Commenti

Il mini-euro scuote la Fed

  • Abbonati
  • Accedi
GLI STATI UNITI

Il mini-euro scuote la Fed

Non sappiamo quali saranno gli effetti sulla crescita e sull'inflazione della politica monetaria quantitativa, avviata lunedì dalla Banca centrale europea (Bce). Ma sappiamo che un effetto transatlantico è stato già ottenuto: negli Stati Uniti si sono accorti che l'euro esiste. La sua dinamica, anzi, potrebbe giocare un ruolo nella partita sempre più accesa che si sta giocando nella Banca centrale americana (Fed), tra colombe e falchi, su quale dovrà essere il profilo dei tassi di interesse nei prossimi mesi.

Dallo scorso lunedì, l'avvio delle operazioni in titoli pubblici della Bce e delle banche centrali nazionali dei Paesi euro ha provocato due effetti finanziari, attesi ma non per questo meno rilevanti.
Da un lato, i tassi di interesse sui titoli sovrani europei hanno registrato una generale flessione, facendo prospettare tra l'altro un ampliamento dei rendimenti negativi su tali titoli. Dall'altro lato, il tasso di cambio nei confronti del dollaro si è ulteriormente indebolito, con una generale attesa di un raggiungimento della parità, evento registratosi l'ultima volta nel novembre 2002.

Il robusto rafforzamento del dollaro arriva negli Stati Uniti in un momento in cui la partita che si sta giocando tra falchi e colombe sulle decisioni di politica monetaria è particolarmente delicata. L'argomento centrale è quello delle regole sui tassi di interesse che la Fed dovrebbe seguire. Finora sul tema si erano coagulati quattro raggruppamenti: le colombe radicali, favorevoli a un ritorno a regole monetarie, ma per confermare in pieno il tono espansivo della politica monetaria; le colombe moderate, refrattarie alle regole, in modo da mantenere la piena discrezionalità nel modificare o meno il tono espansivo; i falchi moderati, non ossessionati dal ritorno delle regole, ma piuttosto dalla fine della espansione monetaria; i falchi radicali, favorevoli a un ripristino delle regole monetarie, per avvalorare l' immediato l'innalzamento dei tassi di interesse.

La partenza dell'espansione monetaria quantitativa in Europa sta contribuendo alla bipolarizzazione della contesa. Finché Europa e Stati Uniti continueranno a condividere i due pilastri che hanno caratterizzato il regime monetario prima, durante e dopo la crisi – tassi flessibili e mobilità dei capitali – le due regioni avranno politiche monetarie che da un lato sono definite in modo indipendente, dall'altro sono fortemente interconnesse, nel senso che ciascuna può potenzialmente influire sulle performance macroeconomiche dell'altra regione.

In generale, sono le decisioni della politica monetaria americana quelle rilevanti, e così continuerà a essere finché il dollaro sarà la moneta dominante che regola i quattro quinti di tutte le transazioni mondiali (mentre il peso americano sul mercato mondiale è “solo” di un quinto).
E anche in questo caso la dinamica dell'euro debole è rilevante perché si sta accendendo il dibattito sulle decisioni che la Fed dovrà prendere.
L'euro-debolezza diventa un fattore rilevante per le colombe nella misura in cui lo si ritiene un fenomeno permanente: più l'euro-debolezza continuerà, più aumenta il rischio che un rallentamento della crescita economica e della dinamica dei prezzi possa colpire nuovamente l'economia americana.

Più questo rischio è alto, più significa che l'interdipendenza tra Europa e Stati Uniti è rilevante, più aumentano le ragioni di chi non vuole arrestare lo stato espansivo della politica monetaria della Fed (le colombe radicali) o almeno ne vuole posticipare la fine (le colombe moderate). Per cui, l'inizio di un innalzamento dei tassi deve essere posticipato alla fine dell'estate 2015, e comunque la risalita deve essere dolce, quasi impercettibile, almeno fino alle elezioni presidenziali dell'autunno 2016.

Al contrario, l'euro-debolezza non è argomento da tenere sul tavolo per i falchi, che considerano il fenomeno transitorio e quindi – o anche – secondario.
Dunque l'euro-debolezza non può condizionare le scelte della politica monetaria statunitense, al massimo confermarle. Quello che conta è la robustezza della ripresa economica americana, che ormai la quasi totalità degli indicatori interni segnalano. Dunque occorre anticipare il rialzo dei tassi di interesse (falchi moderati), meglio ancora se nell'alveo di un ripristino delle regole standard di politica monetaria (falchi radicali).
Chi vincerà? In questa fase, senz'altro l'Europa. La scelta gradita alle colombe, vale a dire una manovra di uscita dall'espansione monetaria ritardata o morbida, difficilmente sarà tale da creare contraccolpi negativi sulle scelte della Bce, anzi le potrebbe rafforzare, quasi in una gara a chi «è più espansivo».

La scelta auspicata dai falchi di avviare una restrizione monetaria, magari anche decisa, sarebbe solo un automatico e ulteriore sostegno ai possibili effetti positive dell'euro-debolezza per l'economia europea. Una volta tanto, almeno nel breve periodo, tra i due litiganti americani sarebbe un terzo - europeo - a poter godere.

© Riproduzione riservata