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L’Europa sul filo del disastro

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CINEMA

L’Europa sul filo del disastro

Un’altra grande amica è messa maluccio. The Girlfriend in a coma (atto secondo) questa volta non è l’Italia, ma l’Europa ritratta in un film il giorno dopo l’immaginaria fine che l’ex direttore dell’Economist, Bill Emmott, produttore esecutivo e Annalisa Piras, regista, assemblano in The Great European Disaster Movie. Il terreno è quello del reportage immerso in una realtà romanzesca, lo scenario quello di un collasso possibile. Per gli autori, addirittura, probabile.

Che cosa accadrà a noi tutti è lasciato alla sensibilità dello spettatore che assiste al viaggio di un aereo “perso” fra cieli di un’Europa tanto divisa da imporre il visto per sbarcare in Olanda, di un’Eurozona drammaticamente affrancata dalla moneta unica, di un’Unione collassata e scossa dalle violenze dopo le dimissioni di Angela Merkel. Il day after, nella narrazione di un avvertito viaggiatore a una bambina, è il fil di ferro di una gabbia da reality a metà, secondo lo stile già collaudato da Emmott-Piras per fotografare le disavventure italiane. L’operazione muta, ma l’efficacia rimane tutta, con l’ex direttore dell’Economist non più narratore, ma occasionale commentatore in un sequel di immagini che muovono fra cronaca, storia e scenari futuri. No, non cose da Pronipoti, ma prossime venture. Qualche anno, insomma, prima dell’Armageddon.

Così poco potrebbe mancare per rinverdire l’incubo di Soschka, ex vice presidente della Croce rossa tedesca che nel mettere in fila le medaglie al valore di padre, nonno e bisnonno impegnati sui campi di battaglia franco-tedeschi, ricorda le allucinazioni notturne di lei bambina fra kapò nazisti e prigionieri ad Auschwitz. Reality, non fiction attorno al dilemma di una Germania sollecitata alla generosità europea per riprendere quella leadership che il mondo teme possa davvero agguantare. Paradossi di un edificio fragile che conduce all’interrogativo ultimo.

È la guerra l’epilogo della non Europa? Non lo dice nessuno, ma lo temono tutti, quantomeno per associazione logica alla considerazione storica che la Ue ha garantito decenni di pace fra partner a dir poco litigiosi. Lo si sente sulla pelle, già scossa dal brivido di un volo pazzo, quando sfilano le immagini di Berlino 1945, ma anche Croazia 1992, Kiev 2014. Le voci – quelle reali, nulla di romanzato – sono appena più caute, ma allarmate e allarmanti. Ozz, attore curdo-svedese, ci inchioda con l’evidenza di una battuta: «...l’Europa uccide i suoi valori, lottando con la mancanza di idee». Bernard Guetta ci scuote con la banalità del dubbio: «...perché, se un governo non funziona, si cerca di cambiarlo mentre se l’Europa non funziona si medita l’addio?». Felipe Gonzalez avverte: «...siamo vicini al punto di non ritorno, il confine con l’egoismo nazionalistico è alle viste». Le resistenze tedesche alla solidarietà finanziaria, le ribellioni di Podemos in Spagna e Syriza in Grecia, la reazione di Le Pen in Francia e dell’Ukip, drammaticamente rappresentato nell’enclave del sud-est britannico, sono i volti di un’Europa al collasso. Ci salverà, davvero, la barba della cantante transgender Conchita Wurtz ? Non elaboriamo oltre per non rovinare la festa allo spettatore.

Il film è un salutare cazzotto di realismo, con una mancanza, a nostro avviso. La tragedia dei barconi dalla Libia seppure ricordata, meritava molto più spazio. La debole azione della Ue nel Mediterraneo non ha nemmeno l’alibi del prezzo. Solidarietà in saldo, ma non c’è neanche quella.

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