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Lidia Croce, curiosa e sobria

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Lidia Croce, curiosa e sobria

È morta ieri a Napoli Lidia Croce Herling. Dopo Ada, Elena e Silvia era l’ultima delle figlie di Benedetto Croce. Con la scomparsa di Lidia se ne va un altro pezzo di quella Napoli civile, sobria, un po’ schiva che ha saputo sopravvivere ad anni di laurismo, di camorra, di malgoverno, restando testimonianza e punto di riferimento per quei napoletani che non volevano rassegnarsi né al napoletanismo del mandolino né alle degenerazioni di una politica diventata paradigma di malgoverno. Le Croce a Napoli non hanno mai esitato a far sentire la loro voce nella grandi battaglie democratiche contro le speculazioni edilizie e la difesa territorio. Nel maggio scorso Marco Pannella aveva annunciato che Lidia si era riscritta al partito radicale. Lidia in prime nozze aveva sposato Vittorio de Caprariis, scomparso prematuramente a quarant’anni, dopo essere stato uno dei maggiori studiosi di Machiavelli e di Tocqueville, nonché cofondatore e condirettore della rivista meridionalista «Nord e sud». Il secondo marito di Lidia è stato Gustavo Herling, uno dei maggiori scrittori polacchi del Novecento, autore tra l'altro di «Un mondo a parte» sui gulag stalianiani. Insomma la storia di Lidia Croce e del suo mondo è la dimostrazione che anche (e a volte soprattutto) i napoletani sanno essere europei e non di secondo piano.

Per quanto mi riguarda restano brevi significativi ricordi, flash di memoria. Mi vedo molto piccolo (non avevo ancora cinque anni ) andare con mia madre andare a raggiungere papà a casa Croce e ricordo il filosofo che sgridava la figlia perché non si trovava un po’ di cioccolata da offrire a un bambino. Poi altre immagini più recenti: una gita con amici in costiera per accompagnare Giulio de Caprariis che raggiungeva sua madre, di ritorno da un soggiorno di studi a Venezia. Poi il matrimonio di Giulio, un incontro con l’altra figlia Marta e con Benedetta. Posso dire che le mie frequentazioni con quel mondo crociano, appartenuto a suo tempo a mio padre, è sempre stato sobrio e discreto, ma non si è mai interrotto. Con Lidia, con Giulio, con Benedetto, con Marta alla fine ci si ritrovava e ci si ritrova sempre.

L’ultimo ricordo che ho di Lidia risale a Cortina d'Ampezzo. Lei era ospite di Giulio e di Daniela in una bella casetta a Chiave, per le ferie di agosto. Non la vedevo da molto. Parlammo di un libro che non le era piaciuto. Poi raccontò che spesso si imbatteva in libri brutti, ma non riusciva a buttarli, perché le era stato insegnato che non si buttano i libri, e allora li regalava. Mi parlò moltissimo di mia madre che era morta da poco. Di quanto fosse stata bella ed elegante, di una Napoli degli anni 50 e 60, che sapeva tenere il passo delle capitali europee, anche nelle sue mondanità. Poi parlammo del prosieguo delle sue vacanze che si sarebbe svolto a Pollone, in Piemonte. E chissà come cominciò a parlare di Edgardo Sogno, un liberale molto chiacchierato (in odore di colpo di stato), ma che lei ricordava come un signore sì avventuroso e discusso, ma anche molto ammirato dalle signore. Come dire con una signora che rappresentava al meglio la storia della nostra cultura avevamo parlato di un ex ambasciatore piemontese di successo e anche della miglior Napoli mondana. E tutto questo non potè che accrescere la mia ammirazione per l’intelligenza di Lidia. Sono convinto che cultura voglia dire in molti casi capacità di essere curiosi. E Lidia, per come la ricordo io, lo era.

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