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L'Italicum, Grillo, Salvini e il cavallo di Troia di Pluto

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PRO E CONTRO DELLA riforma elettorale

L'Italicum, Grillo, Salvini e il cavallo di Troia di Pluto

Domenica scorsa sul Sole 24 Ore Luca Ricolfi ha sollevato il dubbio che l'Italicum possa produrre esiti «irrazionali». L'esempio fatto è quello di una possibile vittoria di Grillo alle prossime elezioni. La sua tesi è molto semplice: se al ballottaggio la scelta fosse tra Renzi e Pluto, cioè il Grillo di Ricolfi, potrebbe vincere Pluto perché una quota sostanziosa di elettori di Berlusconi preferirebbero votare Pluto invece di Topolino, cioè Renzi.

La questione è importante e merita un approfondimento. L'esito che Ricolfi paventa si è effettivamente materializzato. A Parma nel 2012 e a Livorno nel 2014 nella corsa a sindaco è andata proprio così.
Al ballottaggio i candidati del Pd, che erano in testa al primo turno, sono stati sconfitti dal candidato del M5s. Pizzarotti a Parma e Nogarin a Livorno sono diventati sindaci grazie ai voti di molti elettori di Forza Italia e non solo. Ipotizzare però che questo scenario possa ripetersi a livello nazionale è azzardato per tre motivi.

Il primo è che Pizzarotti e Nogarin erano due candidati veri. Grillo no. La sfida Renzi-Grillo non ci sarà. Potrebbe esserci quella tra Renzi e una controfigura di Grillo. Ma chi? Renzi poi non è un candidato «qualsiasi» come lo erano gli avversari di Pizzarotti e di Nogarin. Insomma con questo sistema contano i candidati: vincono i buoni candidati, non Pluto. Certo, ragionando per ipotesi astratte si può anche immaginare che da oggi al giorno delle elezioni la popolarità del premier sia diminuita talmente da rendere competitivo anche un candidato qualunque. Ma in questo caso non sarà il sistema elettorale il fattore cui addebitare la eventuale sconfitta di Renzi.

Il secondo motivo riguarda la distribuzione delle preferenze degli elettori. Nel sondaggio Cise-Sole24ore del novembre 2014 è stato chiesto agli intervistati di indicare su una scala da 0 a 10 la probabilità di votare in un futuro indeterminato per i vari partiti presenti sulla nostra scena politica. Questo indicatore, molto utilizzato negli studi elettorali in Europa con la sigla PTV, misura la «propensione al voto». I partiti che ottengono un punteggio da 0 a 4 sono considerati partiti che gli elettori non prendono in considerazione come possibili destinatari del loro voto. Solo i partiti con un punteggio da 6 a 10 sono classificati come possibili alternative di voto.
Come si vede nella tabella in pagina questi dati ci dicono che all'interno dell'elettorato potenziale di Forza Italia il 20% sarebbe propenso a votare per il M5s contro il 36% che invece prende in considerazione di votare Pd. Nel caso invece della Lega Nord il 23% del potenziale elettorato leghista si dichiara disposto a votare il M5s mentre il 32% il Pd. In sintesi, sono molti di più gli elettori potenziali di Forza Italia, e addirittura della Lega Nord, che prendono in considerazione l'idea di votare Pd che quelli propensi a votare M5s. Insomma il bacino del Pd di Renzi è più largo di quello del M5s per cui non si vede proprio come l'ipotesi di Ricolfi si possa materializzare in condizioni normali. In altre parole, dato questo quadro, non è affatto probabile che al ballottaggio il candidato del M5s possa raccogliere tanti voti da Forza Italia e Lega Nord da poter ribaltare il risultato del primo turno. A ulteriore conferma di ciò, aggiungiamo un altro dato. A livello dell'intero campione risulta che per il 70% degli intervistati è poco probabile un voto per il M5s contro il 47% che dichiara la stessa cosa per il Pd.

Il terzo motivo che rende improbabile l'avverarsi dell'ipotesi di Ricolfi è di natura istituzionale. Facciamo un esempio. Supponiamo che il Pd di Renzi prenda il 35% dei voti al primo turno contro il 20% del secondo arrivato, il candidato del M5s. Se, grazie ai voti di Forza Italia e della Lega Nord il M5s vincesse, sia Forza Italia che la Lega Nord otterrebbero meno seggi di quanti potrebbe avere nel caso in cui vincesse Renzi. Infatti al M5s andrebbero 340 seggi e i restanti 277 sarebbero divisi tra i perdenti uno dei quali - il Pd- con il 35% dei voti. Se invece vincesse Renzi i 277 seggi destinati ai perdenti verrebbero divisi con un M5s con il 20% dei voti. In sintesi, in uno scenario del genere, a Forza Italia e Lega Nord conviene che il M5s perda. Avrebbero più seggi perché dovrebbero spartirli con un partito che ha il 20% dei voti e non con uno che ne ha il 35%. Tutto ciò perché l'Italicum prevede che i seggi destinati ai perdenti siano assegnati sulla base dei risultati ottenuti al primo turno. In politica tutto è possibile. Soprattutto di questi tempi caratterizzati da una massa imponente di elettori spaesati e fluttuanti. Ma di una cosa siamo relativamente certi. L'Italicum non sarà il cavallo di Troia di Grillo o di Salvini.

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