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La transizione politica condiziona le riforme

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I tempi del Governo e del Parlamento

La transizione politica condiziona le riforme

Al ministro della Giustizia Andrea Orlando non manca certo onestà intellettuale e l'ha dimostrato anche ieri, con la relazione alle Camere - e successive repliche - sull'amministrazione giudiziaria. Il guardasigilli ha infatti riconosciuto che l'inversione di rotta risultante dai dati ministeriali è in buona parte dovuta a quanto è stato seminato dai due governi precedenti da quello guidato da Matteo Renzi, soprattutto su carcere e giustizia civile, ma ha dimostrato l'impegno suo e dell'attuale Esecutivo a proseguire su quella strada, puntando in particolare sull'«innovazione organizzativa» del servizio, così da garantire un supporto essenziale alle riforme normative per il recupero di efficienza.

Parole sacrosante, in passato troppo spesso sacrificate in nome di politiche orientate più alla resa dei conti con la magistratura che al buon funzionamento della macchina giudiziaria. Tuttavia, dopo dodici mesi di vita del governo Renzi, proprio la relazione di Orlando e il successivo dibattito parlamentare sembrano confermare che la scelta di dare priorità all'organizzazione sia stata essenzialmente una scelta obbligata, legata alla perdurante transizione politica che finora ha impedito di affrontare altre priorità - a cominciare dalla corruzione -con la stessa determinazione e coerenza.

L'articolo 110 della Costituzione impone espressamente al ministro della Giustizia di farsi carico «dell'organizzazione e del funzionamento del servizio», che è quindi il “minimo sindacale” che ci si possa attendere da un Esecutivo, anche se veniamo da decenni di distrazione rispetto a quest'obbligo costituzionale. Ma da un governo “politico” ci si sarebbe attesi anche un'immediata azione sull'emergenza corruzione, che invece è stata “scoperta” soltanto in coincidenza di alcune inchieste clamorose (prima Expo, poi Mose, infine Mafia-capitale), accumulando ritardo al ritardo dei precedenti governi tecnici, di centrodestra e anche di centrosinistra. Eppure c'erano già tutti i sintomi di una «dimensione intollerabile» per dirla con le parole usate ieri da Orlando.

La relazione sull'amministrazione della giustizia è una sorta di rendiconto che il ministro fa al Parlamento sull'azione del governo nell'anno appena trascorso. Orlando ha detto che, all'atto di insediamento del governo, le «emergenze unanimamente ritenute più gravi» erano il carcere (per la minaccia europea di una procedura di infrazione, a causa del sovraffollamento) e la giustizia civile (per i tempi biblici dei processi, con ricadute sulla competitività del sistema Paese). In effetti, nelle dichiarazioni programmatiche di Renzi non si faceva alcun accenno alla corruzione, sebbene ci costi 4 punti di Pil, riduca del 16% gli investimenti stranieri, aumenti del 20% i costi degli appalti. Senza parlare dei continui richiami dell'Ue e di vari organismi internazionali nonché delle inchieste quotidiane sul malaffare, ignorate per mesi. Le proposte del governo sono arrivate in Parlamento solo a fine anno, in modo dispersivo. E se è auspicabile che si approvi presto una buona riforma (a cominciare dalla prescrizione), suona un po' stonato l'appello del ministro alle Camere ad andare spedite, visto il ritardo del governo e le ricadute che ha avuto sull'iter parlamentare.

Ma per rendersi conto di quanto la transizione politica in atto rischi ancora di condizionare negativamente le riforme della giustizia, bastava ascoltare ieri la dichiarazione di voto di Alessandro Pagano dell'Ncd. «Tocca a me fare questo ragionamento a nome del governo - ha detto pacatamente, ivolto a Orlando - perché non può restare sotto silenzio. Lei sa bene che, negli ultimi anni, in particolare in quest'ultimo anno, c'è stato uno sbilanciamento a favore del terzo potere. Il potere della magistratura oggi è nettamente superiore, oserei dire esondante, rispetto a quello dell'Esecutivo e a quello del Parlamento. Questi la mattina si alzano e fanno leggi! Perché, di fatto, con una sentenza poi orientano, se non addirittura capovolgono persino orientamenti costituzionali!», ha concluso, chiedendo a Orlando di «passare all'azione». Parole che sono tutte un programma. Di governo?

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