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La lezione di Parigi e Madrid

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il voto in francia e spagna/il commento

La lezione di Parigi e Madrid

C'e chi esulta perché il Front National di Marine Le Pen non è arrivato primo alle amministrative francesi. C'è chi tira il fiato perché in Spagna il bastione socialista andaluso ha tenuto e Podemos non ha sfondato ma è arrivato terzo. C'è chi dall'esito del doppio appuntamento elettorale si spinge a concludere che la carica delle formazioni euroscettiche, nazionaliste e anti-sistema, comincerebbe a perdere colpi in Europa.

Presto per dirlo. Di sicuro però i segnali arrivati da Parigi e Madrid non hanno facilitato ieri a Berlino il dialogo, già difficilissimo, tra Angela Merkel e Alexis Tzipras. Con il suo partito, la Cdu-Csu, che è tutto fuorché in odore di clemenza verso Atene, con la Spd, il partner di coalizione che a sua volta dà segni di intolleranza, con il 59% dell'opinione pubblica tedesca che ormai sogna Grexit , i margini negoziali del cancelliere nei confronti del premier greco sono più che stretti. E il responso delle urne di domenica è fatto apposta per peggiorare le cose.
In Francia la nuova umiliazione dei socialisti del presidente Francois Hollande e la vittoria (30%) del centro-destra sotto la guida dell'ex-presidente Nicolas Sarkozy, noto per la sintonia con Angela e le politiche di rigore (naturalmente per gli altri), invece di aiutare a smussare gli angoli della trattativa rischia di renderli più spigolosi.
Tanto più che la pesante sconfitta del Partido Popular di Mariano Rajoy, che è crollato da 41 al 27% in Andalusia e a fine anno dovrà affrontare le legislative, promette di renderne ancora più irremovibile il rifiuto a qualsiasi concessione alla Grecia, vista come un favore a Podemos, l'avversario da ricacciare ai margini. Non solo.
Da anni in perdita di identità politica, seguita alla scelta più o meno consapevole di schiacciarsi sulle politiche liberiste e rigoriste dei loro antagonisti storici, i popolari, oggi i socialisti stentano ad esserne concorrenti credibili. Con il risultato paradossale di ritrovarsi costretti a cannibalizzare i temi che fanno oggi il successo dei partiti anti-sistema alla loro sinistra, come lotta all'austerità, difesa del welfare state e della sicurezza dei cittadini, oppure a criminalizzare come irresponsabili le battaglie di Syriza, Podemos e simili che pure un tempo erano tutte loro.

In questo groviglio di interessi, feroci e contraddittori, dei partiti tradizionali in crisi, che si articola nella profonda contraddizione tra sensibilità e priorità nazionali allo sbando e superiore interesse collettivo europeo, il salvataggio della Grecia diventa ancora più complicato di quello che è.
A parole tutti proclamano di voler difendere l'integrità dell'euro. Nei fatti il corto circuito tra dinamiche politiche interne ed esigenze dell'economia e della finanza europea può prodursi in qualsiasi momento.
Ed è così che il dialogo tra Merkel e Tsipras diventa l'incontro-scontro tra due impossibilità contrapposte: anche se volesse, il cancelliere non può concedere molto alla Grecia perché non può ritrovarsi con la rivolta in casa. Anche se volesse, il premier ellenico senza aiuti europei non può garantire il ripagamento dei debiti per assenza di fondi. Né può rispettare alla lettera gli impegni presi dai suoi predecessori su rigore e riforme perché a sua volta scatenerebbe la rivoluzione nel suo paese allo stremo.
Non sarà facile uscire dal dilemma delle doppie impossibilità. Però tutti devono trovare il coraggio di farlo. Il tempo dell'intesa stringe e sarebbe assurdo sprecarlo quando la ripresa economica accelera e favorisce la limatura di molte asperità. Dovunque.

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