Commenti

Dalle barricate alla trattativa

  • Abbonati
  • Accedi
L’ANALISI/1

Dalle barricate alla trattativa

Da ieri Syriza con il suo 36,3% dei voti è considerato il maggior partito euroscettico dell’Unione e il solo alla guida di un governo. Questa è l’opinione corrente. Ma è solo in parte vera.

Occorre infatti intendersi su cosa significa euroscetticismo. In realtà né Syriza né lo spagnolo Podemos, e nemmeno l’attuale alleato di governo di Tsipras il partito dei Greci Indipendenti, vanno annoverati tra i partiti euroscettici. La ragione è sostanziale e non solo lessicale. All’interno della Unione ci sono partiti che si pongono esplicitamente come obiettivo programmatico l’uscita dall’Euro o l’uscita dall’Unione o entrambe le cose. Non è il caso di Syriza né di Podemos. È il caso invece di molti partiti in diversi paesi, soprattutto del Nord Europa. Da anni l’euroscetticismo è un fenomeno diffuso e sempre più radicato nella politica europea. Nelle ultime elezioni del Parlamento di Strasburgo in 23 paesi dell’Unione (su 28) si sono presentati uno o più partiti euroscettici. In totale sono stati 62 e hanno raccolto in media il 14,8% dei consensi contro il 10,8% delle precedenti elezioni del 2009. In termini di seggi sono passati da 72 a 135. In Gran Bretagna e in Danimarca sono stati i partiti più votati.

La distinzione è importante altrimenti si rischia di fare di tutta l’erba un fascio. Un conto infatti è l’opposizione radicale al progetto europeo di partiti come lo Ukip britannico o il Partito popolare danese o la Lega Nord italiana, tanto per fare alcuni esempi, e altra cosa è la critica, anche dura, ma non anti-sistema, nei confronti dell’Unione che mira a cambiarne le politiche e in particolare la politica di austerità. Se chiamiamo euroscettici i partiti del primo gruppo non si può usare lo stesso termine per Syriza o Podemos. In questo ultimo caso sarebbe meglio parlare di partiti eurocritici. Infatti né l’uno né l’altro hanno come obiettivo l’uscita del loro paese dall’Euro e tanto meno dall’Unione. La differenza serve per capire le conseguenze del successo di queste formazioni e di altre che potrebbero imitarle in futuro. Sembra che i mercati l’abbiano capito. Almeno per ora.

Si apre adesso in Europa una fase interessante e delicata. Tanto più che quest’anno si voterà anche in Spagna dove Podemos è stimato attualmente al 25% delle intenzioni di voto. Dopo le elezioni a Atene inizierà una trattativa che non riguarderà solo la Grecia da una parte e la troika dall’altra. Sarà un negoziato che vedrà contrapposti il Nord e il Sud dell’Europa. I paesi debitori da una parte e i paesi creditori dall’altra. In molti paesi della Ue questa è già la più rilevante linea di divisione politica. Di questo dovranno tener conto sia Tsipras che i suoi interlocutori . In molti paesi del Nord il voto contro l’Europa ha fatto breccia in larghi strati dell’elettorato. È un voto di protesta e di paura nei confronti di paesi considerati inaffidabili e incapaci di fare fino in fondo le riforme necessarie per recuperare competitività e credibilità. Nei paesi del Sud invece è un voto contro l’austerità imposta dall’esterno e contro l’egoismo dei ricchi. Da una parte ci sono Danimarca, Paesi Bassi, Gran Bretagna, Svezia, dall’altra ci sono Grecia, Italia, Portogallo, Spagna. In mezzo c’è la Germania dove l’euroscetticismo è in crescita ma non ha toccato i livelli di altri paesi del Nord. Il voto greco tende a strutturare ancor più questa divisione.

Per completare il quadro occorre però aggiungere un altro dato importante di cui tener conto in qualsiasi analisi delle conseguenze delle elezioni greche. Nonostante tutto, il sostegno all’Euro resta maggioritario in tutti i paesi dell’Eurozona, inclusa la Grecia, come si vede nell’ultimo sondaggio Eurobarometro. È anche per questo che un punto di equilibrio tra Nord e Sud può, e deve, essere trovato. Se l’obiettivo del governo greco non è quello di uscire dall’Euro e quello della Germania e della troika non è quello di spingere la Grecia fuori dall’Euro né l’uno né gli altri potranno tirare troppo la corda. Il rischio è quello di trasformare in euroscettici partiti e paesi che al momento sono solo eurocritici. Non solo in Grecia ma in tutto il Sud Europa. Non conviene a nessuno. Alla fine un accordo si troverà. Tsipras potrà presentarsi davanti ai suoi elettori con qualche concessione a favore. E in Italia, Spagna e Portogallo si tirerà un sospiro di sollievo. Wishful thinking ? Vedremo.

© Riproduzione riservata