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Come disintossicarci dagli eccessi dell’Età del Combustibile Fossile

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IL FUTURO DEL PIANETA

Come disintossicarci dagli eccessi dell’Età del Combustibile Fossile

I nostri antenati sono vissuti in epoche che chiamiamo Età della Pietra, Età del Bronzo ed Età del Ferro. La nostra è l'Età del Combustibile Fossile. L'energia che estraiamo dalle riserve di luce solare fossilizzata del nostro pianeta ha sparso abbondanza (iniquamente distribuita) sul genere umano. Continuerà così? Siamo in grado di gestire il suo impatto sull'ambiente? Le risposte a queste domande decideranno il futuro della nostra complessa civiltà globale.

Come sempre l'Energy Outlook della BP lascia intravedere un possibile futuro. Le sue previsioni saranno sicuramente sbagliate, però ci mostrano quella che persone bene informate che lavorano nel cuore dell'industria del petrolio e del gas considerano «la traiettoria verosimile dei mercati dell'energia globale di qui al 2035». Il rapporto illustra cinque tesi importanti su un futuro plausibile del settore energetico.

La prima è che il Pil mondiale per il 2035 sarà cresciuto del 115 per cento; oltre il 60 per cento di questo incremento secondo le previsioni dovrebbe arrivare dalle economie asiatiche emergenti, in primo luogo Cina e India.

Il fattore primario dell'aumento del Pil mondiale dovrebbe essere un balzo in avanti del 75 per cento del Pil medio reale pro capite mondiale, man mano che le economie emergenti colmeranno il divario di ricchezza con i Paesi ad alto reddito. La crescita della popolazione gioca un ruolo nettamente più marginale: non è il numero di persone che traina la domanda di energia commerciale, ma la ricchezza delle persone.

La seconda tesi è che i consumi di energia, per effetto del rapido incremento dell'efficienza energetica, dovrebbero crescere solo del 37 per cento, molto meno dell'aumento della produzione di beni reali e servizi.

La terza tesi è che le emissioni di anidride carbonica cresceranno del 25 per cento, al ritmo di circa l'1 per cento annuo. Per quanto riguarda il collegamento tra produzione ed emissioni, è un risultato straordinario. Ma se si considera che le emissioni dobbiamo ridurle per avere una chance di limitare l'aumento delle temperature medie a livello mondiale a non più di 2 gradi centigradi, è assolutamente inadeguato. In questo modo nel 2035 le emissioni di anidride carbonica sarebbero 18 miliardi di tonnellate al di sopra dei livelli ipotizzati nello «scenario 450» dell'Agenzia internazionale dell'energia. Lo scenario 450 punta a limitare la concentrazione di gas a effetto serra all'equivalente di circa 450 parti per milione di anidride carbonica. Se si vuole raggiungere questo obbiettivo, dovrà succedere qualcosa di molto più drastico.

La quarta tesi è che la crescita relativamente contenuta delle emissioni sarà dovuta ai miglioramenti dell'efficienza energetica più che alle variazioni nel mix dei combustibili, e questo nonostante il sostanziale aumento dell'uso delle rinnovabili. Tra il 2013 e il 2035 è prevista una crescita della produzione di energie rinnovabili del 320 per cento, ma anche così la loro quota nella produzione di energia primaria salirà dal 2,6 al 6,7 per cento soltanto. Mettendo nel conto anche l'energia idroelettrica e l'energia nucleare la crescita sarà dal 9 al 19 per cento. Insomma, la previsione è che l'Età del Combustibile Fossile proseguirà.

La quinta tesi è che la rivoluzione nella produzione di gas e petrolio di scisto continuerà, arrivando a rappresentare circa il 10 per cento della produzione di energia primaria. Un risultato importante di questa rivoluzione saranno i cambiamenti rilevanti che porterà nella struttura degli scambi commerciali. Gli Stati Uniti, che nel 2005 erano importatori netti per 12 milioni di barili al giorno, nel 2035 diventerebbero esportatori netti. Nel frattempo, la Cina, che all'inizio degli anni Zero era autosufficiente, nel 2035 diventerebbe importatrice netta per oltre 13 milioni di barili al giorno, e l'India per circa 7 milioni. Spostamenti dei flussi commerciali di questa portata hanno implicazioni geopolitiche enormi.

Sarebbe sbagliato descrivere queste previsioni come un semplice proseguimento dello status quo: in realtà implicano un incremento dell'efficienza energetica più rapido di quello che si è avuto tra il 2000 e il 2013. È vero però che non si tratta di cambiamenti radicali: il mondo continuerebbe a fare larghissimo affidamento sui combustibili ed emetterebbe quantità di gas serra ancora maggiori. È possibile fare di meglio?

Io parto dal presupposto che l'umanità aspirerà a raggiungere, e spesso ci riuscirà, il livello di prosperità che nei Paesi ricchi ormai diamo per scontato. Ecco perché abbiamo bisogno di una rivoluzione tecnologica accelerata. Il mese scorso, al Forum sull'energia di Oslo, ho sentito Amory Lovins, del Rocky Mountain Institute, descrivere proprio una rivoluzione di questo tipo. Lovins sosteneva, per esempio, che il prodotto interno lordo degli Stati Uniti nel 2050 potrebbe essere due volte e mezzo superiore a quello odierno anche se il Paese smettesse completamente di usare energia derivata dal petrolio, dal carbone e dal nucleare, e riducesse di un terzo l'uso del gas naturale. Questo vorrebbe dire emissioni di anidride carbonica pari ad appena un quinto del livello attuale. Inoltre, sosteneva Lovins, a trainare la rivoluzione potrebbero bastare anche soltanto le forze di mercato, tenuto conto della crescente superiorità economica delle nuove tecnologie: forse sarebbe possibile arrestare l'aumento delle emissioni di anidride carbonica senza bisogno di nessuna misura politica.

Il senso del rapporto della Bp (non è una sorpresa, probabilmente, considerando che la Bp è un produttore di combustibili fossili) è che una rivoluzione così rapida e radicale difficilmente avverrà per effetto delle forze di mercato. Gli ostacoli presunti sono tanti: i costi, i limiti della tecnologia, la lentezza del ricambio dei capitali, l'incapacità di applicare politiche uniformi a livello globale e l'inerzia naturale. Per farla breve, sono del parere che riguardo agli ostacoli la Bp abbia ragione. Lovins però potrebbe aver ragione per quanto riguarda le opportunità, ma soltanto a patto che i Governi gli diano una grossa spinta.

Se i Governi riuscissero ad accordarsi per applicare una tassa sulle emissioni, darebbero un grande impulso in direzione di un futuro energetico più efficiente e meno inquinante. I Governi dovrebbero investire massicciamente nella scienza di base e nelle nuove tecnologie. Infine, potrebbero contribuire alla diffusione delle nuove tecnologie all'estero e contribuire a finanziarne l'adozione entro i loro confini. Con questa spinta, le normali forze di mercato dovrebbero riuscire a trainare l'economia mondiale verso un futuro più sostenibile.

La povertà di massa non è un'opzione praticabile. Ma non è un'opzione praticabile neppure giocare d'azzardo con il clima alzando sempre più la posta. La rotta giusta deve stare necessariamente nel mezzo, e per imboccare questa rotta dobbiamo disintossicarci dagli eccessi dell'Età del Combustibile Fossile. È una sfida da far tremare i polsi: ma è una sfida che dobbiamo vincere, per il bene dei nostri figli.
© The Financial Times Ltd 2015
(Traduzione di Fabio Galimberti)

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