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La ripresa riparte dall'innovazione

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La ripresa riparte dall'innovazione

Il Governo ha finalmente ripreso in mano il dossier sulla ricerca e innovazione. È una buona notizia. Si sta predisponendo un Piano e una Strategia nazionale fino al 2020 per dare all'Italia l'architettura strategica della ricerca e dell'innovazione su cui da tempo Confindustria chiede più concentrazione e impegno da parte di tutti, sistema pubblico e imprese.

Se siamo la seconda nazione manifatturiera d'Europa, uno dei primi cinque paesi al mondo per export industriale, leader in molti prodotti, se gareggiamo tra i migliori al mondo nelle tecnologie della sostenibilità, nei beni strumentali, nel pharma e nel biotech, con il made in, pur operando in contesti meno efficienti, lo dobbiamo alla nostra straordinaria capacità di innovare e di ricercare costantemente nuovi prodotti e soluzioni. Eppure dei nostri valori scientifici e industriali e di quanto valgano parliamo poco, anzi troppo spesso li dimentichiamo.

La strategia nazionale per la ricerca e innovazione è un'occasione unica per farlo, non trascurando i tanti punti critici da risolvere. L'Italia ha vissuto una fase di deindustrializzazione molto intensa. Abbiamo perso 5 punti percentuali in termini di valore industriale sul Pil dal 2000 al 2013, scendendo dal 23 al 18%. Abbiamo bruciato occupazione, perso imprese e risorse intellettuali di qualità che hanno trovato opportunità migliori all'estero. Oggi ci sono timidi segni di inversione di questa tendenza al declino. Questi germogli di ripresa devono essere coltivati con la massima cura, perché solo con interventi incisivi invertiremo stabilmente la perdita di valore industriale. Il primo stimolo deve venire da una robusta azione di ripresa degli investimenti pubblici e privati.
Come imprenditori affrontiamo una nuova fase di innovazione radicale, molto sfidante, guidata dall'integrazione sempre più spinta tra dati, materiali, produzione. Si lavora in filiera, si introducono modelli di flessibilità negli impianti e nelle competenze, si lavora sull'additive manufacturing. Nasce la cosiddetta industria 4.0. Questo processo è già in corso. Deve essere sostenuto da politiche e strumenti che quantomeno ci allineino a quanto è a disposizione dei nostri concorrenti europei.

Il Governo ha varato una serie di interventi in sostegno della crescita, dal credito d'imposta per la ricerca e innovazione, al patent box, agli investimenti per l'industria sostenibile e al fondo di garanzia, a incentivi per le Pmi innovative. Sono interventi importanti e apprezzabili. Essi devono diventare strutturali e parte della strategia nazionale.

Le imprese hanno il dovere di intensificare la propria azione di innovazione e gli investimenti in ricerca, ancora troppo contenuti. Devono aprire le proprie porte alla qualità, ai ricercatori e ai dottori di ricerca.

La politica deve far propria la scommessa della ricerca per l'industria e dell'innovazione diffusa. Deve avere la serietà di mettere a disposizione del Paese strumenti trasparenti, semplici e di rapida attuazione. Non c'è buona politica e visione che possa dirsi tale senza un'efficiente e tempestiva attuazione.

Deve avere il coraggio di condividere con il mondo dell'impresa alcune, poche, sfide realmente di respiro strategico per l'Italia.

La strategia di ricerca e innovazione, a nostro giudizio, deve essere unica e integrata tra i diversi dicasteri e fatta propria dall'intero Governo. È stato annunciato un piano fino al 2020 da più di 4,5 mld di euro, cifra importante, di questi 4,2 mld sono previsti per i fondi di funzionamento delle strutture pubbliche e per il piano del mezzogiorno. Meno del 9% per la ricerca e l'innovazione scientifico tecnologica, con una tendenza a ridursi di qui al 2020. Se questi numeri saranno confermati il primo passo è falso.

In secondo luogo non è adeguato all'obiettivo avere un dicastero per la ricerca gravato soprattutto dal carico e dall'impegno dell'istruzione. La ricerca finisce per avere sempre e solo residui di attenzione e d'impegno. Non può e non deve essere cosi. L'Italia ha bisogno di un punto di sintesi politica e di massima attenzione: senza una seria politica per la ricerca non ci sarà crescita stabile e di qualità. Abbiamo parlato molto di riforme e di cambiamento delle regole istituzionali. È giusto continuare a farlo, come doveroso è prestare la stessa cura e attenzione alla ricerca e innovazione.

La strategia è un passo importante. Se combinerà visione e realizzazione, con una governance adeguata sarà un forte segno di fiducia a chi investe e uno strumento serio per ritrovare competitività e lavoro. Confindustria ha raccolto i propri contributi al Piano nazionale della ricerca. Li abbiamo consegnati al Governo perché li esamini e li tenga nella considerazione dovuta nella redazione del Piano e della Strategia.

Dobbiamo recuperare molto ritardo e altrettanta inefficienza. È questo il momento giusto per adottare una strategia realizzabile e nutrita di quelle sfide per il futuro di cui noi imprenditori sappiamo di essere capaci.
Diana Bracco è vicepresidente Confindustria per la Ricerca e l'innovazione

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