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Le ragioni inascoltate della manifattura

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politica e industria

Le ragioni inascoltate della manifattura

La fortuna offre l'occasione ma è la virtù che la sfrutta. Il premier Matteo Renzi conosce bene il senso della dottrina politica del suo Grande Concittadino Niccolò Machiavelli. Finora ha gestito una fase di svolta dell'economia indotta da fattori esterni - primo tra tutti l'azione della Bce - ; ha saputo sfruttare al meglio l'impatto innovatore del “racconto” della volontà riformista per modificare le aspettative, volontà corroborata da alcune scelte importanti, come il Jobs act, e da alcune ancora di là da venire; ha ottenuto la benevolenza di un'Europa che ha cambiato atteggiamento e stella polare.

Ha scelto di applicare una cura da pronto soccorso sociale ed elettorale culminata con gli 80 euro. Ha introdotto sgravi (triennali) sui contratti a tempo indeterminato. Ha rifinanziato gli incentivi per gli acquisti di macchinari e ridotto moderatamente l'Irap.
Le scelte di breve corso, e ad alto costo, erano state da subito affiancate da annunci di programmi a lungo termine per evitare l'effetto del fuoco di paglia delle politiche pubbliche. Ma il segnale, ai limiti della gaffe, sullo slittamento della riforma della scuola e una certa confusione strategica sulle modalità con cui far attecchire in Italia la banda ultralarga, cruciale per il rilancio dell'economia come lo fu l'Autostrada del sole ai tempi del miracolo economico, non aiutano a pensare che quel risultato sia raggiunto

La riforma della scuola non è solo - come dice Renzi - la riforma più importante per i nostri figli e per la crescita del Paese, ma è anche un segnale di modernizzazione per gli attori dell'economia che aspettano da sempre la svolta meritocratica (utile al settore, ma anche come paradigma sociale per tutto il Paese) e una efficiente alternanza tra scuola e lavoro che possa finalmente “rifinire” al meglio una riforma dell'apprendistato arrivata tardi, ma finalmente arrivata.

Dare voce alle richieste di modernizzazione che provengono dalla manifattura e dalla parte produttiva del Paese è il modo più efficace per far volare il calabrone-Italia. Servono politiche dei fattori che tengano conto delle differenze tra settori (se le macchine utensili hanno indicatori di fiducia e ordinativi molto brillanti, l'edilizia resta ancora di fatto in recessione e con indici di fiducia ancora bassissimi) e sappiano cogliere le opportunità dei nuovi programmi europei per rilanciare gli investimenti. Le infrastrutture, grandi e piccole, e il riassetto “sostenibile” delle città sono l'unica via per rilanciare la domanda interna ancora praticamente congelata.

Un rilancio che passa anche da una riduzione strutturale del costo del lavoro, da politiche automatiche di incentivazione dell'innovazione (credito d'imposta facile e generalizzato), da una revisione globale degli incentivi in tema di energia senza dimenticare il disboscamento della iper-burocrazia e la riduzione della discrezionalità nei contenziosi di fronte ai giudici. È vero, per stare ancora a Machiavelli, che «governare è far credere», ma lo stato dell'economia oggi non ammette bluff .

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