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Merkel-Hollande: ultima offerta a Putin per la pace

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Le trattative a Mosca sull'Ucraina

Merkel-Hollande: ultima offerta a Putin per la pace

Foto di gruppo con Vladimir Putin, Angela Merkel, François Hollande. Per oltre tre ore attorno a un tavolo rotondo al Cremlino e poi a cena per cercare nella notte russa qualcosa di più che un compromesso: impedire a una piccola guerra, che tuttavia ha già fatto 5.400 morti, di diventare una nuova guerra europea. Il lungo incontro è stato «concreto e costruttivo» dicono i russi. Nient'altro per ora.

Il fallimento è apparentemente impossibile ma gli interessi in gioco - soprattutto le ambizioni del leader russo - sono immensi.
I soldati attendono sotto il cielo di piombo dell'immensa pianura ucraina, piatta fino alla Moscova e oltre, agli Urali. Quel cielo così monotono è sempre stato il sudario invernale di tutti gli eserciti che hanno combattuto per la conquista o la difesa di questa terra europea senza ostacoli naturali. Grano, patate, carbone e battaglie, è la sua storia. Nessuno ora scommette che possa cambiare. È difficile capire cosa stia emergendo dall'incontro di ieri sera a Mosca. «Non direi sia proprio l'ultima possibilità» per evitare la guerra, diceva ieri mattina un diplomatico russo, «ma non è lontana dall'esserlo».

Perché l'alternativa a quel negoziato è la ripresa dei combattimenti. Gli scontri non sono mai stati interrotti, in verità: nessun precedente cessate il fuoco ha funzionato. Ieri, la breve tregua attorno al nodo ferroviario strategico di Debaltseve, è servita solo per evacuare il maggior numero possibile di civili: a seconda dell'affiliazione linguisti.ca e politica, dopo aver vissuto insieme per decenni, alcuni hanno preso la strada dell'Ovest, altri sono andati a Est. Gli scontri riprenderanno non appena sarà in qualche modo chiaro il risultato della trattativa di Mosca: a Debaltseve l'esercito ucraino è ormai circondato e i separatisti vogliono il controllo del villaggio.

Ma se fallisce questa ultima mediazione, la battaglia riprenderà ancora più violenta e questa volta sarà difficile fermarla. Anche le eventuali rassicurazioni di Putin al presidente francese e alla cancelliera tedesca, devono essere verificate sul campo in base al comportamento dei ribelli dell'Ucraina dell'Est e degli stessi russi. Già il 5 settembre a Minsk la pace sembrava a un passo ma da allora i separatisti hanno conquistato altri 200 chilometri quadrati di Ucraina orientale. La grande questione che Putin, Merkel e Hollande devono affrontare è proprio questa: lungo quale linea di demarcazione verrà fissato il cessate il fuoco, a partire da quale nuova realtà territoriale si negozierà un accordo politico? Già oggi le linee non sono più quelle che erano state concordate solo cinque mesi fa in Bielorussia.

Forse l'ostacolo più insormontabile della trattativa – come delle precedenti – è il rifiuto russo di ammettere il suo coinvolgimento. Pretende di essere un negoziatore al di sopra delle parti quando sono i piani di Mosca (sconosciuti a tutti) che stabiliscono i comportamenti dei ribelli ucraini e sono i militari venuti dalla Russia che determinano i vincitori e i vinti sul terreno. Il potere non è a Donetsk né a Lugansk ma al Cremlino: nelle mani di Vladimir Putin e dei Siloviki, il vertice ristretto militare e degli apparati della sicurezza, attorno a lui. È per questo che Angela Merkel e François Hollande, dopo cinque ore di colloquio con il presidente ucraino Petro Poroshenko, sono andati direttamente nella tana del lupo. Quale sarà il risultato del loro viaggio a Mosca – un successo, un fallimento o solo un passo interlocutorio – occorreranno probabilmente alcuni giorni per capirlo. Ma è innegabile che si sia trattato di un passo straordinario, probabilmente unico nella storia recente della diplomazia europea. Per ottenere una pace, i leader dei due Paesi più importanti della Ue hanno messo in gioco la loro credibilità personale, quelle di Germania, Francia e dell'intera Unione.

Il vertice, incominciato ieri sera al Cremlino con qualche ritardo, era stato accompagnato da segnali e dichiarazioni pessimistiche. A partire da Angela Merkel: «Non sappiamo se avremo successo oggi o se serviranno ulteriori colloqui», aveva detto prima di partire. Tuttavia Hollande aveva ricordato che la diplomazia non può «continuare indefinitivamente». Forse era parte di una strategia di pressione su Putin. Anche il vicepresidente americano Joe Biden, in visita a Bruxelles, aveva accusato il leader russo di barare: di continuare a «ignorare ogni accordo».
Qualche giorno fa i russi avevano diffuso con discrezione un loro piano che prevedrebbe un'Ucraina territorialmente unita. Ma l'Est russofono godrebbe di un'autonomia estremamente ampia. Non viene citata la Crimea, la cui annessione è ormai un dato di fatto per la Russia. È di fronte ai timori di uno smembramento completo o parziale dell'Ucraina che prima di partire per Mosca Angela Merkel aveva ammonito, «come cancelliera tedesca», di non voler «mai mettere in discussione la sovranità territoriale di un altro Paese».

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