La creatività anodina di Milena Canonero si manifestò per la prima volta in Arancia Meccanica (1971) di Stanley Kubrick: infilò la bombetta al protagonista Malcolm McDowell, associando la pazzia omicida al rigore e alla rispettabilità inglese. Torinese, classe 1946, Canonero ha confermato quel talento non addomesticabile, salendo domenica notte per la quarta volta sul palco degli “Academy Award” a ritirare l'Oscar per i migliori costumi per Grand Budapest Hotel di Wes Anderson, definendo il regista texano «ispiratore, compositore e direttore d'orchestra».
È l'unico premio andato quest'anno all'Italia. Chi ha fatto incetta di riconoscimenti alla 87esima edizione della cerimonia hollywoodiana è stato il visionario Birdman di Alejandro González Iñárritu. La parabola di Riggan Thompson, ex supereroe Birdman, adorato dalle masse, in cerca di una rivincita autoriale a teatro si è meritoriamente aggiudicato quattro sezioni: Miglior film, Miglior regia, Miglior sceneggiatura originale e Miglior fotografia. Finalmente Julianne Moore è stata riconosciuta migliore attrice con l'interpretazione dolente in Still Alice, cinquantenne malata di Alzheimer precoce; suo sodale al maschile è Eddie Redmayne per La teoria del tutto, bravissimo e asciutto nonostante il melodrammone attorno alla vita sentimentale del celebre fisico Stephen Hawking. J. K. Simmons per Whiplash (che si è preso anche il montaggio e il sonoro) e Patricia Arquette per Boyhood (dato per grande concorrente di Birdman) sono i migliori interpreti non protagonisti. The Imitation Game si è accontentato (cara grazia) della migliore sceneggiatura non originale, come Interstellar dei migliori effetti speciali. Selma, la strada per la libertà è salita agli onori solo per la miglior canzone, Glory, mentre Big hero six ha sbaragliato l'animazione. La categoria che l'anno scorso ha incoronato Paolo Sorrentino con La grande bellezza è andata all'intenso Ida di Pawel Pawlikowski, anche se spiace per Timbuktu di Abderramane Sissako, vera lezione di pacifismo religioso. American sniper di Clint Eastwood è stato messo alle corde con il riconoscimento per il montaggio sonoro e si è scatenata la bagarre tra chi accusa l'Academy di essere un covo di sinistroidi, incapaci di giudicare il talento, e chi la difende.
Intanto una nuova stelletta è andata alla nostra eccellenza nel pensare gli abiti: alle livree violacee, bordate di rosso del direttore e del Lobby boy di Grand Budapest Hotel (che si è aggiudicato anche la migliore scenografia, il miglior trucco e acconciatura e la miglior colonna sonora). All'aspetto diabolico e acetato dei cattivoni (Adrien Brody compreso), allo stile belle époque della centenaria Tilda Swinton, nobildonna dagli abiti principeschi e il viso incartapecorito.
Canonero ricevette il primo Oscar grazie a Kubrick nel 1976 per Barry Lyndon e in questi 39 anni ha collezionato altre due statuette per Momenti di gloria di Hugh Hudson (1982) e Marie Antoinette (2007) di Sophia Coppola. La lista dei mostri sacri per cui ha usato le sue forbici suscita timore reverenziale: Alan Parker, Francis Ford Coppola, Sidney Pollack, Warren Beatty, Louis Mall, Manoel de Oliveira, Roman Polanski. Con Wes Anderson la costumista italiana è alla sua terza collaborazione dopo Le avventure acquatiche di Steve Zissou e Il treno per il Darjeeling. Per la sua perfezione nei dettagli e per la inventiva senza inibizioni, pur in un rigore formale costante, Canonero ha avuto nove nomination (tra cui, La mia Africa, Dick Tracy, Tucker, Titus, L'intrigo della collana). Più di tutti gli altri colleghi italiani che pure hanno un posto speciale a Hollywood. Pietro Gherardi ha avuto due statuette ( e tre nomination) per La dolce vita (1962) e 8 e ½ (1964). Danilo Donati ne ebbe altrettante (e cinque nomination) per Romeo e Giulietta (1969) e Il casanova (1977). Donati lavorava per la celeberrima sartoria Farani che concepiva una rivisitazione fantasiosa dei costumi e serviva l'onirismo di Fellini, Pasolini e Zeffirelli. Tra le allieve della sartoria Farani c'è anche Franca Squarciapino, premio Oscar nel 1991 per i costumi di Cyrano de Bergerac. Più filologico, invece, l'atelier Tirelli, e a cui erano affezionati Scorsese e Visconti e in cui lavorava il maestro del realismo Piero Tosi. Con quest'ultimo ha collaborato Gabriella Pescucci che nel 1994 è stata premiata per L'età dell'innocenza. A salire agli allori a Hollywood è stato anche Vittorio Nino Novarese per Cleopatra (1964) e Cromwell - Nel suo pugno la forza di un popolo (1971).
Nemmeno una parola è stata spesa per Francesco Rosi, scomparso il 15 gennaio scorso, che ha riempito la sua casa di Leoni, Orsi, Palme, David, Nastri, ma di omini dorati glabri nulla.
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