Commenti

In rete vince chi punta su unicità e qualità

  • Abbonati
  • Accedi
il destino delle piattaforme

In rete vince chi punta su unicità e qualità

Le grandi piattaforme, come quelle di Apple, Google, Facebook, Amazon, hanno una vocazione: in estrema sintesi, si occupano di gestire l'informazione. Ovviamente, ciascuna si fa adottare a modo suo. La Apple apre nuovi mercati e li esplora sulla scorta del suo straordinario design. Google punta su una tecnologia veloce e superefficiente per l'accesso alla conoscenza. Facebook ha attratto i suoi utenti prima con la metafora dell'amicizia e poi con la facilità di comunicare.

Amazon ha iniziato dal commercio e si è sviluppata come piattaforma cloud per aziende mantenendosi eccellente nella qualità del servizio. Tutte hanno una vastissima platea di utenti. Tutte hanno tecnologie impressionanti. Tutte conoscono i loro utenti perché hanno a disposizione enormi quantità di dati su di loro. E un fatto è certo: chi opera nella gestione dell'informazione per miliardi di persone non ha alcun bisogno di stare dentro i confini dei settori tradizionali. Anzi: tende naturalmente a sconfinare ridefinendo qualunque mercato contiguo.
Perché le regole fondamentali del gioco dei bit restano fondamentalmente due: la legge di Moore dice che la capacità di elaborazione dei computer cresce esponenzialmente e la legge di Metcalfe dice che il valore delle tecnologie di rete cresce geometricamente con il numero di nodi connessi. Significa che l'efficienza delle macchine è destinata a macinare ogni difficoltà tecnica attuale e soprattutto significa che se una piattaforma ha miliardi di utenti ha molte probabilità di vincere sulle reti che hanno pochi nodi. Abbiamo visto funzionare questa logica nei motori di ricerca e nella musica, nel turismo e nella logistica, nell'editoria e nella pubblicità, nella fotografia e nel video. E il processo sembra destinato ad andare avanti.

Il valore di una piattaforma si può in effetti applicare a qualunque argomento. E poiché la legge di Metcalfe difende le posizioni dei giganti, i loro profitti tendono a essere elevati. Inoltre, Apple ha dimostrato che i profitti aumentano ancora di più se si riesce a controllare l'informazione e lo strumento che i consumatori usano per accedervi. E forse è sulla scorta di questa esperienza che Amazon ha tentato la via dei lettori di libri con il Kindle, Google ha provato a pensare agli occhiali, Facebook ha cominciato a occuparsi dei visori 3D come Oculus. Nessuna ragione perché si fermino qui: con la quantità di soldi che hanno in banca o con il loro cash flow possono finanziare esperimenti nella connessione alla rete, nell'automobile, nella logistica e così via. E dunque? La rete è diventata una macchina che fa vincere solo chi ha vinto e che aumenta automaticamente le distanze tra i primi e gli ultimi? Può essere. Ma non è detta l'ultima parola.
Una piattaforma con centinaia di milioni di utenti tende a vincere contro un'altra piattaforma che ha solo migliaia di utenti e che svolge la stessa funzione della prima. Ma non vince sempre. Se la piccola piattaforma riesce a definire una sua diversità, aggiungendo al suo servizio un valore simbolico o pratico unico che la distingue, può mantenersi a distanza di sicurezza dai colossi. Succede ogni volta che una startup trova la sua nicchia nell'ecosistema dell'innovazione e riesce a crescere fino a raggiungere una dimensione sufficiente per fare profitti. In fondo, Facebook era piccola quando Google era già un gigante. E Uber era minuscola fino a due anni fa. Del resto, la lezione la possono imparare anche le aziende tradizionali: unicità, qualità e tecnologia dell'informazione sono il futuro di grandi e piccole imprese con una storia. Anzi, se ne valorizzano il senso, la loro storia può diventare un valore impareggiabile.

© Riproduzione riservata