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Così il sistema di voto porterà al bipartitismo

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OSSERVATORIO - LA POLITICA IN NUMERI

Così il sistema di voto porterà al bipartitismo

L’Italicum non è un sistema elettorale perfetto. Non è però nemmeno quel disastro che con irresponsabile superficialità il M5s ha sbandierato a destra e a manca nei giorni scorsi, dando credito alla tesi sbagliata che il meccanismo di assegnazione dei seggi ne avrebbe distribuiti 10 in più rispetto ai 630 previsti dalla costituzione. Tesi argomentata in sede di commissione affari costituzionali della Camera da un costituzionalista di Brescia vicino al Movimento di Grillo. Ma questo è folklore.
Più insidiose sono invece altre critiche di merito. Tra queste c’è l’accusa che l’Italicum sarebbe congegnato in modo tale da favorire la creazione di un sistema di governo squilibrato. E' la favola del gigante e dei tanti cespugli. Si tratta di una versione più elegante e più sofisticata della tesi della deriva autoritaria, sposata da partiti di opposizione, minoranza Pd, diversi giornali, autorevoli giornalisti e numerosi illustri intellettuali. Il suo nocciolo è questo: con l’Italicum avremo un grande partito al governo (il gigante) e tanti piccoli partiti alla opposizione (i cespugli). La ragione starebbe nel fatto che il vincitore della competizione avrebbe da solo il 55% dei seggi mentre i perdenti si dividerebbero il restante 45%. Dato che per avere seggi basta avere il 3% dei voti l’opposizione sarebbe frammentata e divisa a fronte di un partito di governo unico e unito. Da qui lo squilibrio e il pericolo, in veste di “uomo solo al comando”.

Questa favola contiene una serie di errori. Il primo, e più grave, è quello di prendere la fotografia del quadro esistente - un Pd relativamente forte e una opposizione divisa- e proiettarla tal quale nel futuro. L’Italicum congelerebbe il quadro politico attuale per un periodo indefinito, come se la soglia del 3% spingesse i partiti del centro-destra a restare «un coarcevo di sigle frammentato e impotente, inevitabilmente portato al chiasso mediatico e alla protesta demagogica», come ha scritto Antonio Polito sul Corriere della sera di qualche giorno fa. Uno ne deduce che con una soglia al 4% o al 5% dei voti questo non succederebbe. Ma perché? Non è questo però il punto rilevante.
Chi conosce i sistemi maggioritari, e l’Italicum lo è, sa che il loro funzionamento reale è descritto dalla formula M+1, dove M è il numero dei seggi assegnati a ciascun collegio. In un collegio uninominale M è uguale a 1. È una formula intuita da Duverger e dimostrata da Cox. Applicata all’Italicum dice questo. In un sistema in cui la vittoria viene decisa in un unico collegio elettorale (il territorio nazionale nel nostro caso) la competizione tende a produrre un equilibrio tale per cui solo due partiti emergeranno come i veri competitori per il governo del paese. In altre parole l'Italicum spingerà il sistema verso il bipartitismo. Si badi bene: i partiti non saranno necessariamente solo due. Ce ne saranno altri (è sempre stato così anche in Gran Bretagna e in Francia). Ma solo due saranno quelli che si contenderanno veramente la vittoria. Il formato del sistema sarà multipartitico, ma la meccanica tenderà a essere bipartitica.

Questo fenomeno è legato a quelli che Duverger chiamava effetti meccanici e effetti psicologici. In parole semplici il sistema maggioritario aiuta i partiti più grandi a diventare più grandi, grazie al premio in seggi che attribuisce loro (effetto meccanico), e spinge una parte degli elettori dei partiti più piccoli a votare per uno dei partiti più competitivi, cioè a usare le loro seconde preferenze (effetto psicologico). Con il tempo la concentrazione dei voti sui partiti più grandi produrrà l’equilibrio di Cox (M+1), cioè un sistema con una meccanica bipartitica. Fino a quando nuove divisioni e nuovi conflitti non porteranno alla creazione di nuovi partiti e di nuovi equilibri, come sta avvenendo in Gran Bretagna oggi.
La teoria è stata sviluppata nel contesto di sistemi maggioritari con collegi uninominali. Nel caso di un sistema maggioritario di lista, come l’Italicum, i suoi effetti saranno ancora più netti perché il collegio in cui si vincono 340 seggi (con il premio al primo turno o con il ballottaggio al secondo) è unico, cio–è l’Italia. Soprattutto con il ballottaggio, che sarà la norma di funzionamento dell’Italicum, elettori e partiti non avranno alcuna difficoltà a capire l'effetto dei loro comportamenti. La posta in gioco sarà chiarissima. Chi vince governa. Certo, ci saranno sempre partiti che rifiuteranno di aggregarsi ad altri e elettori che rifiuteranno di votare partiti che non siano il partito del cuore. Ma ce ne saranno altri che faranno scelte opposte. E il sistema con il tempo troverà il suo equilibrio.

E non si dovrà nemmeno aspettare troppo nel nostro caso. Viviamo in una epoca di enorme volatilità elettorale. I voti vanno e vengono. Questo crea grandi rischi ma anche straordinarie opportunità. In questo ambiente mutevole la forza del Pd di oggi non è un dato scontato. Così come non lo sono la debolezza del centrodestra e la posizione del M5s. Tutto scorre di questi tempi. Il problema del centrodestra non è la soglia del 3%,come racconta la favola, ma la mancanza di leadership e di progetto. Una volta al suo posto, l’Italicum, grazie ai suoi incentivi, favorirà l’emergere di un nuovo leader capace di fare a destra quello che Renzi ha fatto a sinistra. Ci vorranno un po' di batoste elettorali, come è stato per il Labour in Gran Bretagna negli anni ottanta e per il nostro Pd più di recente. Ma ci si arriverà. Le elezioni, soprattutto quando si perdono, sono una grande palestra di democrazia. Quando le attuali élites dei partiti di centrodestra si saranno stancate di perdere e quando gli elettori moderati saranno stufi di sprecare il loro voto dandolo a partiti condannati a perdere, le cose in questo schieramento cambieranno. E se non cambieranno ci sarà qualcun altro a raccoglierne l’eredità. Quanto al M5s l’Italicum lo costringerà a vincere o a sparire. In un modo o nell’altro tutto cambierà. Altro che gigante e tanti cespugli.

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