Commenti

La parodia dell'Aventino e la sindrome di Napoleone

  • Abbonati
  • Accedi
Scenari

La parodia dell'Aventino e la sindrome di Napoleone

Si può capire che parlare di “interesse nazionale” suoni di questi tempi come fuori moda, ma ciò non toglie che l'interesse nazionale esista e che quel che sta accadendo nel parlamento italiano non ne tenga minimamente conto. Difficile configurare in maniera diversa eventi che non solo appartengono al peggior repertorio degli scontri parlamentari (e sin qui passi), ma che avvengono in un momento molto delicato. Diciamolo con chiarezza. Berlusconi che fa scatenare i suoi a boicottare riforme che sino a ieri aveva tranquillamente sostenuto è abbastanza patetico. Però anche Renzi che si fa prendere dalla sindrome di Napoleone, cioè di quello che a dispetto di tutto deve passare di vittoria in vittoria (e si dovrebbe sapere come allora andò a finire) non è che ci faccia una figura da statista.

I parlamentari che si azzuffano, che mettono in scena una parodia dell'Aventino, che si sprecano a denunciare derive dittatoriali che vedono solo loro, fanno il paio con un premier che si è intestardito a voler dimostrare che l'unico modo di vincere è quello del leader supremo che annienta gli avversari.
Il contorno è quello di troppi politici che cercano la sceneggiata, le frasi sopra le righe, illusi che la gente apprezzi molto queste esibizioni muscolari. Invece la gente guarda le notizie e si preoccupa. Il giorno in cui sembra che l'Isis si stia conquistando stabilmente un altro pezzo strategico della Libia, in cui l'annuncio della tregua imminente in Ucraina serve solo alle parti in lotta per strapparsi qualche pezzo di territorio in più alla faccia delle vittime civili nelle ultime ore disponibili per le azioni militari, immaginarsi che il nostro paese possa dare impunemente al mondo questa immagine di scontri tutti intestini alle varie fazioni politiche è davvero incredibile.

Coloro che guardano con un minimo di distacco alla situazione internazionale ed a quella europea sanno bene che in una fase di emergenza come questa ad inquietare moltissimo è l'instabilità politica e la scarsa ragionevolezza con cui si riescono a fronteggiare le continue avanzate delle forze populiste. Si sa con quanta preoccupazione si guardi alle future prove elettorali in Spagna con l'avanzata di “Podemos” che incombe; si sa quanto le prossime prove delle urne in Gran Bretagna suscitino interrogativi per i venti che gonfiano le vele del partito di Farange; si sa quante riserve ci siano per i successi del Front National in Francia. Aggiungiamoci che persino la Merkel ha dovuto rivedere i suoi convincimenti rigoristi nei confronti della Grecia nel timore che una uscita traumatica di questa dall'euro giocasse a rovescio a favore degli anti-euro di “Alternative für Deutschland”.

In un quadro del genere l'Italia si era guadagnata un credito con la gestione oculata del passaggio di testimone al Quirinale. Una operazione certo non senza scontro politico, ma tutto sommato rimasta nei binari di un confronto parlamentare ordinato, con l'esito dell'elezione di un personaggio di alta levatura, garante degli equilibri costituzionali.
Questo credito viene vanificato da uno scontro che francamente non ha né capo né coda. Da un lato si mettono in discussione accordi che si erano raggiunti, neppure troppo faticosamente, su un ordito che complessivamente veniva giudicato largamente accettabile dall'opinione pubblica degli addetti ai lavori (e anche da un pubblico più largo). Dal lato opposto sembra invece che più che la sostanza del nuovo impianto interessi il “modo” in cui lo si può far passare, come se l'unica questione importante fosse raggiungere la meta nel minor tempo possibile. E qui non si capisce che qualche giorno in più rispetto alle scadenze fissate nella speranza di mostrarsi “supereroi” non sarebbe stato di scandalo per nessuno.

Era troppo facile in questo contesto che le forze della provocazione trovassero spazio per far passare il respingimento delle pretese di ciascuno (che spesso suonano davvero come dei “capricci identitari” più che come delle proposte alternative) come un attentato alla democrazia.
La situazione è troppo delicata tanto sul piano internazionale quanto avendo a mente il fragile avvio di una ripresa economica perché si possa considerare quanto sta succedendo come un fisiologico ribollire di dialettiche esasperate.
È un modo irresponsabile di indebolire le possibilità dell'Italia di giocarsi in maniera efficace la propria partita su entrambi questi fronti.
L'opposizione e la maggioranza devono sapere di essere corresponsabili del destino del paese in un momento tanto delicato. Non è buonismo, né utopia: sono le regole della politica con la P maiuscola.

© Riproduzione riservata