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Il prezzo che Salvini paga

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POLITICA 2.0 - ECONOMIA & SOCIETÀ

Il prezzo che Salvini paga

Ma alla fine Salvini ci perde o ci guadagna a essersi alleato con Berlusconi? Per riparare allo strappo con Flavio Tosi in Veneto si è piegato al patto con il Cavaliere ma ora è come se lo vivesse con imbarazzo.
Di certo Matteo Salvini non aveva previsto tutto quello che è successo: le liti in Puglia e la spaccatura in due del partito; il no dei Fratelli d'Italia con cui pure la Lega aveva stretto l'alleanza nella piazza di Roma. Ma l'errore più grave, forse, è stata l'alleanza in Liguria e il sì a Giovanni Toti mentre – anche lì – Forza Italia si sta spaccando non in due ma in tre. Aver rinunciato al candidato leghista per appoggiare il fedelissimo di Berlusconi è stato un prezzo eccessivo da pagare visto come il partito sta implodendo sui territori oltre che a Roma.

Un'alleanza a perdere, quindi. Che non porterà grossi voti e che potrebbe perfino danneggiare la Lega del nuovo corso di Salvini. Il giovane leader del Carroccio spara alto sulla legge Fornero eppure condivide le candidature con Berlusconi e Forza Italia che quella legge l'hanno votata. Ma mettendo da parte i temi politici e le incoerenze, avere accanto Berlusconi non gli dà alcun valore aggiunto. Ormai il Cavaliere non esprime una linea politica, non un modello di società – come è stato per molti anni – e nemmeno una classe dirigente. Rappresenta le liti, le divisioni, gli strappi. «Se c'è lui, non ci siamo noi»: è quello che si sente dire in Puglia e anche in Liguria da pezzi di Forza Italia e da Fratelli d'Italia.

In queste circostanze per Salvini la stretta di mano con il Cavaliere è più da rimuovere che da propagandare. Per capirci, è difficile immaginare un comizio a due, una photo opportunity tra il vecchio e il nuovo leader. È più facile immaginare che al Cavaliere sia arrivato, o possa arrivare, l'invito a farsi vedere il meno possibile, soprattutto in Veneto ma anche altrove. Il problema non è tanto la Puglia, vicenda peraltro imbarazzante in cui la Lega si è ritrovata a sostenere la Poli Bortone – cioè l'antitesi dell'innovazione – ma la Liguria. È lì che il Carroccio avrebbe potuto giocarsi una partita ma adesso, con Forza Italia spaccata in tre, quella regione “rossa” che Salvini voleva mettere in crisi gli sfugge di mano.
In sostanza avrebbe dovuto seguire la strategia dell'Emilia-Romagna e imporre il suo candidato puntando al sorpasso su Forza Italia e diventando il primo partito del centro-destra. Il candidato Governatore dell'Emilia, Alan Fabbri, non è andato lontano ed è stato staccato dal Pd di Stefano Bonaccini di 20 punti, ma ha messo a segno un obiettivo. Ossia il sorpasso del Carroccio su Forza Italia, il primo: 19% alla Lega, 8% a Forza Italia. Un risultato che si poteva tentare anche in Liguria, con il candidato Edoardo Rixi: forse il sorpasso ci sarà lo stesso ma Salvini poteva avere anche a Genova il suo “proconsole” e radicarsi sul territorio mentre ora gli tocca fare campagna per Giovanni Toti.

In sostanza, il patto con Berlusconi è diventato per la Lega più un intralcio che un valore aggiunto. E il Cavaliere si è rivelato più un disgregatore che un federatore come invece è sempre stato in passato. Adesso non è più lui che mette insieme il Nord e Sud gestendo – come gestiva prima – i rapporti tra la destra, i moderati e i leghisti. E se prima il centro-destra aspettava i comizi e le piazze di Berlusconi per dare una svolta alla campagna elettorale, questa volta sembra che gli alleati preferiscano che resti lontano dal “set” elettorale. Alla fine la domanda è: è ancora vero che Berlusconi porta voti? Le regionali serviranno anche a confermare o sfatare una storia.

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