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Prodi: «Serve una politica industriale»

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IL CONVEGNO SULLA STORIA DELL’IRI

Prodi: «Serve una politica industriale»

È necessario cogliere al volo la grande occasione offerta dal Quantitative easing per aumentare il potenziale di sviluppo dell’economia italiana e puntare sul rilancio degli investimenti, privati e pubblici.

È il messaggio lanciato ieri dal governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, durante il convegno dedicato a “la storia dell’Iri e la grande impresa oggi “ tenutosi all’Accademia dei Lincei. «Vi sono, dopo molti anni di crisi,segnali di miglioramento delle condizioni macroeconomiche nell’area dell’euro e in italia» ha spiegato Visco. «La riduzione dei prezzi del petrolio - ha aggiunto-, le misure di espansione monetaria della Bce e la discesa dei tassi d’interesse, il deprezzamento del cambio dell’euro stimolano la domanda globale. Anche se non pochi rischi, interni ed esterni all’area, ne condizionano la ripresa, assistiamo a un recupero di fiducia». Ma il ritorno a tassi di crescita in grado di generare maggiori posti di lavoro, ha sottolineato il governatore, non può essere che graduale. Soprattutto «passa necessariamente per un aumento, sostenuto e consapevole, della spesa per investimenti, privati e pubblici, nazionali ed europei». Il governatore si è richiamato a un’altra occasione favorevole, che non fu pienamente colta. «Ricordiamoci del forte impulso impresso alla nostra economia, a metà degli anni Novanta, dal forte deprezzamento della lira che fece seguito all’uscita della nostra moneta dallo Sme e alle tensioni finanziarie internazionali». Quell’impulso, secondo il numero uno di Palazzo Koch, servì a sostenere le esportazioni «ma non fu utilizzato per ristrutturare con investimenti adeguati un apparato produttivo che già mostrava i sintomi della debolezza strutturale che lo avrebbe caratterizzato negli anni successivi». Fu questo, dice il governatore, lo svantaggio di cui abbiamo maggiormente sofferto entrando nell’Unione monetaria. Anche oggi, venti anni dopo, l’economia italiana fronteggia un momento non dissimile .«Il programma di acquisto di titoli pubblici migliora l’incertezza, sostiene la fiducia. Ma - avverte Visco - è destinato per sua natura a smorzarsi quando avrà raggiunto l’obiettivo di assicurare la stabilità dei prezzi così come definita nel mandato della Bce» Perciò «è questo il momento di intervenire strutturalmente sul potenziale di crescita dell’economia con strumenti che innalzino a un tempo produttività e occupazione, creando nuovo reddito e nuova domanda». Sono gli investimenti privati e in infrastrutture la variabile decisiva per il ritorno allo sviluppo. E dunque ben venga, dice Visco, il piano di investimenti annunciato dal presidente della Commissione europea, Jean Claude Juncker.«Ma sono soprattutto le imprese, manifatturiere e nei servizi di mercato che alla luce delle migliori condizioni macroeconomiche devono puntare sull’innovazione, devono accettare di misurarsi con il nuovo contesto tecnologico, affrontare la sfida di un mondo più grande e più aperto. Per questo devono crescere».

Del resto, il leit motiv dell’intero convegno è stato proprio quello dell’esigenza di affrontare la sfida dimensionale, ineludibile per le aziende italiane, anche attraverso una strategia di politica industriale più robusta e orientata al lungo termine, indispensabile per agevolare la risalita verso i livelli produttivi ante-crisi. Senza nessuna nostalgia per l’Iri che, in quanto tale, va riconsegnata alla storia (come fa in modo eccellente l’opera in sei volumi pubblicata da Laterza ) e che in termini di produttività, come ha sintetizzato ieri l’economista Pierluigi Ciocca fu «accettabile negli anni Trenta, mediocre nella guerra mondiale, discreta nella ricostruzione, eccellente nel “miracolo economico”, cattiva negli anni Settanta, buona negli anni Ottanta, pessima nei primi anni Novanta». Così, ha fatto implicito riferimento alla drastica rarefazione dei grandi capitalisti in Italia il presidente del consiglio di gestione di Intesa San Paolo, Gian Maria Gros- Pietro , che a proposito dell’acquisizione della Pirelli da parte del gruppo cinese ChemChina ha commentato: «Perdere il controllo proprietario di un’impresa mantenendo la gestione non è il meglio ma dove troviamo in Italia capitali che vogliano contenderla ai cinesi?». Dal canto suo, l’ex presidente del Consiglio Romano Prodi (che diresse l’Iri fra l’82 e l’89 e vi tornò chiamato da Ciampi nel ’93-94 quando l’imperativo era privatizzare) lo ha detto chiaramente:«C’è stato un indebolimento del ministero dell’Industria e non abbiamo più pensato a una struttura forte che dia il senso della politica industriale del paese. Oggi è un paradosso, ma oramai la politica industriale italiana si fa a Pechino» ha aggiunto, affrettandosi a spiegare che comunque con l’interesse dei cinesi per Pirelli si registra un miglioramento, perchè «prima in Italia non venivano nemmeno i cinesi». Occorre tornare a fare politica industriale, ha poi ribadito Prodi: «Non sono neo- comunista, lo hanno fatto tutti, anche Obama con il settore auto». Quanto a un altro protagonista dell’economia, l’ex premier Giuliano Amato, ha rimarcato che non ha senso ammassare nella Cassa depositi e prestiti, in modo disordinato, tutte le funzioni di intervento pubblico nell’economia e farlo «in un’istituzione che è rimasta fondamentalmente quella che faceva mutui agli enti locali». Poi, con ironia, Amato ha sottolineato: «Per le esigenze di finanziamento di lungo termine io dico: “aridatece” il Crediop!». Infine, è spettato al sottosegretario allo Sviluppo, Claudio De Vincenti, rivendicare al suo ministero le numerose iniziative concrete di politica industriale messe in atto in questi anni mentre Antonella Mansi, vicepresidente di Confindustria, ha sottolineato che la manifattura deve tornare ad essere il motore della crescita italiana. Ma, ha concluso «non possiamo avere il fisco come socio di maggioranza».

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