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Alba saluta il suo «capitano»

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addio al re della nutella

Alba saluta il suo «capitano»

Un lunghissimo applauso. La commozione in piazza, il grande silenzio durante la celebrazione, la semplicità. E poi l’applauso. Quello spontaneo all’arrivo del feretro di Michele Ferrero, un momento prima che si aprissero le porte della cattedrale di Alba. E quello, lunghissimo, quando dalla piazza il corteo funebre sta per avviarsi verso il cimitero, a funzione conclusa.

Con il saluto dei carabinieri e la famiglia Ferrero stretta tra i dirigenti dell’azienda, le decine di sindaci delle Langhe piemontesi, con la fascia tricolore addosso, gli operai e i tecnici dello stabilimento di Alba, in tuta e camice.

Alba dice addio all’uomo che partendo da questo angolo di Piemonte ha costruito uno dei principali gruppi al mondo nel settore dolciario. Strutturando sin dal 1997 l’ingresso in azienda dei figli Pietro e Giovanni e mettendo le basi per la nascita della multinazionale che oggi Ferrero è. Un player mondiale, con venti stabilimenti, 34mila addetti e un fatturato a 8,4 miliardi, sul quale l’Italia pesa il 15%, come ricorda l’amministratore delegato unico del Gruppo, Giovanni Ferrero, «ma che qui, in questa terra, mantiene le sue radici».

Michele Ferrero è morto a 89 anni, sabato scorso. E la città che ha visto crescere e consolidarsi il gigante Ferrero si è fermata per salutarlo e per testimoniare ancora una volta il legame profondo con la famiglia Ferrero, con Giovanni Ferrero, la vedova Maria Franca, le nuore. Un legame che Giovanni Ferrero definisce, nel suo discorso di commiato, un patto, un’alleanza. Un patto tra la città, il territorio e la sua fabbrica. Un patto di fedeltà con «il signor Michele». Un’alleanza costruita sui fatti: l’opportunità di emancipazione economica, a partire dagli anni Cinquanta, offerta dalla fabbrica ad una terra povera e contadina, un welfare che guarda oltre l’assistenza e offre possibilità di formazione e crescita personale. La storia imprenditoriale di Michele Ferrero insegna, come dice il figlio Giovanni, «che l’ingegno italiano aveva la sua da dire nel mondo» e che ce la si poteva fare anche partendo «dalle colline langarole».

Il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha partecipato al funerale prima di spostarsi a Torino. «Sono venuto qua – ha detto Renzi – per onorare un grande italiano, una storia incredibile di talento, territorio e valori umani», come hanno riferito fonti vicine al Governo. Nella chiesa gremita la famiglia e gli amici, nei primi banchi i cinque nipoti di Michele Ferrero, e poi decine di sindaci della zona, con il primo cittadino di Alba, Maurizio Marello, che ha parlato di «un giorno di dolore ma anche di riconoscenza per il signor Michele», le istituzioni locali, il presidente della Regione Piemonte Sergio Chiamparino, che ha ricordato Ferrero come «un grande innovatore, un grande imprenditore che ha saputo coniugare l’interesse del territorio con lo sviluppo dell’impresa che è diventata globale», il sindaco di Torino e presidente dell’Anci Piero Fassino. Personalità del mondo della politica, come Romano Prodi, della finanza, con l’ad Mediobanca Alberto Nagel, dello sport, con il presidente del Coni, Giovanni Malagò, e dell’economia, con Paolo Barilla. «La vicenda della Ferrero insegna – riflette Marco Gay, presidente dei Giovani Imprenditori di Confindustria – come sia importante promuovere la crescita dell’impresa e insieme il benessere del territorio. In realtà, la capacità di innovare è sempre stato il core business di un’azienda come Ferrero, al contempo tradizionale e familiare, frutto di 50 anni di storia e di scelte consapevoli di capitalizzazione». Un modello replicabile? «Sì, se si guarda alle capacità imprenditoriali e di innovazione, sebbene in un ecosistema più difficile». Licia Mattioli, presidente dell’Unione industriale di Torino, parla di «una delle poche grandi realtà produttive nate e cresciute in Italia in anni recenti, protagonista di una straordinaria crescita materiale e civile del proprio territorio, dove ove ha prodotto e distribuito ricchezza e realizzato un modello di grande responsabilità e consenso».

La politica, l’economia, il mondo del lavoro, la gente comune, la gente della Ferrero. All’ingresso della cattedrale, c’erano gli operai e i tecnici dello stabilimento di Alba, con le tute e le divise dei diversi reparti produttivi, ad accogliere la salma. Migliaia di persone si sono raccolte nelle quattro piazze della cittadina per seguire dai maxi-schermo la celebrazione. Per tutta la giornata Alba ha rispettato il lutto cittadino, scuole e negozi sono rimasti chiusi. Nelle vetrine di negozi e uffici l’immagine di Michele Ferrero, sorridente, con la scritta «Siamo fieri di te, grazie Michele». Così era stato anche 4 anni fa, quando la città si era ritrovata in occasione della morte di Pietro Ferrero, nell’aprile del 2011, morto a 47 anni a causa di un infarto. Un momento assai delicato per la Ferrero, che improvvisamente vide mancare uno dei due amministratori del Gruppo.

«Michele Ferrero era un uomo che aveva interiorizzato la bellezza del mondo contadino – racconta Franco Foglino, uno dei segretari di Michele Ferrero negli anni Settanta – e l’ha trasferita nell’industria, con la stessa filosofia. Un contadino deve seminare, coltivare e raccogliere. Così ha fatto in azienda: creava i suoi prodotti e poi la “coltivazione” aveva tempi lunghi, prima che questi arrivassero alla signora Valeria o ai peones, come lui definiva le persone che mangiavano gli snack. Non aveva fretta, sapeva aspettare e curava moltissimo la qualità».

«Sentiamo che oggi manca un campione della virtù della nostra terra» ha detto nella sua omelia il vescovo di Alba, Giacomo Lanzetta. Che parla di affetto, di rispetto, di riconoscenza. «Sappiamo quanto Michele Ferrero si è speso – sottolinea – in tanti anni, e fino alla fine». Quello che unisce, ha aggiunto, è il suo modello di operosità. Manteneva profondi rapporti con le Langhe e la sua gente. Partecipava agli incontri degli anziani della Ferrero, lì in molti avevano la possibilità di incontrarlo. E il vescovo di Alba racconta di «quando, il giorno di San Michele, qualche anno fa, entrò in Chiesa da un’entrata secondaria, in maniera discreta. Tutti lo riconobbero e lo applaudirono, lui si commosse».

Oggi alla Ferrero di Alba si torna a lavorare, dopo tre giorni in cui la fabbrica si è fermata per accogliere la salma di Michele Ferrero e l’omaggio, alla camera ardente, di migliaia di persone. Gente comune e personalità. L’ondata di simpatia che si è sentita in tutta l’Italia attorno alla figura di Michele Ferrero «ci dimostra – scrive il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti – che questo Paese ha un forte sentimento di riconoscenza per chi ci ha dato ottimi prodotti, una bella impresa e una grande eredità che tutti quanti dovremmo preoccuparci di conservare come un patrimonio per ognuno di noi» .