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Come ricostruire il «motore»

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OLTRE IL PIANO JUNCKER

Come ricostruire il «motore»

Il Fondo monetario internazionale abbandona la logica delle politiche di stabilizzazione (austerità fiscale e possibili errori sui moltiplicatori) e torna ad occuparsi del lungo periodo: ciò che riguarda noi ma anche i nostri figli.

È possibile che la crisi finanziaria iniziata nel 2007 abbia ridotto il potenziale di crescita delle nostre economie, come già nel 2009 sosteneva la Commissione Ue? E cosa ne deriva per i necessari rimedi : è possibile che finora si sia solo peggiorata la situazione, come ci dice Claudio Borio della Bri? È di questo che si discute a Washington, in questo fine settimana, e la cosa è molto importante soprattutto per noi : i 300 miliardi di euro del piano Juncker basterebbero solo per l’Italia, se davvero volessimo tornare a crescere e così uscire dalla “ trappola “ del debito.

Ma andiamo con ordine. E ricominciamo dallo studio svolto dalla Commissione Ue. Quale era (ed è tuttora) il nostro principale problema ? È abbastanza semplice : se e quanto potenziale di crescita sia andato perduto, per sempre, con la crisi. Quando c’è una recessione, la successiva ripresa porta a recuperare il sentiero di crescita del prodotto, superando presto il precedente massimo livello di reddito. Ma ciò non è vero quando dalla crisi esce “danneggiato” il potenziale di crescita, cioè il motore dell’economia stessa. Nel 2009, questo era solo un legittimo dubbio. Le vicende degli ultimi sei anni ci consentono una risposta più utile.

Sarà per difetti di diagnosi sarà perché ci si è illusi che bastasse una rapida e vigorosa risposta monetaria (ricordiamo che il Quantitative easing della Fed fu avviato già a fine 2008), sta di fatto che solo di recente abbiamo scoperto che anche la più “resiliente” economia avanzata, cioè quella Usa, sta procedendo a passo frenato. Non è stato recuperato il precedente sentiero di crescita.

Al di là delle provocazioni intellettuali – tipo “stagnazione secolare”, alla Summers - l’Fmi si preoccupa di quella che considera una nuova normalità, rappresentata da una “crescita mediocre”. Ed è questo il problema che vorrebbe indurci ad affrontare, al termine di questi Spring Meetings. In sostanza, come recuperare un potenziale di crescita che può risultare solo da molti nuovi investimenti in innovazione (sia tecnologica sia organizzativa), in moderne infrastrutture, in educazione per un miglior capitale umano.

L’ambizione del Fondo monetario si ricollega solo indirettamente alle preoccupazioni che vengono da Basilea (vedi gli ultimi lavori di Claudio Borio) e che indicano il rischio di una eccessiva “elasticità finanziaria”: un vero e proprio “tallone di Achille” (chissà per che i miti greci sono di nuovo di moda) dell’attuale sistema monetario e finanziario internazionale.

Follie finanziarie e incantesimi monetari non dovrebbero impedirci di guardare ai veri problemi del lungo periodo, che restano in sostanza “reali”.

Queste analisi e queste preoccupazioni sono ovviamente molto utili anche a noi : in Italia, non possiamo accontentarci della “fortuna” (un ridotto costo del petrolio, un dollaro forte, e bassi tassi di interesse) per avere qualche decimale di reddito in più da spendere. È l’intero sistema economico che richiede anzitutto un impegno di “ricostruzione” e quindi un piano di investimenti di dimensioni molto consistenti. I mancati investimenti (pubblici e privati) degli ultimi dieci anni (in molti casi, non sono state fatte neppure le manutenzioni, cioè si è mangiato il capitale), e la stessa necessità di sostituire il capitale che la crisi ha reso obsoleto, ci dicono che nei prossimi anni abbiamo bisogno di un volume di investimenti dell’ordine di quanto il presidente Juncker ha proposto per l’intera Unione europea.

C’è almeno qualcuno che ha iniziato a prepararlo un piano di investimenti sufficiente a ricostruire il “motore” che ci serve per tornare a crescere, e così meritarci un futuro migliore? Come le riforme non bastano, senza un’aumentata domanda effettiva (ci vuole benzina nel serbatoio, per muoversi), è ancora meno probabile che la macchina si muova se il motore è rotto.

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