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Perdono tutti se mancano di rispetto alle istituzioni

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Scenari

Perdono tutti se mancano di rispetto alle istituzioni

Avendo avuto peraltro l’onore e il privilegio di essere stato seduto su quei banchi (una ventina di anni fa) mi hanno molto ferito le immagini della rissa scatenatasi a Montecitorio nella notte del 13 febbraio quando dei deputati sono saliti con le scarpe sui banchi e sulle poltrone per aggredire altri colleghi .

Sarà un riflesso condizionato ma i miei genitori, poveri e con un basso livello di istruzione , fin da piccolo mi hanno insegnato a rispettare , oltre alle persone, anche le cose (di chiunque) e soprattutto a non mettere mai le scarpe laddove ci si siede .

Questa regola a maggior ragione dovrebbe essere rispettata da chi per l’art. 54 della Costituzione avrebbe il dovere di adempiere alle funzioni pubbliche con dignità ed onore.

Chi calpesta materialmente i banchi e le sedie del Parlamento calpesta il Paese perché il Parlamento è il luogo sacro della democrazia. Chi si comporta così non è degno di sedere su quegli scranni anche se avesse da difendere la più nobile delle cause. Non illudendomi che questi rappresentanti del Paese cambino o si dimettano mi auguro almeno severe sanzioni nei loro confronti. Il mio non è moralismo spicciolo. In politica la forma è sostanza e la pedagogia dei gesti, soprattutto per chi fa politica, è fondamentale .

Riccardo Canesi

Carrara

Ha ragione. Il decoro delle istituzioni non è solo forma ma sostanza di una democrazia matura nella quale ci si confronta rispettando regole di comportamento ispirate ai principi del vivere civile. Tuttavia non mi scandalizzo, perché si tratta di episodi ricorrenti. Lei, che è stato deputato (iscritto al gruppo Progressisti tra il 1994 e il 1996) ricorderà bene cosa accadde alla Camera nell’ottobre del 1994. Si discuteva del decreto salva-Rai e il relatore Mauro Paissan (Progressisti) si rivolse ai deputati di An definendoli «tangentari e tangentisti». La presidente, Irene Pivetti (Lega) lo richiamò: «Non provochi, continui la relazione, lei è un relatore o un provocatore?». Seguì, tra le urla, una rissa furibonda per oltre mezz’ora e alla fine si contarono tre feriti. «Fascisti», gridavano i progressisti. «Quella checca di Paissan mi s’è avvicinata con le unghie smaltate, ha provato a graffiarmi», commentò a caldo Francesco Storace (An), assaltatore della prima ora . «Che vergogna per l’Italia, Paissan ha esagerato ma ha ragione», spiegò Hans Widman (Svp) col suo italiano tremolante. «Chi ha vinto? Non s’è capito», sentenziò il ministro Publio Fiori. Invece era chiaro: nessun vincitore, tutti perdenti. Ieri come oggi.

.@guidogentili1

Chi si merita Salvini

La Lega Nord sembra essere tornata quella dei grandi fasti. I sondaggi la danno ben al di sopra del dieci per cento di consensi, proiezione che le prossime elezioni regionali probabilmente confermeranno. Il suo leader è al centro dell’attenzione politica, si appresta a determinare un’alleanza con Forza Italia e snobba il capo dello Stato. Peccato però che il lupo, smessa la canottiera e indossata la felpa, non abbia perso anche il vizio di seminar tempesta. Nelle ultime quarantotto ore Matteo Salvini ci ha regalato due chicche degne di Calderoli (Borghezio invece è fuori classifica). «I profughi vanno aiutati sì, ma in mare», con i barconi che affondano appena salpati dalla Libia. «Farò un esposto contro l’Unione Europea per pulizia etnica verso i padani», come se la pulizia etnica fosse uno slogan da jingle televisivo e non un dramma che gli stessi richiedenti asilo subiscono sulla loro pelle. Verrebbe da citare Nanni Moretti: ve lo meritate Matteo Salvini! Anzi.

La rinascita del leader leghista trova molte responsabilità in un sistema di informazione e intrattenimento che lo ha trasformato in una star, un po’ come è stato fatto con Antonio Razzi. Con la differenza che Razzi è divenuta la simpatica macchietta del politico incapace e senza ideali, utile sì a rivalorizzare per comparazione i colleghi in Parlamento, ma dal peso elettorale nullo. Con Salvini, invece, si è montata ad arte la stazza di un leader amato dal popolo, un po’ troppo schietto forse, ma per vicinanza ai bisogni della gente. Tutto questo dovuto in parte a strategia politica (c’era da lanciare un concorrente al populismo di Beppe Grillo), in parte ad accondiscendenza dei mass media, in parte alla fame di ascolti televisiva. Passando sopra alla sua indole scorretta e violenta, si continua a dire che lui non sarebbe come Umberto Bossi e che avrebbe rinnovato la Lega rendendola un partito lontano da quello xenofobo che fu. Molti italiani non se meritano Matteo Salvini, non l’hanno voluto e se lo dovranno sorbire ancora a lungo.

Marco Lombardi

Lo sciopero contro Uber

Abbiamo invocato il libero mercato e, ora che c’è Uber per poter cercare di avere più scelta se si deve prendere un taxi, mi ritrovo le strade invase dalle manifestazioni dei taxisti. A me non importa che siano taxisti o autisti di Uber, interessa pagare un prezzo equo per un taxi.

Lettera firmata