Commenti

Il precedente di Mitterrand e la lezione per Tsipras

  • Abbonati
  • Accedi
STATALISTI PENTITI

Il precedente di Mitterrand e la lezione per Tsipras

La Grecia di Alexis Tsipras come la Francia di François Mitterrand nel 1981: la stessa “rupture”di sinistra, la stessa carica sovversiva, le stesse speranze, gli stessi errori, poi seguiti da precipitose e inevitabili marce indietro? I 34 anni che le separano sono un tempo infinito e poi la storia non si ripete. Ma le similitudini e i rischi che le accomunano balzano agli occhi, con l’aggravante che questa volta, nell’era dell’euro, i rischi sono destinati a dilatarsi, inevitabilmente a collettivizzarsi.

La vittoria del socialista Mitterrand fu uno shock senza precedenti per la V Repubblica e il suo ordine costituito. E un terremoto per l’Europa che allora cresceva in pace con se stessa sotto la guida del direttorio franco-tedesco incarnato dalla coppia riuscita Giscard d’Estaing-Schmidt. Voleva una Francia diversa, il “re del 10 maggio”, costruita da una sinistra portatrice di nuovi valori e di un nuovo modello di sviluppo: dirigista, keynesiano, solidaristico.

Approdato al potere mantenne le promesse. Immediata pioggia di riforme economiche e sociali: nazionalizzazione delle maggiori banche e imprese del Paese, aumento del 10% del salario minimo, settimana lavorativa ridotta a 39 ore, pensione a 60 anni, imposta patrimoniale, eccetera.

L’entusiasmo durò poco. Due svalutazioni del franco non bastarono a rianimare l’economia. Dopo due anni Mitterrand interruppe la discesa agli inferi arrendendosi alla realtà. Dimenticando Keynes, rimangiandosi la rivoluzione rosa, convertendosi alle politiche di austerità. In breve allineandosi alle politiche allora prevalenti in Europa. Per diventare qualche tempo dopo il demiurgo di un altro sogno, quello europeista che sarebbe passato per la creazione dell’euro.

Grecia: altro Paese, altro peso, tutt’altra storia. Ma il radicalismo di Tsipras, il suo fervore per il cambiamento, l’ansia di contestazione dell’ordine costituito o del “pensiero unico europeo” che dir si voglia e lo scossone che sta provocando nell’eurozona non trovano precedenti nell’Unione se non tornando tanto indietro e guardando alla Francia. Peraltro oggi irriconoscibile rispetto ad allora, anche se da quasi tre anni è di nuovo socialista.
Aveva promesso «la fine dell’austerità e dell’umiliazione nazionale» il leader di Syriza. Con il suo primo atto di governo ha deciso di congelare le privatizzazioni, aumentare salario e pensioni minime, ripristinare la tredicesima, riassumere gli statali licenziati «illegittimamente». Ribadendo la volontà di trovare un compromesso sul debito ellenico per renderne le scadenze sostenibili.

Se il suo Paese non fosse stato salvato dal default grazie agli aiuti europei, condizionati però a un preciso piano di rigore e riforme, e se la Grecia non facesse parte dell’euro, Tsipras potrebbe anche apparire come il giovane epigono del primo Mitterrand, alla ricerca di un Paese e di un’Europa nuova, bisognosa di una spallata per diventare più sensibile alla crescita, alle istanze sociali e ai diritti umani.

Non è così. Tsipras non può sconfessare gli impegni assunti dal suo Paese in cambio di assistenza e poi pretendere che i suoi rapporti con i partner, che quell’assistenza gli hanno garantito, restino “business as usual”. Non può fare il rivoluzionario a costo zero. Quando tentò e fallì nel suo esperimento socialista, Mitterrand provocò un disastro molto più nazionale che europeo.

L’euro ha cambiato le regole del gioco e anche dei colpi di testa individuali. L’accresciuta interdipendenza moltiplica infatti i rischi collettivi delle ribellioni solitarie. Non a caso, nonostante per la prima volta da anni le prospettive di crescita in Europa appaiano in miglioramento, sui mercati si è invertita la percezione del rischio-euro complice il rilancio delle tensioni intra-europee sul filo dell’incognita greca.

«Se la Grecia intende deviare dagli impegni assunti, deve pagarne il prezzo da sola invece di esportarlo verso gli altri Paesi attraverso lo sconto sul debito», l’ha avvertito ieri un altro uomo di sinistra, il socialista Sigmund Gabriel e attuale vice-cancelliere tedesco. L’Eurogruppo è pronto a negoziare con il nuovo governo di Atene, a riscadenziarne il debito per alleggerirne il fardello, alla luce della crescita smorta del Paese, e magari anche a spostare il carico di rigore e riforme pur senza alterarne in modo sostanziare i contenuti.

Ma per farlo ha bisogno di interlocutori realisti, non di apprendisti stregoni esaltati e irresponsabili. Esaurita la febbre elettorale, Tsipras sembrava poter rientrare nella prima categoria. I suoi primi provvedimenti unilaterali smentiscono invece questa impressione.
In attesa delle sue richieste ufficiali a Bruxelles, è prematuro saltare alle conclusioni. Di sicuro il precedente di Mitterrand dovrebbe però far riflettere molto il suo scalpitante emulo: oggi i gesti avventati potrebbero infatti costare alla Grecia ben più cari che alla Francia di trent’anni fa.

© Riproduzione riservata