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Shell e Bg Group, alleanza da 70 miliardi

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RIASSETTI ENERGETICI

Shell e Bg Group, alleanza da 70 miliardi

Col prezzo del barile a picco dall’estate scorsa, erano in molti a prevedere una nuova fase di consolidamento nel settore petrolifero. La fusione tra Royal Dutch Shell e Bg Group è all’altezza delle aspettative: l’operazione, che conferma le indiscrezioni circolate martedì sera, vale 70 miliardi di dollari ed è paragonabile per dimensioni ai megamerger che 15 anni fa ridisegnarono l’industria estrattiva.

Come oggi, anche alla fine degli anni ’90 era stato il crollo del petrolio a innescare la miccia delle acquisizioni: iniziò Bp, comprando in rapida sequenza Amoco e Arco, poi arrivò la regina di tutte le fusioni petrolifere, quella tra Exxon e Mobil, del valore di 82 miliardi dell’epoca, seguita dall’acquisto di Texaco da parte di Chevron e dallo shopping della francese Total, che ha inglobato prima la belga PetroFina e poi la connazional Elf Aquitaine.


Nonostante tutto la mossa di Shell ha suscitato sorpresa. Nei mesi scorsi erano già state annunciate altre due operazioni – la fusione da 34,6 miliardi di dollari tra Halliburton e Baker Hughes, nei servizi petroliferi, e l’acquisto di Talisman Energy da parte della spagnola Repsol, da 8,3 miliardi – ma la maggior parte degli analisti riteneva che le major avrebbero aspettato di veder stabilizzare il prezzo del petrolio prima di farsi avanti, a maggior ragione con un deal importante come quello concordato della compagnia anglo-olandese.

Per lo stesso motivo non tutti sono convinti che l’operazione Shell-Bg darà immediatamente il via a una serie di ulteriori fusioni, anche se la borsa è entrata in fibrillazione, con forti rialzi per tutte le società del settore e in particolare per quelle individuate come potenziali obiettivi di takeover. I riflettori sono puntati soprattutto su Tullow Oil, Ophir Energy, Premier Oil, Anadarko, Hess Corp e Marathon Oil.

A svelare l’ottimismo di Shell per le sorti del mercato petrolifero non è solo il fatto che si sia mossa per prima tra le major, ma anche il prezzo offerto per Bg, che incorpora un premio di circa il 50% rispetto al valore di borsa della società negli ultimi tre mesi: sul piatto ci sono 383 pence in contanti e 0,4454 azioni Shell di classe B per ogni azione Bg. Ai soci di quest’ultima andrà il 19% del nuovo colosso petrolifero, che capitalizzerà circa 250 miliardi di dollari, più di Chevron e addirittura il doppio di Bp.

È con ExxonMobil, la più grande tra le eredi delle Sette sorelle, che vale circa 360 miliardi di dollari, che la nuova Shell punta ad entrare in competizione, sfidandola anche sul terreno della produzione: entro il 2018, secondo gli analisti di Jefferies, potrebbe raggiungerla, salendo a 4,2 milioni di barili equivalenti petrolio al giorno dagli appena 3,1 milioni estratti nel 2014, il minimo da almeno 17 anni.

La difficoltà nell’accrescere la produzione e le riserve petrolifere è forse la maggiore debolezza di Shell e Bg Group almeno in parte l’aiuterà a superarla, portando in dote ricchi giacimenti ormai molto vicini ad entrare in funzione, soprattutto nell’offshore brasiliano. L’altro punto di forza della fusione riguarda il Gas naturale liquefatto (Lng), in cui entrambe le società sono protagonisti di primo piano: insieme conquisteranno il primato mondiale, con il 18% della produzione totale e il controllo di importanti infrastrutture di trasporto.

l ceo di Shell Ben Van Beurden esclude che vi siano difficoltà insormontabili sotto il profilo antitrust ed è convinto che proprio su questi pilastri si reggerà il futuro del gruppo: «Saremo una compagnia molto più focalizzata, molto molto forte nel gas e molto molto forte nelle estrazioni da acque profonde». La logica di una fusione con Bg «è sempre esistita», assicura Van Beurden. «Quello che è successo nell’ultimo mese è che il deal è diventato molto urgente, dal punto di vista delle valutazioni».

Per vincere il favore degli azionisti, Shell preannuncia sinergie per 2,5 miliardi di dollari l’anno, ma soprattutto promette dividendi invariati e un super buyback da 25 miliardi tra il 2017 e il 2020. Nei prossimi 4 anni verranno fatte dismissioni per almeno 30 miliardi di dollari , in aggiunta a quelle già in corso, da 15 miliardi.

twitter.com/SissiBellomo

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