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Il sogno della buona informazione

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MASSIMO GIANNINI RISPONDE a luca ricolfi

Il sogno della buona informazione

Caro Direttore,
ti scrivo dal Circo Massimo, tra una corsa di bighe e un duello tra gladiatori, per rispondere all'editoriale scritto ieri sul tuo giornale da Luca Ricolfi, dedicato al tema cruciale del rapporto tra i talk show, la verità e la politica in tv.
Non voglio replicare a Ricolfi sul tema specifico che lo riguarda e che mi riguarda, cioè sulle parole pronunciate dall'eurodeputato del Pd Simona Bonafè, ospite in studio a «Ballarò» martedì scorso.

Concordo con lui, e l'ho anche detto in trasmissione, sui rischi della «bolla occupazionale» innescata dalle misure del governo nel 2015 (decontribuzione per i neo-assunti, jobs act) e destinata e sgonfiarsi nel 2016.
Proprio gli ineccepibili editoriali scritti sul tema dallo stesso Ricolfi sul «Sole», d'altra parte, mi avevano convinto dell'opportunità di chiedergli un'intervista, in cui raccontasse in poche parole la genesi e i pericoli di questa “bolla”. Proprio di questo, dati alla mano, abbiamo parlato in trasmissione. Ragionando sulla “bolla” che, come paventa Ricolfi, potrebbe esplodere davvero.

Ma non è questo che ora mi interessa discutere. Così come non mi interessa discutere se fosse più o meno giusto aprire in diretta una diatriba sui contenuti del libro che scrisse nove anni fa lo stesso Ricolfi sul famoso e famigerato «Contratto con gli italiani», proposto da Silvio Berlusconi nel 2001 e mai realmente onorato con gli elettori. Tra mille dubbi su cosa davvero «interessi agli italiani» – che è il nodo gordiano (finora non sciolto) tanto della fase politica quanto della “questione televisiva” – almeno questa certezza ce l'ho: i cittadini ne hanno piene le scatole di sentire politici che si rimpallano le responsabilità di ieri. Aspettano qualcuno che gli parli delle opportunità di domani. La “macchina del consenso” renziano – a prescindere da come si giudichi lo scarto tra gli obiettivi promessi e i risultati raggiunti – corre proprio su questi binari: il tentativo di offrire al Paese una “narrazione” diversa. Con tutte le suggestioni (e in qualche caso le “manipolazioni”) che questo tentativo comporta. È l'Ormai celebrato «storytelling», teorizzato magnificamente da Christian Salmon (nel suo ultimo saggio pubblicato da Fazi) e studiato specificamente da Claudio Giunta (nel suo #esserematteorenzi appena uscito dal Mulino).

Quello che mi preme di più è ragionare sulla seconda parte dell'editoriale di Ricolfi, in cui il professore affronta il tema del rapporto tra i fatti e la politica raccontata in televisione. E lo faccio per dire subito che, anche in questo caso, sono perfettamente d'accordo con lui. Anche io, come lui, non voglio che ai politici sia consentito «non rispondere alle domande che vengono loro rivolte», «Interrompere continuamente l'interlocutore impedendogli di esporre il suo pensiero». Anche io, come lui, mi chiedo «perché delle questioni fattuali si parla come se si stesse discutendo di opinioni, per cui se io dico che il Pil è aumentato e tu dici che è diminuito, sono affari nostri». E «perché, di fronte a statistiche e numeri sgraditi, qualsiasi politico, in qualsiasi programma televisivo, sa benissimo che gli basta dire “non è vero” per chiudere la questione».

Uno dei motivi per cui, dopo 28 anni di lavoro nei giornali, ho deciso di accettare una sfida nuova e di condurre «Ballarò» è stata proprio questa: dire e far dire “la verità” a chi entra in quello studio televisivo e si siede su quelle poltrone. Ho tentato fin dalla prima puntata. Compreso martedì scorso (anche se evidentemente Ricolfi non l'ha notato). Un esempio, su tutti: Bonafè ha sostenuto a più riprese che grazie al governo Renzi le tasse sono diminuite, Oscar Giannino e Mario Giordano hanno affermato il contrario. Botta e risposta, tesi e antitesi. Chi ha ragione? Di fronte al rituale dilemma, ho fatto quello che faccio sempre, da quando sono giornalista: ho cercato la verità, mandando in onda, molto banalmente, un cartello che riporta il dato ufficiale dell'Istat. La pressione fiscale, nel 2014, è aumentata dello 0,1%, a quota 43,5%. E solo nell'ultimo trimestre dell'anno è cresciuta del 50,3%. La discussione è finita lì, di fronte alla forza incontrovertibile dei numeri.

Concordo con Ricolfi anche quando invoca programmi in cui «c'è un arbitro che può usare il cartellino giallo al primo intervento a gamba tesa» (e tra parentesi, avendo vissuto spesso in passato i panni dell'ospite, oggi non mi beo affatto per le “zuffe in campo”, mentre apprezzo la passione che anima lo scontro delle idee). Programmi in cui «il conduttore conosce i dossier su cui fa litigare gli ospiti, e quando vengono dette cose false se ne accorge e le fa notare» (e di nuovo tra parentesi, almeno su questo, dopo tanti anni di onesta professione giornalistica, invoco la “clemenza della corte”: lo faccio sempre, secondo alcuni lo faccio anche troppo).

Il “sogno” di Ricolfi, insomma, è anche il mio sogno. Sono convinto che, nonostante la rappresentazione grandguignolesca di politici e giornalisti che si azzannano come barbari nel rituale bagno di sangue mediatico, anche al Circo Massimo si possa e si debba fare buona informazione. Si possa e si debba ridurre l'abisso che quasi sempre separa verità e politica. Non sempre ci si riesce. Ma io, lo giuro, ci sto provando. In un anno difficile, per tutto e per tutti. Lo scenario politico è desertificato, e ridotto a un polveroso campo di Agramante, dove a combattere pochi e sparuti “nemici” c'è ormai un solo “gladiatore” chiamato Matteo. Il discorso pubblico è inaridito, e ripiegato su un pericoloso rifiuto non solo della politica come strumento di risoluzione dei problemi, ma addirittura della stessa democrazia come strumento di partecipazione alla “polis”. I talk show sono in crisi? È vero. Ma sparare sui talk show, senza riflettere e magari senza neanche distinguere, è diventata una moda. Un gioco facile. Troppo facile. Tutto è in crisi. Lo sono le televisioni. Lo sono i giornali. Lo sono i “corpi intermedi”. Lo sono i partiti. Purtroppo, lo sono persino i parlamenti. Pier Paolo Pasolini, se fosse vivo, parlerebbe di questo.

Massimo Giannini è il conduttore di Ballarò

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