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Se Tsipras vive il «Monti moment»

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il piano greco

Se Tsipras vive il «Monti moment»

Può sorprendere, ma quello che Alexis Tsipras sta per affrontare è un “Monti-moment”: il tentativo di scuotere le incrostazioni e abitudini secolari di un Paese in pochi mesi, con le sole proprie forze e in un quadro economico fragile. L'esperienza italiana del 2012 ha dimostrato quanto ciò sia difficile e politicamente ingrato. Ma i partner europei hanno deciso di far finta che ciò che è razionale sia anche reale.

Dopo che il negoziato all'Eurogruppo si è concluso con la dura riaffermazione del programma politico-economico già fissato per Atene, il nuovo governo greco ha dovuto inviare a Bruxelles una lista di riforme che sposta il fronte politico greco dall'Europa all'interno del Paese.
Tsipras vuole combattere non più Berlino e la Troika, ma l'evasione fiscale degli oligarchi, la corruzione degli amministratori locali, il trasferimento all'estero dei capitali, le facilitazioni fiscali dei commerci di materie prime, il contrabbando di energia, l'economia sommersa e gli altri caratteri della società greca che ne frenano lo sviluppo e la rendono così ingiusta da aver reso necessarie contromisure assistenziali che nei decenni hanno reso incontrollabile la spesa pubblica.

Esiste nella letteratura economica una mole di studi, talvolta sbrigativi, in cui si fa corrispondere l'arretratezza economica e tecnologica di un Paese alla debolezza delle sue istituzioni.
Oltre alla sostanza logica, c'è però anche un'implicazione ideologica: è il ragionamento secondo cui le economie deboli sono il riflesso di società disordinate che fa dire che la loro voce politica ha minor diritto di essere ascoltata e rispettata quando si confronta con le voci dei Paesi più forti.
Nel ragionamento dell'Eurogruppo c'è una contraddizione: in Paesi in cui le istituzioni funzionano male, la giustizia è carente, o la pubblica amministrazione è inefficiente, perché le riforme funzionino è indispensabile che ci sia almeno il consenso della popolazione. Come si è visto negli anni passati in Italia e non solo, in condizioni di depressione economica questo è particolarmente difficile, l'economia tende ad avvitarsi.
Nemmeno Tsipras ha una maggioranza parlamentare solida, il suo partito, Syriza, è una coalizione che in passato non è riuscita a compattare le sue componenti, inoltre l'alleato di governo è del tutto disomogeneo ideologicamente. Ora che il fronte politico interno torna a prevalere su quello anti-europeo, la distinzione destra-sinistra potrebbe rendere fragile l'alleanza tra Syriza e i Greci Indipendenti. La pressione fiscale, in particolare, farà aumentare la fuga dei capitali.

L'Eurogruppo sottovaluta le difficoltà di Tsipras. Ha solo concesso più flessibilità sul bilancio pubblico di quest'anno. Ma ben poco ha proposto come aiuto alla crescita dell'economia greca. La sfiducia è evidente: l'estensione del programma di quattro mesi, anziché sei, fa sì che Atene debba negoziare il nuovo programma entro giugno proprio quando sarà in condizione di fragilità negoziale perché dovrà ripagare i prestiti della Bce senza i quali è fuori dall'euro. La stessa lista delle riforme è soggetta come prima ad approvazione della ex-Troika anche se almeno i testi di legge non saranno più scritti a Washington o a Bruxelles. Ogni esborso degli aiuti europei dipenderà dal via libera che Ue-Bce-Fmi daranno in ragione del grado di adempimento al programma (ex-programma...). I problemi di cash-flow per lo Stato greco restano inalterati e sotto questa pressione il Parlamento di Atene deve tradurre le riforme concordate in leggi entro fine aprile. L'esemplificazione dello squilibrio politico si è avuta venerdì quando il ministro delle Finanze tedesco Schäuble ha telefonato al leader socialdemocratico Gabriel per assicurare l'approvazione del Bundestag al pacchetto greco, mentre ad Atene il partito di maggioranza si lacerava.

Tsipras ha certamente sbagliato strategia fin dall'inizio nel trattare in modo antagonistico e unilaterale con i partner europei. È difficile inoltre dire che le condizioni che sono state imposte ad Atene non siano politicamente giustificate nell'ottica del confronto democratico europeo. In fondo, mi è stato fatto notare, la decisione dell'Eurogruppo è frutto di un voto a maggioranza tra i governi e il dibattito europeo che ha accompagnato la decisione si è orientato lungo l'asse convenzionale destra-sinistra, con la prevalenza, anche in questo caso secondo il principio della maggioranza, della parte conservatrice che governa attualmente molte capitali europee. Tuttavia, la democrazia non è il dominio della maggioranza sulla minoranza, nemmeno quando questa è rappresentata da un Paese un po' disordinato o molto indisciplinato. La sfiducia non può essere l'unica base della convivenza.

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