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Con Gm prospettive serie

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Con Gm prospettive serie

«Un'alleanza con General Motors o con Ford è tecnicamente possibile». È così che Sergio Marchionne ha risposto ieri a chi gli chiedeva se sia possibile un matrimonio di Fiat Chrysler con una delle due grandi case di Detroit .

È stato niente più di un accenno, ma il mercato lo ha preso sul serio: il titolo Fca è salito di quasi il 2%, portando al 21% il guadagno dell'ultimo mese, un record che nessun altro concorrente può vantare. Soprattutto se si pensa che, per quanto positivi, i risultati di vendita di febbraio annunciati da Fiat Chrysler solo il 3 marzo scorso, si sono attestati ben al di sotto delle previsioni degli analisti. La Borsa di solito non perdona chi manca gli obiettivi, ma Fca è stato l'unico titolo del comparto auto a non risentirne affatto. Risultato: negli ultimi 12 mesi le azioni Fca hanno guadagnato più del 101% a fronte di un modestissimo rialzo del 10% dell'indice-guida S&P 500. Per non parlare del confronto con i concorrenti, cominciando prprio dalle due case americane indicate ieri da Marchionne come le possibili partner di una fusione: Gm è salita dell'1,7% in 12 mesi e Ford del 5,2%, una miseria al confronto con la performance della casa italiana.

Se si vuole dunque capire non solo perchè Marchionne ha cominciato a svelare i nomi dei possibili partner di Fca, ma anche le ragioni che spingono il mercato finanziario a scommettere così tanto sul futuro del gruppo, bisogna guardare in direzioni diverse da quelle valgono per gli altri. In due sole parole, alle operazioni straordinarie. Anche se l'ex gruppo torinese ha fatto importanti passi avanti nello sviluppo e nel lancio dei nuovi modelli e continua a beneficiare del successo della Jeep negli Usa e su ogni altro mercato, non c'è dubbio che il valore raggiunto dall'azienda - circa 20 miliardi di euro in capitalizzazione - rifletta oggi solo in minima parte la componente vendite, utili e prospettive industriali.

Il mercato compra infatti Fca essenzialmente per due motivi: il primo è l'imminente spin-off della Ferrari agli azionisti Fca e la quotazione separata del suo titolo a Wall Street, operazione che potrebbe generare un valore ben superiore ai 7 miliardi di euro come ha ammesso ieri lo stesso top manager del Lingotto (oggi si parla di circa 12 miliardi di euro); il secondo, la certezza che subito dopo lo spin-off della Ferrari, il cui controllo passerà sotto Exor, Fiat-Fca sarà in grado con le risorse incassate di ridurre il peso del debito che gli grava sui conti: a fine 2014 era di circa 7,7 miliardi, ma per il 2015 si prevede (senza operazione Ferrari) un indebitamento di oltre 10 miliardi di euro, un carico eccessivo sotto ogni profilo. Queste due operazioni sono ritenute necessarie non tanto per la salute finanziaria dell'azienda, quanto per compiere la mossa decisiva: l'aggregazione tra Fiat-Chrysler (senza Ferrari) e un grande concorrente globale.

Da anni - e soprattutto da quando Fca ha spostato la propria sede legale e fiscale tra Londra e Amsterdam - l'attesa di questa mossa sostiene la corsa del titolo Fiat. E Marchionne è stato un vero maestro nel dosare il timing e la quantità delle informazioni da fornire al mercato. Prima dell'apertura di ieri a un matrimonio con Gm o Ford, Marchionne aveva infatti stimolato abilmente l'interesse della Borsa sul futuro di Fca con una frase sibillina all'Auto Show di Detroit nel gennaio scorso: «Per Fiat - disse Marchionne - è necessario trovare un terzo compagno di viaggio dopo Chrysler». Per non spegnere la cavalcata del titolo e prolungare l'interesse degli investitori, ecco dunque arrivare ieri il nuovo tassello del puzzle. Alla domanda di un giornalista, Marchionne ha risposto che il candidato giusto non è un europeo, meno che mai un tedesco, e dei cinesi non ha neppure parlato: «Non credo - ha spiegato il manager - che il rapporto ideale sia con un partner che abbia una forte presenza in Europa. La strategia è trovare una soluzione stabile e permanente allo sviluppo industriale dell'auto a livello internazionale.

Bisogna far fronte al problema delle spese elevate, la domanda che dobbiamo porci è come riuscire a contenere il consumo di capitale». E qui arriviamo a General Motors. Chi più di Gm, un colosso globale che in Europa soffre la concorrenza tedesca e francese, ha oggi tanta cassa e azioni proprie da poter finanziare non solo gli investimenti industriali, ma anche un'eventuale acquisizione di Fca? Da mesi si dice dietro le quinte del Lingotto, che proprio General Motors (e certamente non la Ford) sarà il punto di arrivo della strategia di Marchionne e degli eredi Agnelli per dare un nuovo futuro alla Fiat: Gm è non soltanto il primo gruppo automobilistico americano e il più bisognoso di maggiore massa critica in Europa, ma è anche il gruppo con i legami più forti con il Governo americano, che è ancora azionista della casa dopo la bancarotta del 2009.

Ebbene, l'idea di un'aggregazione tra Gm e Chrysler era stata presa in considerazione sei anni fa proprio dall'amministrazione Obama, che prima di lanciare il piano di salvataggio delle le due case in bancarotta aveva accarezzato l'idea di fonderle e di investirci per creare un nuovo “campione nazionale”. Poi si fece avanti la Fiat e la ristrutturazione della Chrysler fu affidata a Marchionne. Oggi il quadro è cambiato: non solo Gm ha in cassa liquidità per 27 miliardi di dollari - di cui 5 saranno impiegati subito per un buy back delle proprie azioni - e ha urgenza di tornare a crescere sui concorrenti asiatici ed europei, ma c'è anche la stessa Chrysler che è destinata a passare di mano, come ha ribadito lo stesso Marchionne: una fusione tra le due società, con il ritorno di una Chrysler risanata e competitiva sotto la bandiera americana e con l'apporto di una Fca non gravata dal debito attuale, è un'idea che piace a tutti, a Washington e a Wall Street. Piace al Governo americano in carica ma uscente, e piace soprattutto al neo-eletto parlamento a maggioranza repubblicana, che sul nazionalismo industriale e sul «buy american» ha costruito l'ultima campagna americana.

Senza contare un altro aspetto «strategico»: se Gm non si fa avanti e Marchionne, come dice, non vuole vendere Chrysler Fiat a un'europeo, gli unici acquirenti che restano sono i cinesi o la Toyota. Poichè i giapponesi non sembrano avere grandi necessità di mosse strategiche, resta solo la Cina: una Chrysler cinese è un'ipotesi inconcepibile per Washington. Ecco dunque perchè Marchionne ha citato ieri proprio la Gm. Senza contare un altro fatto: Fiat e Gm si conoscono già molto bene, visto che tra il 2000 e il 2005 tentarono già una volta di fondersi. Il progetto naufragò 10 anni fa sotto i colpi della recessione americana e della lunga crisi mondiale dell'auto, ma la restituzione delle rispettive azioni non ruppe i legami industriali tra le due aziende. Anche dopo la rottura del 2005, Gm ha continuato infatti a usare alcune tecnologie diesel Fiat e ha rilevato una quota del 50% dello stabilimento polacco

di Bielsko Biala, dove si producono motori diesel 1 di piccola cilindrata. Gm ha inoltre condiviso con Fiat la proprietà della tecnologia del motore Jtd, continuando ad avvalersi in Europa dei motori prodotti nello stabilimento Fiat di Pratola Serra. Quale azienda si presenta oggi in una posizione migliore per un legame con Fca? I prossimi mesi saranno dunque decisivi per il futuro di Fca. E la Borsa scommette oggi proprio su questo.

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