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Gli economisti «vedono» la ripresa mondiale

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Il dibattito. L'ottimismo degli addetti ai lavori

Gli economisti «vedono» la ripresa mondiale

Jim O'Neill, ex capo economista di Goldman Sachs, è ottimista sulla crescita dell'economia mondiale, che nel periodo dal 2011 al 2020 crescerà del 4,1%, molto di più del precedente decennio pari a 3,4 per cento. «La situazione sta andando molto meglio di quanto crediamo o percepiamo – ha detto O'Neill durante la prima giornata dei lavori del Workshop Ambrosetti in corso a Cernobbio sugli scenari dell'economia e la finanza - gli Stati Uniti cresceranno di un robusto 2,5%, l'eurozona dell'1,5%, il Giappone dell'1% e la Cina del 7,5%». «Ma in questo quadro positivo Brasile, Russia e Europa cresceranno meno della loro potenzialità. Soprattutto – ha proseguito l'ex economista di Goldman Sachs - l'Europa è ancora una grande delusione per gli analisti. La Cina, invece non è deludente perché sta migliorando la qualità della sua crescita e questo è un bene per Pechino». Senza dimenticare che la Cina – ha concluso O'Neill - «è il paese che dà il più grande contributo alla crescita globale, più degli Stati Uniti».

«In questo quadro economico di miglioramento, - ha detto Valerio De Molli, Managing Partner, di The European House – Ambrosetti nella sua prolusione al Forum – si inserisce anche il ruolo delle aspettative, che trovano espressione, tra gli altri, nell'Anbrosetti Club economic indicator. Un dato in forte controtendenza rispetto al passato è quello sulle aspettative degli imprenditori membri del club Ambrosetti sul mercato del mercato del lavoro. Per la prima volta l'indicatore delle aspettative sull'occupazione restituisce un valore positivo dopo sette trimestri consecutivi di contrazione. Anche le aspettative sugli investimenti di questo stesso campione sono le più alte da quando l'indicatore è stato creato».

Anche l'economista americano Nouriel Roubini, notoriamente pessimista, complessivamente è stato per una volta ottimista e ha indicato di vedere il bicchiere mezzo pieno. I motivi sono noti: basso prezzo del petrolio, tassi di interesse ai minimi, euro in calo e verso la parità con il dollaro. Roubini anche quando si tratta di Grecia, non è stato così preoccupato. Ecco perché: lo scenario apocalittico che immagina se il paese esce dalla zona euro è così desolante per l'intera area che i responsabili politici sia ad Atene che in tutta Europa non potranno mai lasciare che ciò accada. «È vero che altri analisti stanno speculando che la Germania e in altri paesi dell'Unione europea siano più disposti oggi ad un'uscita della Grecia dall'euro, ma io non la penso così», ha detto Roubini. Roubini, che insegna alla Stern School of Business della New York Universit, ha ribadito che «non vede il pericolo di un'uscita della Grecia perché ci sarebbe un forte contagio». Roubini si è detto preoccupato perché «in Italia ci sono due partiti populisti molto forti, e il governo Renzi deve dimostrare se riuscirà a portare a termine le riforme strutturali promesse, mentre in Francia c'è il movimento di Le Pen molto agguerrito».

Più in generale Roubini ha parlato di un problema di sostenibilità dei debiti sovrani perché, malgrado il consolidamento, continua a mancare una crescita robusta. «Le riforme strutturali nell'eurozona procedono ancora a un passo troppo lento». Quanto agli Stati Uniti «la Federal Reserve non alzerà i tassi di interesse prima di giugno o ancora meglio a settembre a causa di una crescita del prodotto interno lordo ancora troppo fragile».

Infine è stato arrivato il turno di Serge Latouche, l'economista francese della crescita sostenibile. Latouche, come era prevedibile, ha fatto il provocatore in sala ricordando che «l'attuale crescita economica globale non è sostenibile né inclusiva». L'economista francese ha ricordato che «una crescita infinita non è affatto compatibile con un pianeta finito. Inoltre l'attuale sistema di crescita indotta crea bisogni e non riesce a soddisfarli. Neppure una crescita del 2% sarebbe sostenibile nel corso dei secoli».

«Occorre imboccare la strada della frugalità, va cambiato il nostro immaginario collettivo, perché siamo entrati in un mondo di crescita senza crescita, cioè il peggiore degli incubi possibili», ha concluso provocatoriamente Latouche.

Jim O'Neill ha prontamente ribattuto alle accuse ricordando fra l'altro che le «disparità economiche e di reddito pro capite tra le nazioni sviluppate e quelle in via di sviluppo stanno diminuendo sempre di più proprio grazie ai processi di globalizzazione economica».

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