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Spunta il mediatore svizzero con i Kazaki

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l’inchiesta / l’eni,scaroni e la saipem

Spunta il mediatore svizzero con i Kazaki

Il petrolio e i mediatori. Dall'indagine condotta dalla Procura di Milano sulle sospette tangenti che Saipem, la società d'ingegneria controllata dall'Eni, avrebbe pagato a funzionari pubblici algerini continuano a emergere strane figure di intermediari di cui non è chiaro il ruolo. E, ancor meno, il valore aggiunto. Piuttosto paiono tutte persone che si servono dei contatti ai massimi livelli per farsi gli interessi propri.

Nei fascicoli recentemente depositati presso il Tribunale meneghino, il Sole 24 Ore ha notato un nome che deve aver stuzzicato l'attenzione del pm Fabio De Pasquale. È quello di un controverso uomo d'affari in cui De Pasquale si era imbattuto oltre due decenni orsono, quando indagava sulle maxitangenti dell'affare Enimont. Ci riferiamo allo svizzero Carlo Giovanni Mahler.
Eravamo prima venuti a sapere che Saipem aveva pagato quasi 200 milioni a un algerino nipote di un ex ministro. Poi erano emersi un nigeriano e due italiani che avevano tentato di arricchirsi nell'acquisizione di un campo petrolifero offshore in Nigeria. Adesso è la volta di uno svizzero, Giovanni Mahler (nessuno lo chiama Carlo).
Che Mahler sia un personaggio interessante lo si deduce dagli episodi che hanno portato i giornali di tutto il mondo a scrivere di lui (senza però che ci siano state per lui ripercussioni giudiziarie). Il primo risale al lontano 1993, quando i magistrati milanesi che indagavano sulla vicenda Enimont, tra i quali lo stesso De Pasquale, si erano imbattuti in una finanziaria del Ticino, la Financial Management Services, o Fms, fatta risalire a Mahler. A suscitare la curiosità degli inquirenti era stata un'operazione di compravendita condotta da Fms nel marzo 1991, quando l'Eni aveva appena ripreso il controllo di Enimont pagando oltre 2,8 miliardi e si era impegnata a ritirare il 20% collocato in Borsa un anno prima. La conseguente offerta pubblica di scambio aveva attirato sospetti perché sembrava premiare chi era stato messo al corrente della manovra. Il sospetto, mai provato, era che Mahler fosse tra costoro. Con la sua piccola finanziaria aveva infatti rastrellato quote per ben 600 miliardi, pari quasi la metà dell'intera emissione, che poche settimane dopo erano state ricomprate dall'Eni.

La seconda volta in cui il nome di Mahler finisce sui giornali è in occasione di un'indagine condotta dalla procura federale svizzera su supposte tangenti pagate per i lavori di ristrutturazione del Cremlino. Neppure in quel caso ci sono state ripercussioni giudiziarie per lui ma, secondo notizie di stampa, sarebbe risultato co-intestatario di un conto bancario che gli inquirenti elvetici ipotizzavano essere parte del sistema di riciclaggio di tangenti destinati a funzionari pubblici russi e sul quale erano arrivati due milioni di dollari sospetti.
La vicenda di nostro interesse riguarda invece il Kazakistan, un Paese che da quando si è sganciato da Mosca ha avuto un unico padre-padrone-presidente, Nursultan Nazarbayev, eletto per la prima volta nel 1991 e da allora sempre rimasto sulla poltrona presidenziale. Un Paese in cui, secondo Forbes, operano solo cinque miliardari, e tra questi c'è Dinara Nazarbayeva, figlia del presidente. Non a caso, nella classifica della corruzione percepita stilata da Transparency International, il Kazakistan è al 126esimo posto su 175.
Visto il contesto, i rapporti con alti funzionari kazaki sono particolarmente delicati. Per questo sorprende venire a sapere che, quando era amministratore delegato dell'Eni, Paolo Scaroni si è servito di Mahler per organizzare un incontro con l'allora ministro del Petrolio del Kazakistan. Insomma è ricorso a una figura esterna, che non lavorava né per l'Eni né per i kazaki.

La cosa sarebbe insolita comunque, ma in questo caso è quasi incredibile visto che solo pochi mesi prima tra Scaroni e Mynbayev era intercorsa una trattativa delicatissima riguardante il più importante campo petrolifero gestito dall'Eni. Parliamo del gigantesco giacimento nel Mar Caspio settentrionale, considerato il più grande fuori dal Medio Oriente, di cui l'Eni aveva avuto la gestione operativa fino a pochi mesi prima.
Nell'estate del 2007, in seguito a una lunga serie di complicazioni, ritardi e rincari, il Kazakistan aveva chiesto una rinegoziazione dell'accordo. E il 14 gennaio 2008, dopo un lungo negoziato coordinato in prima persona da Scaroni per l'Eni e da Mynbayev per il Kazakistan, era stato firmato un nuovo accordo con il quale la quota kazaka veniva raddoppiata e l'Eni perdeva la gestione operativa esclusiva. Insomma, per mesi Mynbayev era stato l'interlocutore principale nel principale grattacapo che Scaroni si era trovato a gestire. Eppure, appena un paio di mesi dopo a Il Sole 24 Ore risulta che, per fissare un appuntamento con lui, sia ricorso all'amico Mahler.

Vista la singolarità della cosa, abbiamo voluto verificarla con i diretti interessati. Che hanno fermamente negato. «Mynbayev è un mio amico… un mio fratello. Sono padrino del suo ultimo figlio, si figuri un po'», sostiene Mahler. «Ma Scaroni non si è mai servito di me per contattarlo. MAI… Non è vero… Tutte bugie».
I dinieghi di Scaroni non sono stati meno risoluti: «Credo che Mynbayev ogni tanto andasse ospite da Mahler a sciare, ma non avevo alcun bisogno di servirmi di Mahler per parlare con lui. Ma si figuri! Ma per quale ragione? Ma no! No, no. Le risulta male».
Invece risulta agli atti del procedimento giudiziario milanese coordinato da De Pasquale con i colleghi Sergio Spadaro e Isidoro Palma. Ci riferiamo a un messaggio di posta elettronica inviato da Mahler a Scaroni il 3 marzo 2008. In quel messaggio lo svizzero comunicava all'allora ad di Eni il programma del viaggio di Sauat Mynbayev, il ministro del Petrolio kazako, e lo informava di aver concordato con la sua segretaria (di Scaroni) le modalità per fissare un appuntamento tra i due. In coda, Mahler allegava un messaggio in inglese con il programma degli spostamenti del ministro ricevuto un'ora prima dall'assistente di Mynbayev.

I nomi di Mahler e Mynbayev appaiono inoltre nei brogliacci di alcune conversazioni registrate dal personale del Nucleo di Polizia Tributaria di Milano, che ha condotto le indagini, quando il cellulare di Scaroni era sotto intercettazione. Il tema della discussione era una cena avuta agli inizi di gennaio del 2013 al Dracula Club del Kulm Hotel, il punto di ritrovo più in di St. Moritz. Avendo pagato con la carta di credito aziendale, Scaroni si trovava a dover giustificare la spesa – ben 3.700 franchi svizzeri.
Nella serie di telefonate avvenute il 7 marzo 2013, Scaroni chiede delucidazioni proprio a Mahler. Al telefono i due ricostruiscono che al pasto in questione aveva partecipato il ministro kazako Mynbayev, in quel periodo ospite dello svizzero a St. Moritz. Scaroni telefona dunque alla sua assistente comunicandole che la ricevuta in questione faceva riferimento a una cena offerta a una mezza dozzina di persone, tra le quali Mahler e il ministro kazako.
Quelle intercettazioni sembrano indicare che, in occasioni di lavoro (altrimenti non sarebbe stata usata la carta di credito aziendale), l'amministratore delegato dell'Eni incontrava il ministro kazakho in presenza anche di Mahler.
Ma qual era il suo ruolo, e soprattutto il suo valore aggiunto? Poiché ha continuato a negare di aver mai svolto quel ruolo ci è stato impossibile farcelo spiegare dallo stesso Mahler.

Certo è che lo svizzero presiede una holding, la Bluegreen Holdings Ltd, attiva in settori legati all'industria petrolifera. Parliamo di trivellazione petrolifera, trasporto marittimo, sviluppo di basi marine, attività minerarie e trading di greggio o gas, e servizi di logistica per siti remoti.
Registrata nelle Isole Marshall ma con quartier generale ad Agno, appena fuori Lugano, dove vive Mahler, la holding di ha una presenza anche in Kazakistan. «Ci vado una volta in mese. Ho una miniera, una concessione petrolifera… noi abbiamo tante cose in Kazakistan», dice Mahler, il quale nega però di aver mai trattato affari con l'amico Scaroni (che dice di conoscere da decenni).
Non ha mai proposto o discusso affari con Scaroni?
«Mai! Mai. Né con Eni, né con Saipem. Mai nella vita!», ci risponde convinto.
Ma dall'indagine milanese emerge almeno un'occasione in cui i due hanno effettivamente parlato di business. Ci riferiamo a una telefonata intercettata dalla Guardia di finanza il 22 gennaio 2013. In quello scambio Mahler informa l'amico di aver incontrato Umberto Vergine (appena diventato amministratore delegato di Saipem dopo che l'inchiesta algerina aveva costretto Pietro Franco Tali alle dimissioni) e chiede delucidazioni su un progetto di distribuzione di gas. Scaroni gli consiglia di parlare con il suo collaboratore nel settore del gas, Marco Alverà.

A Il Sole 24 Ore risulta anche che, almeno in un'occasione, Scaroni abbia girato una proposta di affari arrivata da Mahler a Claudio Descalzi, all'epoca suo braccio destro e ora al suo posto al vertice dell'Eni.
Nel corso degli anni, anche per via di almeno un viaggio fatto insieme proprio ad Astana, ci risulta inoltre che tra Mahler e Descalzi si sia creato un rapporto di natura anche personale.
Mahler aveva infine grande familiarità anche con Tali, l'amministratore delegato di Saipem costretto alle dimissioni per via dei 200 milioni pagati al faccendiere algerino.
«Tali lo conosco certo. È un mio amico», ci ha detto Mahler
Ha mai discusso di affari con lui?
«No… mi sembra proprio di no».
Nel dicembre 2012, una quindicina di giorni dopo le dimissioni di Tali in seguito all'inchiesta sulle supposte tangenti algerini, lei è andato a trovarlo a casa. Si ricorda come mai?
«Non mi ricordo. Sarò andato per un drink».
È andato a casa di Tali anche dopo.
«Non mi ricordo… ma non credo proprio».
Invece sì. A dimostrarlo sono ancora una volta le indagini del Nucleo di Polizia Tributaria. I finanzieri che tenevano sotto controllo l'abitazione di Tali a Milano registrano infatti l'arrivo di Mahler alle 19:55 del 27 febbraio 2013. Dopo più di un'ora, esattamente alle 21:20, i militari lo vedono poi uscire dal portone del palazzo e andarsene a bordo di una Porsche Panamera. Intestata a Bluegreen Holdings Ltd.

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