Non tutte le crisi vengono per nuocere, verrebbe da dire. Dopo la depressione economica globale, a partire dal 2012 il legislatore italiano ha finalmente varato alcuni provvedimenti che, grazie ad agevolazioni finanziario/fiscali e all’alleggerimento degli obblighi burocratici, offrono alle imprese una varietà di strumenti (dai mini-bond agli incentivi patrimoniali) per raccogliere capitale al di là del tradizionale canale bancario. I risultati per ora non sono fantasmagorici, come pensavano i più ottimisti, ma comunque
ci sono.
In ogni caso, quando la crisi finanziaria terminerà, le imprese italiane avranno a disposizione strumenti di finanziamento innovativi.
«L’erogazione del credito bancario, nonostante sia in graduale miglioramento per effetto delle politiche espansive della Bce – spiega Paolo Massi, vicepresident di Hedge Invest Sgr e gestore Hi CrescItalia Pmi Fund –, non tornerà comunque ai livelli a cui le imprese erano abituate prima dello scoppio della crisi. Quindi il mercato reagisce cercando soluzioni complementari, se non addirittura alternative».
Ma concentriamo l’attenzione sulle alternative al credito bancario in senso stretto, tralasciando le scelte che comportano un deciso cambio strategico in termini di corporate governance della società con l’ingresso di nuovi soci (Ipo, private equity e venture capital), visto ancora con diffidenza dalla classica Pmi familiare italiana. «Oltre al tradizionale canale del factoring – continua Massi –, che ha raggiunto in Italia dimensioni significative in termini assoluti, una certa rilevanza sta assumendo il settore dei mini-bond, che ha visto negli ultimi 12 mesi un crescente numero di emissioni da parte soprattutto di piccole e medie imprese».
Tra le opzioni di finanziamento alternative che le aziende hanno a disposizione c’è anche il crowdfunding («che in Italia non ha ancora avuto lo sviluppo auspicato», osserva Massi) e soprattutto il P2p lending (prestito fra privati), «un settore che negli Usa e in Inghilterra sta sperimentando tassi di crescita enormi e che potrà ricoprire un importante ruolo anche in Italia, grazie alle piattaforme online capaci di disintermediare il credito bancario».
La disintermediazione è un problema per gli istituti di credito, ma non colpisce tutti allo stesso modo. È il caso di una banca dinamica come il Credem, che nel 2014 ha aumentato gli impieghi a imprese e famiglie del 7,9% (contro la media di sistema in calo dell’1,4%). Come osserva Massimo Arduini, direttore marketing aziende della banca, ,«il sostegno alle Pmi attraverso le forme di finanziamento tradizionali come mutui o finanziamenti a breve termine rimane per noi la forma tecnica di maggiore utilizzo. Tra gli strumenti complementari il factoring e il leasing possono soddisfare ulteriori e specifiche esigenze delle piccole e medie imprese».
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