati. L’assenteismo è una piaga nel pubblico. L’unica arma che può essere messa in campo è la vista fiscale. Arma del tutto inutile. Il medico fiscale conferma sempre la diagnosi del medico di base. Si produce solo un incremento della circolazione stradale e dei conti dell’Erario per le indennità agli “ispettori”. Il timore di una possibile licenziabilità in caso di assenteismo persistente e acclarato potrebbe forse ridurre il fenomeno.

Ezio Pelino

Imu sui terreni agricoli

In base alle nuove norme sono esentati dal pagamento dell’Imu i terreni agricoli solo se i relativi Comuni sono situati ad un’altezza pari o superire ai 600 metri. Pertanto tutto dipende dall’“altitudine” del centro del Comune. Si è fortunati se si possiede, ad esempio, un terreno, al livello del mare ed il Comune è situato ad un’altezza di 600 metri. Mentre non si è fortunati se si posseggono terreni che, pur essendo montani, il loro Comune è allocato al livello del mare. In questo caso detti terreni non sono più esentati dal pagamento dell’Imu agricola. È assurdo. Così il Consiglio comunale di Fivizzano in provincia di Massa Carrara, Comune montano, ha approvato un documento con cui si dà mandato al sindaco di trasferire la sede comunale nella più elevata frazione di Sassolbo. Insomma se un decreto può spostare i terreni che sono di montagna in pianura, un Comune con la “delocalizzazione comunale” può spostare i terreni che sono in pianura in montagna. È un caos.

Lettera firmata

Domenico Rosa