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L’Italia di Giacomo Colnaghi, magistrato

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«morte di un uomo felice»

L’Italia di Giacomo Colnaghi, magistrato

Cara Italia, de te fabula narratur. Perchè nella vita di Giacomo Colnaghi, magistrato impegnato in indagini contro il terrorismo nella Milano feroce degli anni ’80, si specchia un Paese smarrito.

Il romanzo, «Morte di uomo felice» (Sellerio editore, vincitore del premio Campiello) scritto da Giorgio Fontana, presentato ieri sera, alla presenza dell’autore, proprio a Milano in un’inevitabilmente evocativa Aula magna del Palazzo di giustizia intitolata ai giudici assassinati Emilio Alessandrini e Guido Galli, squaderna la vita di un uomo a suo modo unico e uguale, come tutti. E proprio la normalità di questo sostituto procuratore, la sua felicità appunto, echeggia nelle parole di Armando Spataro, ora alla guida della Procura di Torino, che sottolinea la coesistenza, in uno scenario a suo modo e per lui struggente («quella Milano, quella periferia orientale, io l’ho conosciuta, con quelle strade, con quel deposito dell’Atm»), di una vita di passioni quiete, «come quelle di Alessandrini, ucciso dopo avere accompagnato a scuola il figlio, o di Galli che stava per fare lezione ai suoi studenti», con scelte che quiete non sono poi per nulla: la rinuncia alla scorta, la caparbietà nel condurre un’inchiesta.

Concorda Giovanni Canzio, presidente della Corte d’appello milanese, che, quanto a scelte difficili di uomini che si interrogano, individua una sintonia con «I piccoli maestri» di Luigi Meneghello, assai quotidiana epopea di una Resistenza condotta da un gruppo di studenti veneti. E Canzio, con una punta di amarezza sui rapporti tra politica e magistratura, osserva: «Basta parlare di ferie, una soluzione si troverà. Il difficile rapporto del protagonista con il padre morto in un’azione partigiana, la rottura genitori-figli, non può non sollevare interrogativi sull’assenza di un atto fondante della nostra democrazia, dopo la Resistenza, dopo i sacrifici nella lotta al terrorismo degli anni del romanzo. Su questo serve un apporto della magistratura».

E per il direttore del Sole 24 Ore Roberto Napoletano, in un’Italia che sta vivendo passaggi epocali, con una distruzione di ricchezza e benessere mai vista, a mancare è proprio quello di cui Giacomo Colnaghi è ricco, l’accudimento, non consolatorio, della memoria, sia pure in una modernità che con le sue asprezze stenta anche lui a capire.